Libri, gli editori ne stampano 130 milioni. E le librerie ne vendono 65 mln...
Libri e librerie, facciamo due conti sul business
Nel passare da scrivere libri di soggetto specialistico a quelli generalisti, ci si imbatte in un elemento nuovo: la libreria. Un negozio noto a quasi tutti gli italiani, seppur solamente 23 milioni ci entrino dentro per acquistare un libro. Per gli otto libri sulla televisione che ho scritto, di libreria non se ne é mai parlato. Visto il ristretto numero di lettori, i canali di distribuzione a mia disposizione erano piú che sufficienti. Adesso che ho scritto il mio primo "capolavoro" per un pubblico generalista, mi tocca entrare nelle librerie, ma non dalla porta d'ingresso come acquirente, bensí da quella laterale del magazzino, come autore. Sicuramente potrei affidarmi ad Artemia, la casa editrice di Mosciano, in Abruzzo per farci entrare il mio libro, ma con 66.000 titoli l'anno le possibilitá di successo sono piuttosto ristrette.
Non si tratta solamente di entrare nelle 2.000 librerie che esistono in Italia (con le cartolerie si aggiungono 5.000 negozi), ma anche di farci entrare un buon numero di acquirenti. Quindi bisogna risolvere due problemi: aiutare l'editore a posizionare il libro nelle librerie ed aiutare i librai a farci entrare gli acquirenti. Di solito le case editrici inviano alle librerie cataloghi con le novitá che i librai sfogliano svogliatamente, considerando che dai 1.500 editori attivi ne ricevono almeno 3.000 l'anno, quindi per ordinare vanno a "mano", anzi a fiuto. Prima vedono il prezzo di copertina, ben sapendo che la principale fetta delle vendite (29%) riguarda libri fino a 15 euro, poi vedono chi é l'autore, quanto spazio hanno sugli scaffali e quindi il "brand power" della casa editrice. Non si puó chiedere ai librai di leggere un libro come il mio per apprezzarne il valore commerciale e di intrattenimento, senza che questi vengano pagati. É una regola che viene dal mio settore: se ad un venditore di serie televisive di Hollywood si chiedesse di visionare il programma che deve vendere alle reti Tv, questo chiederebbe piú soldi al suo datore di lavoro. Far affidamento sulle recensioni sarebbe come affidarsi alle tre scimmie sagge (non vedo, non sento, non parlo), infatti la stampa italiana tende a rielaborare i comunicati stampa che dicono poco o nulla di stimolante.
In America le recensioni di libri sono per la maggior parte critiche, ed i recensori leggono veramente i libri che recensiscono. Anni fa mi fu chiesto di recensire un libro dell'amico Carlo Sartori (dirigente Rai ora deceduto), ma rimase inorridito dal fatto che un amico potesse essere anche un critico.
A volte in America leggere una recensione puó essere piú stimolante del libro stesso, basti vedere il successo del settimanale "The New York Times Book Review". Poi ci sono le presentazioni del libro che, per attirare il pubblico, richiedono la partecipazione di tanti relatori con un mix di politici, personalitá dello spettacolo e giornalisti. Questi parlano di tutto, eccetto che del libro perché spesso non l'hanno letto.
A questo punto i librai devono per forza fare due conti: se ogni libreria richiedesse una copia di ciascun titolo, si ritroverebbero con 66.000 libri di cui si sa che 33.000 rimarrebbero invenduti. Naturalmente le librerie non ordinano tutti i titoli che escono e le case editrici lo sanno, pertanto queste stampano in media solamente 2.000 copie per titolo cercando di rifilarlo ad almeno 1.000 librerie, pur sapendo che la metá rimarrá sugli scaffali. Alla fine, complessivamente gli editori stampano circa 130 milioni di libri l'anno, di questi le librerie ne vendono 65 milioni, mentre altri 22 milioni sono venduti tramite pre-acquisti (scontati) da parte di societá o individui per scopi di marketing. Quindi su un giro di affari di 2,25 miliardi di euro l'anno (senza contare le vendite digitali), le librerie generano poco piú di 2 miliardi.
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