Culture
Il libro-reportage/ Un'estate nell'altra Grecia, tra eremiti, città autarchiche e regioni sconosciute...






Il racconto di un viaggio unico: 4000 chilometri nel cuore della Grecia, a bordo di pullman, treni, traghetti... e camminando. Da Atene fino al monte Athos. Questo libro di Giuseppe Ciulla, dal 28 giugno in libreria per Chiarelettere, mostra la Grecia che i giornali e la tv non raccontano.
Un paese distante anni luce dalle architetture finanziarie di Bruxelles e dai diktat dell’Europa. Personaggi e storie incredibili.
Dai commercianti di Volos che usano il Tem, nuova moneta locale al posto dell’euro, fino alla culla della spiritualità ortodossa, il monte Athos, attraversando la Tracia orientale, verso Orestiada e Edirne, sul fiume Evros, estrema periferia d’Occidente al confine con Bulgaria e Turchia.
I racconti degli eremiti, l’equilibrio perfetto tra fede e campagna, un modo nuovo di resistere alla crisi, la generosità di sconosciuti muftií, l’inganno della frontiera.
Un viaggio per conoscere l’Europa dei popoli, non quella delle banche centrali.

L'autore propone in esclusiva ai lettori di Affaritaliani.it un itinerario suggestivo e alternativo, lontano dal turismo di massa:
Atene è la mia maledizione. Ho fatto di tutto per sfuggire alla sua forza. Ma ogni storia mi riportava da lei. Eppure non c’è inganno migliore da vivere, persino nelle afose notti d’estate. Solo la capitale sa darti bar e taverne dove disoccupati di ogni sorta bevono e aspettano la fine della crisi. E se, come è successo a me, qualcuno mette su un vinile anni’50 con la voce di Giorgos Zampetas, il “Pasolini” di Grecia, la gente comincia a cantare e ballare. E ti prende per mano, anche te che greco non sei, e dice: “Balla straniero, dimentica la depressione”. Solo lì. Tra le braccia di Atene, grande madre ingannatrice. Solo adesso, nel momento peggiore e con l’Europa alle calcagna. Non c’è città dell’Unione che sappia offrirti una cosa del genere. Poi esci dal bar, e vedi le strade vuote, le macchine ferme, i drogati che ciondolano sotto i portici della strada per il Pireo, e il cimitero dove sono sepolti Pericle e Solone, sfregiato dall’incuria e dalla malasorte. E gli stranieri che frugano in ogni cestino dell’immondizia, alla ricerca di ogni pezzo di ferro buttato via, e gli scioperi con le masse arrabbiate che cavalcano l’asfalto bollente. E le mamme preoccupate e i loro telegrammi a figli senza null’altro che un po’ di speranza: “torna a casa, occupati della vigna, lascia Atene al suo destino”. Ed è allora che capisci. Quando uscendo dal bar vedi tutto questo. La Grecia ci sta dando una lezione, l’ultima grande lezione ellenica. Le persone contano più dei trattati. E quando Bruxelles lo capirà, manderà una lettera di scuse a ogni cittadino di Atene.
Volos è una città autarchica, piena di cittadini autarchici. Fa da sé. Come se le ganasce della Troika stringessero ma non facessero male. È ai piedi del monte Pilio, di fronte alle isole Sporadi, si dice ci siano le arance più buone di Grecia e i cittadini più testardi dell’Egeo. Puoi camminare sul lungomare o pasteggiare Tsipouro e sardine godendoti la brezza lunare, qui la crisi c’è ma non si vede. La gente ha già organizzato la falange. Da più di un anno, in alcuni mercati si usa il TEM, una moneta alternativa che sostituisce l’euro. E l’esempio di Volos ha già contagiato altre 40 città. C’è il movimento della patata, che elimina gli intermediari tra produttore e cliente. C’è gente che resiste. Silenziosamente. Ha già trovato una nuova via. E ogni giorno, nella stazione liberty progettata dal padre di Giorgio De Chirico, arrivano frotte di greci per godersi le acque del golfo.
Se vuoi vedere la Grecia che nessuna guida ti segnalerà mai, devi andare in Tracia. È la regione più antica e sconosciuta dell’impero europeo. Arriva fino alla Turchia e negli ultimi cento anni è stata teatro di deportazioni forzate, scambi di popolazioni, straordinarie migrazioni storiche. Se prendi un treno e da Salonicco arrivi ad Alessandropoli, quasi al confine con i turchi, vedi tutto ciò che l’Oriente ti ha sempre promesso. Villaggi di pomacchi, bulgari di fede islamica. Città che sono piccole Gerusalemme di frontiera, dove minareti, sinagoghe e chiese cristiane convivono come in un’arca salvifica. Stranieri afghani, africani, caucasici, in marcia verso l’Europa che conta, sfuggiti alle tormente dell’Evros, la linea di demarcazione con la Turchia. E se ci arrivi al confine. Se lo vedi veramente il dorso argentato e irascibile del grande fiume, c’è la campagna più bella che la Grecia possa offrirti, con il giallo grano più giallo, e i declivi più dolci, e le albe più belle. Solo lì. Solo adesso, nonostante la crisi.
