Culture
In libreria/ "Scrittori brutta razza" di Luigi Saccomanno
di Alessandra Peluso

Scrittura creativa, originale dal sapore amaro come la storia raccontata da Luigi Saccomanno. È una battaglia tra sé e altro, tra lo scrittore e il lettore. Non ci sono vincitori né vinti, perché l'unica a decretare la vittoria è la scrittura - “unico riparo dalla tormenta” - della vita.
“Scrittori brutta razza” un titolo fatalistico per una giovane promessa che di brutto non ha nulla se non quella di narrare la verità, la sua verità. È un incontro intimo con il lettore, una confessione all'interno della quale si svela una storia dolorosa, colma di solitudine che il protagonista Antonio Penna lenisce con la scrittura.
«Quando ci leggete, ci date per buoni. Ci credete una sorta di riempitivi dei vostri momenti di dolce far nulla, di fuga dalla realtà. Invece gli scrittori sono la massima espressione dell'egoismo (…) non combattiamo per un fine altruista, siamo dei sanguinari, ci piace ferire e ferirci, scriviamo per lenire le ferite o per il gusto di una nuova carneficina» (p. 88). Lasciano attoniti le parole di Antonio Penna nella penna di Luigi Saccomanno, così altrettanto il racconto che ritma a vibrazioni intense momenti idilliaci come l'amore per Zenit e drammatici come il carcere.
Stupisce “Scrittori brutta razza” soprattutto per la genialità della scrittura che parla a tutti propagando echi di vasta estensione.
Si ha l'impressione di trovarsi nella cella con Antonio e poi ancora di vivere l'amore, travolgente, come leggere “Le mie prigioni” di Silvio Pellico e restarne imprigionati nella storia. Sembra che Saccomanno conosca già i trucchi del mestiere, per svelarli occorre leggerlo.
E si legge, si ascolta come il violino di Zenit e le dolci melodie propagate dallo strumento. È il segreto della musica, nessuno può ignorarlo: un giorno anche i sordi sentiranno, e non sarà una parabola biblica, ma il miracolo di una canzone a vincere la malattia e quel cieco silenzio. (p. 57).
Zenit, una giovane donna che nonostante tutto amava la vita e quel niente che possedeva, folle, totalmente sola, incontra Antonio un miracolo o semplicemente qualcosa che doveva accadere per tracciare le sorti di un destino.
Il giovane non può sfuggirle, attratto all'istante, non era in grado di evitare la sua bellezza e sfrontata audacia: «era la statua più bella di uno scultore alle prime armi, era il riflesso dell'America negli occhi della vedetta, era fresca, giovane, quasi acerba nel viso». (p. 46). Attori della vita cercano di dare il meglio di sé e Antonio vuole ad ogni costo diventare famoso con la scrittura ed essere pubblicato da un editore di fama. È un'aspirazione che gli comporterà delle rinunce, dovrà scendere a patti e se è il caso allearsi con il più maligno degli uomini.
Luigi Saccomanno racconta con ingegno il mondo della scrittura, l'inquietudine, la sua vita e si offre regalando maschere, personaggi, uomini irrequieti e solitari come i loro pensieri.
Esprime menzogne e verità come la stessa vita umana ci abitua, dimostra come le certezze possono crollare all'improvviso e come tutto ad un tratto possa capovolgersi.
È un autore sincero, sfacciatamente sincero, quando racconta i sentimenti, le emozioni che muovono l'essere umano, quando mette di fronte alla realtà il lettore: amara o dolce che sia, dipende dall'abilità di usare il pensiero. Come un gioco di dadi, una scommessa la vita, “non si può rimanere sempre svegli per rischiare di fare un brutto sogno”.
È un incoraggiamento a vivere, a dare forza a chi non l'ha, è un impeto quello di “Scrittori brutta razza” che scorre nelle vene, fa pulsare il cuore, produrre pensieri e aiuta librarsi dalla cella di un corpo che inchioda a pregiudizi, falsi miti per essere liberi di vivere e scrivere come ognuno di noi sa fare. È la scrittura la dea ispiratrice di Saccomanno come del protagonista, l'unica e sola via di fuga dalla realtà, un modo per sentirsi liberi e comunicare liberamente la propria passione.
Un modo per vivere senza barriere, senza porsi dubbi se il trucco della scrittura sia perfettamente riuscito o meno. Non sempre è possibile, come non sempre si vive senza illusioni né delusioni.