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Culture
L’innovazione degli Scapigliati in mostra a Pavia

Di Raffaello Carabini

Giuseppe Rovani, “genio letterario come Manzoni, fu più grande di questi perché più sventurato”, distribuiva il suo sapere dalle “panche delle taberne” e dal “lastrico delle piazze” invece che “dalle cattedre universitarie e dalle aule parlamentari per cui era nato”. Scongiurato dagli amici di smettere di bere perché temevano per la sua salute, promise di dimenticare l’assenzio. “Difatti, un giorno passa davanti al liquorista dove usava di berne, e non si ferma. Passa fiero e continua la sua strada, felice di aver vinto la tentazione. Ma, giunto in fondo della via, si arresta a un tratto e dice: “Bravo, Rovani, meriti un premio”. E rifà la strada e va a bere il suo assenzio”. Il teorico della Scapigliatura, autore dell’affresco storico “Cento anni”, morirà alcolizzato appena 56enne.

E non fu il solo tra quei giovani artisti di metà Ottocento alla ricerca di una nuova formula per fare arte, un’arte che travalicasse le frontiere tra le arti stesse: pittura, scultura, musica, letteratura, sono tutte coinvolte e tutte risentono della volontà di trasgredirne la specificità per superare il retrivo accademismo e imboccare la via della modernità. Igino Ugo Tarchetti, l’autore di “Fosca”, muore non ancora trentenne di tifo. Alfredo Catalani, magnifico compositore, non ancora quarantenne di tisi. L’inquieto Federico Faruffini si avvelena a 33 anni. Emilio Praga muore in miseria di cirrosi a 36.

Gli stessi tre della “comunità dei nani giganti”, (piccoli di statura, dicevano di formare insieme la bestia infernale, quando, ciascuno con due candele in mano, giravano Milano di notte con Daniele Ranzoni che portava sulle spalle Tranquillo Cremona e Giuseppe Grandi) morirono giovani: Ranzoni a 46 anni, dopo l’ennesima crisi depressiva, il capofila dei pittori a 41, avvelenato dal piombo contenuto nei colori, e il grande scultore a 51 per la fatica di realizzare il magnifico monumento alle Cinque Giornate, che si può ammirare al centro dell’omonima piazza di Milano.

Furono loro i “bohèmien” italiani, quel gruppo della Lombardia post-unitaria, “personificazione della follia che sta fuori dai manicomii; serbatoio del disordine, della imprevidenza, dello spirito di rivolta e di opposizione a tutti gli ordini stabiliti” (secondo la definizione “ufficiale” di Cletto Arrighi, che inventò il nome Scapigliatura nel suo romanzo più famoso), ma soprattutto intenti a ridefinire il senso dell’“istituzione arte” stessa, a promuovere il rinnovamento ideologico del mondo culturale italiano.

Il desiderio di rompere ogni steccato, unito all’atteggiamento anticonformista e di rifiuto delle regole della società, segnano la prima crisi delle progressive sorti della borghesia italiana, che, frenata la spinta propulsiva e innovativa del suo primo apparire con la rivoluzione industriale, si trova a fare i conti con chi ne mette in discussione quel desiderio di ufficialità che accompagna ogni “presa del potere”, si trasforma in retorica e si scolla dalle migliori intelligenze.

Una bella mostra al castello visconteo di Pavia, “Tranquillo Cremona e la Scapigliatura”, è dedicata al maggiore degli scapigliati e a tutto il movimento, dagli artisti sopra citati a “fiancheggiatori” come Medardo Rosso e Luigi Segantini, da due grandi che andrebbero riscoperti, il “precursore” e “avvenirista” Piccio e lo scultore Paolo Troubetzkoy, dal letterato piemontese Giovanni Faldella ad Arrigo Boito, che il movimento travalicò, passando dalle poesie dedicate a una mummia oppure a un’autopsia fino al seggio in Senato.

Il percorso espositivo è ricco di una sessantina di tele, acquerelli e sculture, provenienti da musei e collezioni private, accompagnate da brani di letteratura, partiture e ascolti musicali, per far rivivere al pubblico l’atmosfera di questo movimento nelle sue principali forme espressive.

Il protagonista, pavese, viene presentato in una carrellata delle sue opere, dai primi lavori ancora suggestionati dalla pittura romantica di Hayez (il bel ritratto di Carlo Dossi) alla dissolvenza della forma nella luce, quando “sembrava voler catturare il sole con le sue pennellata sfrangiata, la materia pittorica vaporosa e gli effetti di dissolvenza”. Modernissimo e dalla tecnica sopraffina, tanto che nel ritratto che gli fece l’amico Eugenio Gignous lo si vede dipingere con la mancina, come faceva volentieri perché con la destra gli “risultava troppo semplice”.

A Pavia si capisce come la Scapigliatura fosse un “mood”, un modo di sentire modernissimo, pluridisciplinare incontro tra positivismo e simbolismi, prodromo delle avanguardie e delle contaminazioni tra linguaggi e ispirazioni. I temi, di relativo impegno contenutistico, sono tratti dalla vita quotidiana, con la frequente presenza della figura femminile, con ritratti introspettivi e psicologico-narrativi, con macabre visioni e amorose passioni, oppure con la “revisione” di argomenti accademici come i soggetti storici oppure le scene di genere.

Una mostra elegante, ben organizzata, che mette in evidenza la commistione che tanto piaceva al movimento delle “arti sorelle” e del reciproco scambio di suggestioni tra le diverse discipline, ben illuminata, con un percorso convincente, chiuso dalla sala dedicata alle “Note azzurre” di Dossi (il bel volume di appunti e ricordi da cui sono tratte le nostre citazioni) e alla sua villa che guarda il lago di Como, unico esempio di architettura scapigliata, disegnata da Luigi Conconi.

L’esposizione ha un unico difetto: esprime quell’ufficialità che Tranquillo e i suoi avevano sempre rifuggito. È un’ordinata sequenza di opere e di raffronti e di rimandi che conduce per mano il visitatore ad acquisire la conoscenza di chi invece era disordinato, fuori dagli schemi, provocatorio: potrebbe sentirla sua uno che, come Cremona, entrava nel suo studio e si trovava avvolto dallo scompaginato accumulo seriale di materiali da mercatino dell’usato, costumi e stoffe, tanto caotico da costringerlo a raccattare una tela e trasferirsi a dipingere nel giardinetto retrostante?

 

Tranquillo Cremona e la Scapigliatura

Pavia, Scuderie del Castello Visconteo

Fino al 5 giugno

Orari: lunedì-venerdì ore 10-13 e 14-18,30, sabato e domenica ore 10-19

Ingresso euro 10, ridotto euro 8

Catalogo edizioni Skira

Info tel. 0382 33676 e www.scuderiepavia.com, www.vivipavia.it

Interessanti percorsi cittadini sono proposti in contemporanea da Me in Italy, www.me-in-italy.com

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