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Culture
Look at me! all'UniCredit Pavilion: ecco tre motivi per non perdersi la mostra
Madonna ritratta da Barbara Klemm mentre assiste a una sfilata di moda, scatto parte della mostra Look at me! all'UniCredit Pavilion.

Look at me!, una mostra di ritratti fotografici all'UniCredit Pavilion. Imperdibile: ecco perché


Look at me! è la mostra di ritratti fotografici d'autore in corso all'UniCredit Pavilion di Milano. Il giorno di chiusura, previsto per il 29 gennaio, si avvicina. Chi l'ha visitata sa che sarebbe un vero peccato perdersela. Perché? I motivi sono tanti. Ne abbiamo scelti tre per suggerirvi una visita che vale davvero la pena di fare.

 

 

Look at me! All'UniCredit Pavilion grandi ritratti fotografici dall'800 ai giorni nostri

 

 

Il primo motivo per non perdersi la mostra, il cui titolo completo è Look at me! Da Nadar a Gursky: i ritratti nella Collezione d'Arte UniCredit, non è tecnico, né riservato alla comprensione degli addetti ai lavori, leggi esperti e amatori di fotografia. Si tratta del riuscito connubio tra lo spazio espositivo e la qualità delle fotografie esposte. L'UniCredit Pavilion è uno spazio luminoso e accogliente, i cui volumi arrotondati fanno da contraltare ai grandi grattacieli che ha di fronte – due dei quali ospitano la sede di Unicredit. Il suo creatore, l'architetto Michele De Lucchi, l'ha definito «un seme, collocato in fronte alle alte torri di vetro specchiato, le cui curve morbide sorprendono in mezzo alle linee ortogonali e secche degli edifici adiacenti... un simbolo tra la natura del parco (alle sue spalle, ndr) e gli uomini dei grattacieli». Le fotografie sono di una bellezza che non si può non apprezzare. Partono dalla fine dell'800 e raccontano, attraverso i volti di personaggi celebri o di perfetti sconosciuti, lo spirito del tempo che cambia davanti all'obiettivo. Straordinari, tra gli altri, i ritratti di indiani d'America degli anni '20 di Edward S. Curtis, così come gli scatti di giganti della fotografia quali Man Ray e le sue donne enigmatiche, Henri Cartier-Bresson con scatti di Amburgo negli anni Cinquanta, Gianni Berengo Gardin e le case di ringhiera della Milano tra i Sessanta e i Settanta. La mostra è distribuita fra l'ampio piano terra, la Passarella dell'Arte cui si accede tramite una scala elicoidale e la Green House al terzo piano. Il che permette anche di esplorare i volumi del Pavilion.

 

 

Look at me! All'UniCredit Pavilion dieci straordinari scatti di Diane Arbus

 

 

Il secondo motivo per non perdersi la mostra Look at me! sono i dieci straordinari scatti di Diane Arbus, fotografa statunitense di origini russe, realizzati tra il 1963 e il 1970, un anno prima di togliersi la vita. Dalla coppia di pensionati nudisti del New Jersey alla giovane famiglia di Brooklin al re e alla regina di un ballo per anziani di New York, lo sguardo della Arbus trapassa letteralmente i protagonisti delle sue immagini. Per dirla con il curatore della mostra Walter Guadagnini, «si tratta di dieci icone della seconda metà del Novecento, che fanno vedere quello che c'è dietro il volto anche quando il ritratto è molto oggettivo” . 

 

 

Look at me! All'UniCredit Pavilion una mostra da non perdere

 

 

Terzo motivo è un'altra chicca: non si tratta di fotografie ma di un video, anzi di un cortometraggio dal titolo "Telephones", realizzato nel 1995 dall'artista americano Christian Marclay. Marclay ha messo in sequenza diversi frammenti di film dove protagonista è il telefono, creando un collage che racconta una storia che tutti possiamo riconoscere, anche grazie ai volti di innumerevoli attori hollywoodiani come Cary Grant, Tippi Hedren, Ray Milland, Humphrey Bogart, Meg Ryan, tutti impegnati a comporre un numero di telefono, sollevare il ricevitore, conversare, reagire, magari dire addio per poi riagganciare. I loro volti esprimono sorpresa, desiderio, rabbia, incredulità, eccitazione, rendendoli tutti parte di una grande conversazione. Così le scene chiave di tanti film sembrano comporre un nuovo dramma con una trama indipendente.

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