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Culture
Macerata, lo psichiatra: "In scena la malattia mentale. I politici dove sono?"
Nel ginepraio di parole, scritte o urlate, odio razziale, xenofobia, diffidenza, integrazione o espulsione, attorno all'inumana morte della 18enne Pamela, per la quale resta in carcere per occultamento e vilipendio di cadavere un nigeriano, e alla vendetta progettata dal gunman tolentino che ha dalla sua auto aperto il fuoco all'impazzata contro ogni africano, sconosciuto, capitatogli a tiro, si è debitamente scansata, da intellettuali e politici, la parola appropriata: "malattia mentale", abolita dall'antipsichiatria basagliana e declassata a semplice disturbo di personalità.
 
A rimettere ogni cosa al suo posto ci pensa lo psichiatra e psicoterapeuta Andrea Piazzi: iniziamo dalla morte di Pamela.
 
"La morte della 18enne Pamela si iscrive nella cronaca nera fin tanto che lo si osserva come delinquenza o marginalità sociale. C’è una ragazza che ha preferito risolvere i propri problemi di disagio giovanile, di crisi adolescenziale - attacca lo psichiatra - seguendo la strada facile della anestesia dall’angoscia utilizzando droghe, trovandosi poi nella spirale della dipendenza e del percorso di recupero con tutte le consuete difficoltà. E possiamo chiederci perché questa ragazza, come tante altre, non ha trovato o non gli è stata offerta una alternativa a questo percorso autodistruttivo, violento verso se stessa che porta a frequentazioni pericolose. E fin qui sarebbe un fatto che, drammaticamente, succede a tanti ragazzi".
 
E' questa la 'cultura della droga'. Ma poi è successo qualcosa di orribile, di umanamente inimmaginabile, qualcosa che non c'entra nulla con l'umano.  
"In questo fatto di cronaca quello che colpisce è 'la stranezza' di chi, per disfarsi del corpo della ragazza, lo fa a pezzi e lo nasconde nelle valigie. Che senso ha un comportamento così feroce? Non può bastarci - precisa Piazzi - la spiegazione logica dell’occultamento, del disfarsi del corpo. A una persona 'sana psichicamente' non viene in mente di nascondere in questo modo il delitto. Di fronte a questo strano comportamento, oltre l’evidenza dell’orrore, nessuno ha voluto pensare alla pazzia o meglio non si è voluto riconoscere che era evidente un comportamento di un grave malato di mente che aveva completamente perso il senso della propria e altrui umanità". 
 
E il 'j'accuse' dello psichiatra e psicoterapeuta si estende alla cultura, alla politica, ai media. 
 
"C’è stata da parte dei media la solita consueta superficialità nel raccontare il fatto senza chiedersi come mai la malattia mentale può giungere sino a questo orrore e cosa si può fare. Così si sono potute scatenare le reazioni razziste, utilizzando il fatto che Oseghale è un extracomunitario. Reazioni, anche queste, sostenute da una logica 'strana', per cui - si chiede lo psichiatra - se invece Oseghale fosse stato italiano avrebbe potuto comportarsi tranquillamente in quel modo e nessuno avrebbe detto niente? Discorsi stupidi dei politici di destra e di sinistra che si accapigliano a offendere o difendere gli extracomunitari, senza vedere la verità dell’accaduto ovvero che 'la cittadinanza' non c’entra niente, ma è in gioco la malattia mentale".
 
A questo punto compare sulla scena il gunman tolentino, il giustiziere della notte..
 
"E in questa tragica commedia di reciproche accuse arriva il bulletto, anche lui per niente sano di mente, che si fa rincretinire dalle chiacchiere giornalistiche e politiche e agisce da pazzo sparando a caso su persone inermi che hanno solo la sfortuna di avere una pelle più abbronzata degli altri. Ma il bulletto dice anche qualcosa di importante. Dice con il suo gesto folle, che è stato confuso, che non gli è stata data la possibilità di capire, a lui come a tutti gli altri. Dice che - aggiunge Piazzi - i giornali e la politica non dicono la verità ma confondono. Confondono perchè non vogliono vedere 'la violenza nascosta' in certi malati di mente che a volte agiscono così, stranamente. Confondono perchè nel non volere vedere questa 'violenza latente' poi l’agiscono impedendo agli altri di capire".
 
Così siamo al punto cruciale: la violenza visibile e soprattutto invisibile presente nel malato di mente, ritenuto un poveraccio da compatire, violenza che può stare nella cosiddetta normalità.
 
"E allora c’è da chiedersi se un fatto così raccapriciante non possa essere 'occasione' - conclude Piazzi - per provare a capire e, per esempio, per domandarsi chi è stato più violento l’extracomunitario, il bulletto, o i politici".
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