Matt Mullican all'Hangar Bicocca: elogio del Folle sulla Collina
Matt Mullican all'Hangar Bicocca: migliaia di immagini, quarant'anni di lavoro ed una Cosmologia
Si autodefinisce “The Fool on the Hill”. Nella tradizione anglosassone è l'umano che si allontana volontariamente dal suo genere, l'aventiniano che rifiuta di confrontarsi con un mondo che non lo merita.In realtà Matt Mullican è un californiano quasi settantenne, gentile, educato, paziente come non ti aspetti da un artista superstar. Perchè quando ti affidano i 5500 metri quadri dell' HangarBicocca per la tua più grande retrospettiva mondiale, dall'alto di oltre quarant’anni di lavoro, potresti anche trattare i giornalisti con l'eccentrica pazzia che ti autoattribuisci.
Invece Matt è capace di soffermarsi a parlare con chiunque, a commontare anche il più insignificante dettaglio, ad ascoltare ogni parola ed ogni complimento. Un segno di grandezza di un folle, visionario, insano utilizzatore di una straordinaria varietà di media: sculture, grandi installazioni, opere su carta, in vetro, pietra, metallo, manifesti, multipli ed edizioni, neon, fotografie, dipinti eseguiti con la tecnica del frottage, video, performance, lightbox e progetti al computer e di realtà virtuale.
Lo trovi che passeggia in mezzo a questo diluvio di segni, che ti soccorre in questa marea di significati, ti guida negli incroci di questi mille percorsi, ordinatamente, implacabilmente e personalmente da lui catalogati, organizzati, incasellati, incolonnati, inchiodati. E ti domandi come faranno i visitatori meno fortunati a cogliere, senza il suo prezioso aiuto, la complessità di un esposizione pazzesca con migliaia di opere di tutte le forme, dimensioni, materiali, tecniche. Attingono da elementi tratti dal mondo dei film e dei fumetti, dalle icone contemporanee di comunicazione, così come dalla segnaletica degli aeroporti, da illustrazioni scientifiche, da immagini derivate da diverse tradizioni (come i mandala hindu, immagini tantriche e simboli indiani hopi) e da altre di carattere primordiale, relative anche all’idea di nascita e morte, del fato e del destino. “The Feeling of Thigs”, si intitola. E Roberta Tenconi, che negli ultimi tre anni ha costruito da curatrice questa straordinaria, travolgente, impressionante Cosmologia, obbliga i visitatori a perdersi in questi immensi spazi, ad addentrarsi all’interno di un’imponente struttura architettonica rettangolare, ad emozionarsi in cinque aree di diverso colore. Ognuno dei “cinque mondi” corrisponde a un diverso livello di percezione ed è rappresentato da altrettanti colori: verde per gli elementi fisici e materici; blu per la vita quotidiana; giallo per le arti; nero per il linguaggio e i segni; rosso per la comprensione soggettiva. E in fondo, nel gigatesco cubo che caratterizza l'Hangar, Mullican mette in scena il suo colpo da Maestro: il Rubbing Cube. Un Giudizio Universale del Terzo Millennio, dove si sta a testa all'insù, ma anche occhi bassi, a bighellonare nell'ennesimo infinito, sterminato catalogo di icone, stimoli, pensieri e parole.
Che la comprensione del reale sia una costruzione del tutto interiore e forgiata dall’immaginazione, lo dimostra anche una seconda macroarea: è quella rappresentata dall’esplorazione dell’inconscio attraverso la pratica dell’ipnosi e di stadi di profonda concentrazione. Nella condizione di trance indotta, Mullican afferma di diventare un’altra persona diversa da se stesso, That Person: un’entità senza età e asessuata, ma con una sua personalità e in grado di realizzare opere di ancora maggiore banalità ed inquietudine.
Di nuovo il Folle sulla Collina. Eppure, anche con l'ipnosi, Mullican dimostra di essere lucidissimo e organizzato. Esattamente come quando ti spiega che “la mostra è un'articolazione di una scrivania di uno smartphone con tutte le sue icone di applicazioni.”. E continua, trattando con delicatezza chi lo interroga con lo sguardo: “La nostra vita ruota ormai attorno a queste visioni ed organizzazioni spaziali. E questa mostra è come guardare lo schermo di un iPhone, oppure fuori dalla finestra di una penthouse di Manhattan. Non è vita vera. It's only a picture.“
Insomma, più che un folle sulla collina, assomiglia terribilimente ad ognuno di noi. Tutti potremmo, in pochi mesi o in tutta una vita, ritagliare, disegnare, scrivere e mettere assieme un sistema di segni enciclopedico e ordinato come il suo. E' che siamo tutti concentrati sulle nostre priorità metropolitane: tutto quello che è urgente, importante, da fare oggi, o forse addirittura nei prossimi minuti. Che ci fa perdere di vista che, in ogni nostro singolo piccolo gesto, stiamo disseminando dietro di noi la nostra visione del mondo, senza organizzarla né comprenderla.
Per fortuna che c'è Matt Mullican. Andatelo a vedere, il Folle sulla Collina. Con questa pazzesca esposizione, ci ricorda che dovremmo abbandonare l'urbana saggezza, e tornare a riflettere sulla follia della nostra esistenza. Ricostruendo la nostra Cosmologia, per cominciare. E magari, chissà, anche a scoprire che, prima di pensare al futuro, forse vale la pena di meditare sulla nostra personale Cosmogonia.
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