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Culture
Art nouveau, la mostra a Reggio Emilia
Gino Piccioni - Sogni di Primavera, 1895

Una grande mostra di oltre 300 opere, molte delle quali mai esposte, propone una carrellata pressoché esaustiva sull’influenza e sugli esiti che il movimento dell’art nouveau ebbe in Italia tra la fine dell’800 e i primi decenni del secolo scorso

Di Raffaello Carabini

 

Praticamente solo in Italia l’art nouveau o Secessione (come la chiamavano a Vienna, la città-faro del movimento) oppure modernismo (detto alla spagnola) venne denominata liberty, con una delle prime definizioni consumistiche di sempre, presa dal nome dei magazzini londinesi di Arthur Liberty, che sul finire dell’800 esponeva oggetti e tessuti dalle forme e i disegni floreali e decorativi caratteristici. Detto che anche la denominazione francese viene da un negozio-galleria aperto nel 1895, va sottolineato il ruolo di “riscatto del gusto” che il movimento assunse, a fronte dello scadimento dettato dall’industrializzazione, unito alla volontà antiaccademica di de-gerarchizzazione delle arti e del diffondere “il bello” in ogni tipo di prodotto, dall’illustrazione al mobilio, dalla carta da parati al gioiello. Una poetica ancora oggi di sconcertante attualità.

A Reggio Emilia è aperta fino al prossimo 14 febbraio Liberty in Italia. Artisti alla ricerca del moderno, un’ampia rassegna divisa in sette sezioni, che vedono riunite quasi 300 opere: dipinti, sculture, grafica, progetti architettonici e decorativi, manifesti, ceramiche. Purtroppo mancano esempi di mobili e di altri elementi decorativi come i tessuti o i parati, altrimenti l’esposizione avrebbe potuto dirsi pressoché “definitiva”, anche per l’impegno di approfondimento teorico dei curatori, come ravvisabile immediatamente nel ricco catalogo edito da Silvana e anche nelle un poco logorroiche schede della audioguida.

Il percorso, intelligentemente, si sviluppa “all’interno di un’idea ampia e generale di liberty italiano”, come spiegano i curatori Francesco Parisi e Anna Villari, “confrontando le due diverse tendenze dell’epoca, che ne individuavano come vera essenza la linea fluente, floreale e decorativa, nel dibattito storico-artistico, mentre il modello critico della letteratura vi identificava tutto ciò che era considerato moderno e di rottura”. Inoltre da sottolineare l’attenzione alla fase creativa delle opere, con numerosi accostamenti tra il finito e il preparatorio, fosse esso bozzetto, cartone o disegno.

L’epoca non ha prodotto da noi né i Gustav Klimt né gli Antoni Gaudì, non gli Alfons Mucha né i Charles Rennie Mackintosh, per cui i capolavori senza tempo sono rari, ma pagine importanti sono state scritte. Da pittori come Giulio Aristide Sartorio, Aroldo Bonzagni, Enrico Lionne (bellissima la sua “Attesa”), pur nelle diversità espressive evidenziate nel confronto tra linguaggio di tradizione e tendenze d’Oltralpe. Da scultori come Leonardo Bistolfi (il monumento funebre “La sfinge” divenne un riferimento), Paolo Troubetzkoy, Nicola d’Antimo e Attilio Selva, con la magnifica “Enigma”. A loro andrebbe aggiunto Alessandro Mazzucotelli, inspiegabilmente assente a Reggio. Da illustratori e decoratori come Adolfo De Carolis (legatissimo a D’Annunzio) e Galileo Chini (autore anche di bellissime ceramiche) oppure da architetti come Pietro Fenoglio e Alfredo Campanini. Complete e raffinate poi le sezioni dedicate all’incisione, tra interessi naturalistici, nudi simbolici, noir, dolcezze preraffaellite, e al cartellonismo, che chiude l’esposizione, con una serie di grandi manifesti, mai visti e di potente impatto coloristico.

 

Liberty in Italia. Artisti alla ricerca del moderno

Palazzo Magnani, Corso Garibaldi 29, Reggio Emilia

fino al 14 febbraio

Orario: martedì-giovedì ore 10-13 e 15-19; venerdì-domenica ore 10-19; chiuso lunedì

Ingresso: € 11; ridotti € 9; studenti € 5 (fino a 18 anni) – audioguida compresa

Info tel. 0522444446 e www.palazzomagnani.it 

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