Ponza d'autore/ Paolo Mieli: “La fine di Berlusconi? È vicina, ma non sarà per la giustizia” - Affaritaliani.it

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Ponza d'autore/ Paolo Mieli: “La fine di Berlusconi? È vicina, ma non sarà per la giustizia”

di Giulia Carrarini
@giuliacarrarini

 

Don Sciortino: “Lo Ior va azzerato. Lobby gay? Se c’è, il Papa la combatterà”

Francesco Giambertone
@fragiambe

Il Vaticano è attraversato da una rivoluzione senza precedenti. Dopo sette secoli, un altro Papa si è dimesso. E il suo successore sta cercando di cambiare una Chiesa sempre più colpita dagli scandali. Anche in Vaticano, con Papa Francesco, “todo cambia”. Ne parleremo a Ponza d’Autore sabato sera con Gianluigi Nuzzi, Paolo Mieli e Don Antonio Sciortino. Il direttore di Famiglia Cristiana, che ci ha rilasciato questa intevista, avrà molto da dire.

E’ l’Era dei due Papi. Che differenze ci sono tra Ratzinger e Bergoglio?
“Ogni tempo ha avuto il Papa giusto per i problemi di quel tempo. Non si possono contrapporre. Ratzinger era più teologo e Bergoglio è più pastore, ma tra loro c’è continuità. Se non altro per il gesto coraggioso di Ratzinger di dimettersi, senza il quale non ci sarebbe stata la novità di Papa Francesco. Sono simili nella ricerca di una maggiore trasparenza della chiesa. Già Benedetto XVI ne denunciò le sporcizie, come la pedofilia, sin dal 2005”.

Cosa pensa della politica di rigore imposta da Bergoglio?
“Benedetto non aveva più la forza fisica di combattere per la riforma della Curia e contro le mancanze della Chiesa. Il suo successore, come sperava Ratzinger quando si è dimesso, ha il vigore necessario per fare degli interventi su questi aspetti, di cui si sentiva la necessità. Fateci caso: nell’ultimo periodo il nome della Chiesa era legato solo agli scandali. Sporcizie, pedofilia, Ior. C’è stata forse troppa enfasi su di essi, ma erano critiche fondate. La Chiesa ovviamente non è solo questo. Però bisognava intervenire”.

Proprio oggi sono stati congelati i fondi che monsignor Scarano, arrestato il 26 giugno, aveva all’Istituto per le Opere di Religione. Il Papa sta davvero mettendo mano allo Ior?
“Finalmente. Sin da prima dell’elezione su Famiglia Cristiana titolavamo: “Meno Ior e più banca etica”. Lo Ior ha gettato ombra e discredito sull’immagine della Chiesa, che ne ha risentito. C’era e c’è una richiesta di trasparenza da più parti. Il Papa ha preso questa linea. Lo ha detto subito e chiaramente: San Pietro non aveva un conto in banca”.

Non solo trasparenza: in molti si auspicano nello Ior una vera rivoluzione.
“Bisognerebbe riportare lo Ior alla finalità originaria: Istituto per le Opere di Religione. I soldi servono per aiutare la Chiesa nella sua missione di evangelizzazione. Penso che Papa Francesco ce la farà. Ma ha anche un’altra strada: può azzerare del tutto lo Ior e dar vita a qualcosa di nuovo. Sarebbe la cosa migliore: speriamo. Al suo posto potrebbe formare una banca etica con diversi fini”.

Cosa pensa della riforma del codice penale in Vaticano?
“Che era vecchio e da aggiornare, perché risaliva al 1929. Anche questo segue la linea rigorosa, soprattutto contro reati che hanno a che fare con minori e corruzione. Quello sull’ergastolo è meno rilevante in assoluto, ma è un segnale forte verso altre legislazioni, come quella italiana, dove il dibattito su questo tema è aperto. Si vogliono salvaguardare anche altri diritti, come quelli a una certa riservatezza nelle comunicazioni personali, soprattutto dopo Vatileaks“.

Il Papa avrebbe detto che in Vaticano esiste una lobby gay. Scioccante, no?
“Certo, ma pur ammettendo che possa esserci questa lobby gay bisogna dire che quelle frasi non sono mai state confermate”.

Ma neanche smentite.
“Già. Però in questi mesi abbiamo capito una cosa: che qualsiasi tipo di lobby ci sia nella Chiesa, non solo quella gay, sempre se c’è, troverà in questo Papa un ostacolo molto forte”.

Francesco ce la farà veramente a riformare la Chiesa?
“Lo sta già facendo. Sin da prima di essere eletto: il cambiamento è cominciato con le dimissioni di Ratzinger. Era un diritto previsto, ma l’ultimo ad esercitarlo era stato Celestino V nel 1294. Le dimissioni di Papa Benedetto XVI hanno innescato una rivoluzione che sta continuando con Francesco. Ora sarà difficile che la Chiesa torni indietro. Sta andando avanti, aderendo all’esito del Concilio Vaticano II: Francesco più volte ha detto che il pastore deve puzzare come le pecore, che bisogna uscire e andare alle periferie del mondo, non solo geografiche ma dell’esistenza. Vuole una Chiesa povera e per i poveri. Il sup viaggio a Lampedusa è un esempio perfetto: la povertà non va predicata, ma praticata e questo papa è credibile perché queste cose le ha vissute”.

Cosa la colpisce di questo Papa?
“Il suo contatto con le persone comuni. Il cristianesimo è la religione di un Dio che si incarna. Noi spesso abbiamo fatto un l’opposto: abbiamo divinizzato un uomo. Bergoglio non usa mai l’espressione “Papa” o “Pontefice”, si definisce sempre “Vescovo di Roma”. La sua rivoluzione parte dal nome, che nessuno aveva mai osato usare perché troppo impegnativo. Dentro di esso c’è già il programma della sua missione petrina che sta già svolgendo”.

Si è detto spesso che questo Papa “piace alla gente”.
“Non a caso le piazze a distanza da tre mesi sono ancora piene. All’inizio è la novità ad attirare le persone, ma questo Papa avvicina fedeli e non, perché sa parlare anche con il cuore. Gli è bastato dire “buonasera” per guadagnarsi l’affetto delle persone. A lui guardano con ammirazione non soltanto i credenti, perché capiscono che questo papa ha una parola per tutti. E sa dare speranza in un momento in cui la nostra politica e la nostra società non sanno darne. Speriamo che ne prendano ispirazione”.

 

PONZA D'AUTORE 2013

L'INTERVISTA DI AFFARITALIANI.IT ALL'IDEATORE/ Nuzzi: "Ponza d'autore, una rassegna fuori dagli schemi su temi incandescenti"

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Todo cambia. Eppure, negli ultimi vent’anni, una costante sembra esserci: la presenza – e il protagonismo – di Silvio Berlusconi nella scena politica italiana. Crisi di governo, rotture di storiche alleanze, guai giudiziari: nulla, finora, lo ha davvero sconfitto. «Il ciclo di Berlusconi è ancora in piedi, ma ormai volge al termine». La pensa così Paolo Mieli, che in occasione della quinta edizione della rassegna “Ponza d’Autore” discuterà con Gianluigi Nuzzi e Virman Cusenza del cosiddetto “lato B” della politica. «Oggi, come alla fine di ogni ciclo, c’è una parziale deposizione delle armi: alcuni vorrebbero quasi arrivare a una guerra civile, ma un’ampia parte è convinta che questo ciclo stia finendo e cerca un dialogo. Questa seconda parte è quella rappresentata politicamente da Letta e da Alfano».

Falchi e colombe. Il Pdl è un partito diviso?
Sì, anche se è molto difficile stabilire una linea di demarcazione. Ci sono personaggi più infuocati come Daniela Santanchè, altri meno come Angelino Alfano. In mezzo si trovano molti dirigenti che oscillano tra i due schieramenti. Segno, dunque, che il Pdl è un un partito che tiene aperte entrambe le opzioni. E finché Berlusconi dirà di sostenere il governo, il partito non avrà difficoltà a mantenere questa linea. Potrebbero esserci problemi se un giorno Berlusconi dovesse dire “basta”.

Perché Berlusconi non vuole staccare la spina a questo governo?
Dove sarebbe la convenienza? Gli scenari, se si staccasse la spina, potrebbero essere tre: se si andasse a elezioni, Berlusconi ansimerebbe e rischierebbe di andare alle urne sotto procedimenti giudiziari. La seconda opzione sarebbe un governo uguale a quello attuale, e non avrebbe senso. La terza via sarebbe un governo fatto da Pd e da grillini (o dissidenti grillini). Tutte e tre le opzioni non sono convenienti. Ogni tanto, perciò, Berlusconi alza la voce, ma questo governo, in realtà, tiene molto più prigioniero lui e il suo partito che il Pd. Solo che nel Pd non tutti se ne accorgono.

Che ripercussioni avrà sul governo la decisione della Cassazione sul caso Mediaset?
La Cassazione potrebbe sorprenderci. Penso sia possibile un esito anche molto duro. Ma credo anche che Berlusconi potrebbe guidare il suo partito fuori dal Parlamento, come fa Grillo. Quindi non sarebbe la fine del ciclo berlusconiano – che pure, ho già detto, si avvicina. La fine di Berlusconi sarà imposta dalla politica e non dalle sue vicende giudiziarie. Insomma, è più probabile che ci siano ripercussioni a sinistra. Perché la destra è convinta di non avere alternative a questo governo, mentre a sinistra potrebbero nascere interrogativi, molti potrebbero dire: “Come possiamo restare al governo con un condannato simile?”. Questa posizione peserebbe. Paradossalmente, così, la condanna di Berlusconi potrebbe portare a una crisi di governo provocata dalla sinistra.

Quanto, della situazione attuale, è dovuto alla forza di Berlusconi, quanto alla debolezza del centrosinistra?
Le difficoltà del centrosinistra sono dovute a molteplici fattori. Per prima cosa, il centrosinistra era convinto che alle elezioni avrebbe staccato di molto Berlusconi: invece ha vinto solo per uno 0,3 per cento. In secondo luogo, il risultato ha dimostrato che la sinistra, in Italia, non va oltre il 30 per cento. Infine, il centrosinistra è diviso: chi rimane fuori dallo schieramento vincente ha un gioco molto facile di fare appello alla piazza. Il popolo della sinistra è molto più a sinistra dei propri rappresentanti e non capisce la logica dei compromessi. Vendola è il principale alfiere nel dire “basta, con questo governo non si può andare avanti”. Però la storia insegna: gli elettori potranno essere delusi, ma non sono stupidi. E capiranno che è meglio appoggiare il governo, come sta facendo il Pd, piuttosto che seguire una strada i cui risultati sono incerti.

Un bilancio di questi primi mesi di governo?
Il governo Letta è un governo del dire più che del fare. Non per colpa di Letta o dei ministri, ma perché dietro c’è un’alleanza poco convinta. I due schieramenti custodiscono la propria identità, e così non fanno un passo avanti. Un esempio: l’attacco del Pdl al ministro Saccomanni è – mi si permetta la parola – “stupido”. Se Saccomanni non apre i cordoni della borsa è perché deve tenere conto di tutte le compatibilità e dei dettami europei.

Come vede la rinascita di Forza Italia?
È una mossa che Berlusconi fa spesso: evocare lo spirito degli inizi, del 1994, la sua stagione politica più felice. In quell’anno, passò dal 20 per cento delle politiche al 30 delle europee: fu un periodo di grande crescita e successi. Evocare quei ricordi è qualcosa che Berlusconi pensa possa confortare il suo elettorato.

Il centrodestra dopo Berlusconi?
Non c’è un successore in pista. Nella storia dei partiti europei, il passaggio di testimone in un partito non è mai stato morbido. Perché un successore carismatico deve dimostrare di essere un leader a tutto tondo: deve fare cose coerenti con il suo predecessore, ma deve anche sapersi scontrare. Finora, invece, la storia del centrodestra racconta che chi si è scontrato con Berlusconi è finito nelle braccia degli avversari. Chi, al contrario, è stato designato come suo successore non si è mai davvero scontrato con lui. Tutto ciò non favorisce la nascita di un nuovo leader. Può darsi venga fuori, ma perché accada questa persona dovrà saper dire, accanto ai sì, anche dei vibranti no.

Quindi Renzi è l’uomo giusto per guidare, in futuro, il centrosinistra?
Sicuramente. Ha saputo scontrarsi. E quando, dopo le elezioni di febbraio, ha cominciato a “cincischiare” – in realtà si sta muovendo in una giungla di regolamenti infernali -, immediatamente ha perso parte del suo credito e parte della sua popolarità. Perché quando si volta pagina ci vuole una novità coerente.

Questo governo durerà fino alla fine della legislatura?
No, non direi. Penso che questo governo possa durare a lungo, ma non cinque anni. Sarebbe un miracolo. E non so se nella situazione attuale, di due partiti che si paralizzano a vicenda, sia auspicabile. Spero duri il tempo necessario per riuscire a fare almeno due o tre delle 80 cose che ha promesso. E vorrei che tra queste ci fosse anche la legge elettorale, ma dubito. Spero che poi si lasci di nuovo la parola agli elettori.

Fonte: http://www.ponzadautore.com