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Culture
"Uffizi aperti il lunedì? Oggi, 2 maggio, in via del tutto eccezionale, sì!"

di Benedetta Cosmi 

Quante volte avete sentito questa frase? A volte con delle varianti, fino a livelli clientelari. "Lo facciamo solo per te". "Ti faccio entrare che ho un amico". "Dobbiamo lasciargli qualcosa ma si può fare". Ovviamente  se alzassimo il livello di anticorpi potremmo avvertire odore di malfunzionamento ben prima di cadere in sistemi più o meno organizzati di piani B, scorciatoie, eccezioni che sanno di gentile concessione. E il cittadino si è abituato e ormai può arrivare anche ad apprezzare che per lui, quella volta, vi è stato accesso a qualcosa di "proibito". 

Il giusto non ha forse lo stesso "gusto erotico" di sentirsi dei privilegiati, che inebria e non fa vedere nella giusta ottica un servizio negato alla collettività, mal proposto, raramente organizzato, spesso sottostimato.
Poi se vi aggiungete che si tratta di un servizio, talora forse negato, ma di natura solamente culturale, che vuoi che sia. Ci sono tanti interessi prima da tutelare. Non è che la cultura non dia da mangiare. Solo, non si muore certo di fame se non si va ad un museo.

No? Peccato che i laureati di quegli ambiti invece professionalmente sì  muoiono di disoccupazione. E da un mio calcolo per la rivista Vanity Fair di pochi anni fa stimava quanto lavoro potesse dare agievolmente l'apertura non straordinaria dei lunedì. Il sindacato è più maturo che in passato e per esempio a Milano ma non solo auspicherebbe senza ostruzionismo ma come alleato forte un ripensamento complessivo dell'organizzazione dell'industria culturale pensando a turisti, pil, le uscite e le entrate, la forza della cultura per attrarre capitali stranieri. 

Mi sono spesa, non poco, perché uno dei soggetti ritenuti meno alleati dell'innovazione divenisse invece portatore sano di proposte. Ho iniziato ospite con i miei libri nel 2010. Proseguo come vicedirettore di una testata di proprietà del sindacato che ha come vocazione "indicare la rotta" non certo assecondarla verso lo status quo. 

E allora, gli anticorpi, la collettività, la lotta al si è fatto così, quegli interessi di oggi che vengono sempre prima di quelli per il domani, portano a dire che "in via del tutto eccezionale" è la rovina di un Paese, non è il primo passo verso il cambiamento ma il logararne le  fondamenta, allentando la tensione allettando con poco. Disabitua, per un popolo che sa attendere più che vivere di diritti e doveri. 

Ma molto sta evolvendo, dal basso, dal web, negli ambienti di tutti i giorni, che però viviamo diversamente. Perché siamo noi il cambiamento. E siamo noi le abitudini. Siamo noi con i nostri sì e i nostri no.
Anche se a volte ci sentiamo cittadini  "in via del tutto eccezionale". 

 

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