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Economia
Agcom: aumentano gli accessi alla banda ultralarga

UBB, FTTH, FTTC, FWA: tutte sigle che raccontano l’esigenza e l’urgenza del nostro Paese di collegarsi a internet in modo veloce, stabile e possibilmente disponibile per tutti. Basta uscire dai grandi centri abitati per accorgersi che c’è un universo di zone in cui i Mbit al secondo si contano sulle dita di una mano. Uno scenario che rende complesso portare avanti quella trasformazione digitale che serve – è bene ricordarlo – non tanto e non solo per connettersi più velocemente a Facebook o per guardare film in streaming, ma soprattutto per lavorare meglio, per permettere alle fabbriche di gestire moli sempre più significative di dati senza interrompere l’operatività.

Una grande sfida che l’Italia ha deciso di affrontare anche grazie al Pnrr. Un obiettivo complesso, da raggiungere entro il 2026, di portare la connessione a 100 Mbit/sec a tutti i cittadini. Ma qualcosa, finalmente, inizia a muoversi. Lo riporta l’Agcom che, nella sua relazione annuale racconta di un’Italia un po’ più veloce.

Oggi gli accessi broadband e ultrabroadband hanno superato 18,1 milioni si unità, ovvero 30,4 linee veloci ogni 100 abitanti. Un dato che però si dimezza se si guarda soltanto ai parametri voluti dal ministro Colao, ovvero i 100 Mbit/sec che rappresentano a oggi il 15,6% delle linee. Il bicchiere mezzo pieno, però, riguarda il fatto che alla fine del 2019 solo l’11,7% delle utenze superava la soglia.

Dunque, avanti con giudizio. Nel frattempo, però, emerge qualche nuova perplessità relativamente al processo di infrastruttura. Si tratta delle cosiddette aree grigie, ovvero quelle che prevedono nei tre anni successivi la presenza di una sola rete a banda ultralarga. Sono insomma la via di mezzo tra le aree nere, ad alto tasso d’investimento privato e di ritorno economico e quelle bianche, che sono quelle a fallimento di mercato.

Ebbene, un articolo dell’economista Maurizio Matteo Decina (ha scritto un libro dal titolo emblematico, “Goodbye Telecom”) pubblicato da CorCom lancia l’allarme: un white paper redatto dallo studioso applica modelli simulativi nelle aree grigie e scoperchia il vaso di pandora. Attualmente il modello applicato è quello della concessione. In questo scenario, già impiegato anche nelle aree bianche, si prevede un investimento da parte del concessionario per la cablatura, con la proprietà dell’infrastruttura che rimane dello stato.

Secondo Decina, se si replicasse quanto fatto nelle aree bianche ci sarebbe il rischio di perdere fino a 20 miliardi di mancato incremento di pil. Il numero è il differenziale tra un sistema di concessioni con il fattore moltiplicativo di attivazioni pari a 3 e quello di incentivi con attivazioni FTTH al 50% delle linee disponibili.

Decina, dunque, propone che si passi a un sistema a incentivi in cui l’intervento pubblico avviene tramite contributi al compimento della cablatura, comprensiva della sua tratta verticale. La proprietà della rete rimane dell’operatore.

La posizione ufficiale di Open Fiber è ben nota: a giugno il direttore regolamentazione dell’azienda, Francesco Nonno, ha dichiarato al Sole 24 Ore che il piano Italia a 1 Giga prevede 3,8 miliardi per fornire connettività a un gigabit al secondo in download e 200 megabit al secondo in upload per 8,5 milioni di unità immobiliari nelle aree nere, dove è attesa la presenza di più operatori, e quelle grigie dove si prevede un solo operatore. In pratica si punta a coprire gli immobili che a seguito della nuova mappatura risulteranno non coperti da reti in grado di fornire almeno 100 megabit al secondo in download. E per l’azienda la strada è una sola, quella delle gare.

Fonti accreditate ci dicono oltretutto che Open Fiber abbia contestato il calcolo fatto da Decina in merito alle potenziali perdite per il pil. Ma insomma, chi ha ragione?

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