Economia
"America’s Cup a Napoli? Guadagni per oltre 1 miliardo, ma la città non è pronta: trasporti in tilt e Bagnoli da bonificare"
Napoli ospiterà la 38ª edizione dell’America’s Cup, ma i nodi da sciogliere sono molti: manca un porto turistico, resta il problema irrisolto di Bagnoli e i trasporti fanno acqua. L’intervista a Marcello Lala, vicepresidente nazionale AEPI

America’s Cup, Napoli in affanno: la città non è pronta, ma può essere un’arma contro la Camorra
La vela mondiale fa rotta verso il Golfo di Napoli. La 38ª edizione dell’America’s Cup, la regata più prestigiosa al mondo, si terrà davanti a Castel dell’Ovo, tra la primavera e l'estate del 2027. Una vittoria non scontata per l’Italia, che ha battuto anche l’Arabia Saudita dopo lunghe trattative con il Team New Zealand, detentore del trofeo e arbitro della sede.
Ora, però, si fa sul serio. Ieri, alla presentazione ufficiale dei trofei, la premier Giorgia Meloni ha promesso: “Faremo di questa occasione un successo, un’esperienza indimenticabile.” Napoli ci crede. E i numeri aiutano: oltre un milione di turisti nel 2024. Ma non basta. Restano ombre e nodi aperti: su tutti, Bagnoli come base logistica per i team. L’ex area industriale dell’Ilva aspetta ancora una vera bonifica perchè la famosa “colmata a mare” è ancora lì da decenni.
E poi c’è la partita logistica: trasporti, infrastrutture, accoglienza. Napoli è pronta per un evento del genere? L’America’s Cup muove milioni, crea lavoro, attira sponsor. Ma quanto costerà davvero? E chi ci guadagnerà? Affaritaliani.it ne ha parlato con Marcello Lala, vicepresidente nazionale AEPI, avvocato e giornalista.
Quali sono secondo lei le reali potenzialità economiche per Napoli e l’Italia nell’ospitare l’America’s Cup, alla luce dell’esperienza di Barcellona, che ha registrato un impatto positivo di oltre 1 miliardo di euro?
Questa è un’ennesima opportunità per Napoli e per tutta la Campania per dare una svolta concreta al tessuto sociale ed economico. Dobbiamo coglierla nel modo migliore possibile e, soprattutto, dobbiamo farci trovare pronti a questo appuntamento mondiale, che non è un evento qualsiasi. È importante chiarirlo. L’America’s Cup riguarda la nautica, e in particolare la vela, un settore che coinvolge un target socialmente ed economicamente molto alto. È un settore ricco, e proprio per questo la città deve farsi trovare all’altezza.
Negli ultimi anni, Napoli è diventata un vero brand internazionale, in parte per fortuna, in parte grazie a una serie di eventi che l’hanno resa molto attrattiva anche dal punto di vista economico. C’è stato un vero boom: siamo tornati a essere la capitale del Mediterraneo. E nel frattempo sta cambiando anche il tessuto della città: da polo industriale, ci stiamo trasformando in una città a vocazione turistica. A mio avviso, l’impatto economico dell’America’s Cup sarà anche superiore al miliardo di euro, sia per Napoli che per l’intera Campania. È un’occasione enorme, ma non siamo ancora pronti.
Cosa intende esattamente quando dice che non siamo pronti?
Non siamo pronti perché, innanzitutto, dobbiamo potenziare i servizi, soprattutto quelli legati ai trasporti. Siamo in una fase di crescita, ma realtà come EAV, ANM e le metropolitane presentano ancora gravi criticità. Non siamo ancora una città europea, nel senso positivo del termine, se ci confrontiamo con le grandi città che oggi accolgono turismo di massa di alto livello. Ma soprattutto una delle criticità più grandi riguarda il fatto che Napoli è sprovvista di un porto turistico, perchè il porto di Mergellina non lo è.
C’è anche un divieto di ormeggio a Mergellina per yacht oltre i 75 metri, giusto?
Non è propriamente un divieto: fisicamente quegli yacht non riescono a entrare. È un limite strutturale. Per questo dobbiamo realizzare al più presto un porto turistico, e le condizioni per farlo ci sono tutte. Esistono già progetti presentati, anche di facile e rapida realizzazione, per Mergellina, ma anche per Nisida. Attualmente, su tutta la costa abbiamo solo tre porti turistici: uno è a Procida, il secondo è Marina di Stabia a Castellammare, e il terzo è Marina d’Arechi, che però ha delle difficoltà strutturali ad accogliere yacht di grandi dimensioni.
C'è un altro problema: l’utilizzo dell’area di Bagnoli come base logistica per i team. La riqualificazione di una zona storicamente degradata si intreccia con l’evento e i cantieri finiranno (forse) tra fine 2028 e inizio 2029, quindi dopo l’America’s Cup. Come si risolve questo nodo?
I poteri commissariali potrebbero essere una soluzione. Bagnoli ha firmato il decreto e ha già un commissario nominato. Questo commissario deve avere il potere di superare gli ostacoli burocratici, inclusi gli ostacoli legati alla Sovrintendenza, per realizzare in tempi brevi le strutture necessarie. Parliamo di strutture che non devono essere pensate solo per l’evento, ma che devono restare alla città, in particolare alla zona di Bagnoli, come eredità duratura, utilizzabile anche in seguito per lo sviluppo del settore nautico.
La Coppa America può davvero accelerare la bonifica, o c’è il rischio che si risolva in un intervento temporaneo, limitato all’evento?
I poteri commissariali possono e devono servire per riqualificare seriamente la zona. Ma è essenziale correre, accelerare, perché queste opere devono restare, non sparire dopo l’evento. Bagnoli oggi è una zona in cui, tra locali e discoteche, la Camorra ha ancora mano libera. Si prende gli spazi, controlla i parcheggi con abusivi, e lì non esiste nemmeno un parcheggio pubblico e così la gente si rassegna e paga chi si improvvisa parcheggiatore. Questa occasione è un’opportunità di legalità, oltre che di riqualificazione. Serve a bonificare, sì, ma anche a restituire ordine e sicurezza.
Quindi possiamo dire che ci sono garanzie sui tempi? Ma soprattutto: la spesa prevista (quasi 600 milioni) vale davvero il ritorno?
Sì, ne vale assolutamente la pena. Se Napoli riuscisse finalmente ad avere un vero porto turistico, dotato di servizi di alta qualità, questo porterebbe ricchezza e benessere alla città. I porti turistici, infatti, generano un forte indotto economico: attorno a loro si sviluppano attività legate alla nautica, al turismo, alla ristorazione e molto altro. Napoli, inoltre, è la città con il maggior numero di barche da diporto immatricolate in Italia. Ma proprio per la mancanza di posti barca regolari, oggi si alimenta un mercato illegale: si usano boe abusive, si ammucchiano le barche una sull’altra e i prezzi salgono alle stelle, ben oltre quelli di altre località italiane o internazionali. Questa situazione favorisce anche la criminalità organizzata, come la Camorra, che gestisce illegalmente molti spazi. Dotare Napoli di infrastrutture adeguate, come un porto turistico efficiente, non solo porterebbe ricchezza, ma aiuterebbe anche a combattere l’illegalità e la speculazione.
Può essere anche un’occasione per coinvolgere il tessuto imprenditoriale locale, in particolare le piccole e medie imprese?
È fondamentale. Spero che il commissario (in questo caso il sindaco) attivi un tavolo con tutte le associazioni di categoria, da Confcommercio a Confindustria, coinvolgendo chi può contribuire attivamente all’organizzazione dell’evento. Solo con la partecipazione concreta delle PMI, Napoli può consolidare il suo ruolo di capitale italiana del turismo. Anche l’autorità portuale deve essere parte attiva del processo.
Dal punto di vista politico, l’arrivo della Coppa America può essere anche un’occasione per rilanciare il Sud. Quanto ha contato il ruolo del governo, e in particolare della premier Meloni, nella chiusura dell’accordo?
È la dimostrazione che, quando si mettono da parte le bandiere di partito, le cose si fanno: Manfredi è del centrosinistra, Meloni del centrodestra. Ma la premier ha capito che Napoli è attrattiva, e infatti quando ci sono vertici internazionali, li fanno qui. È una scelta strategica, ma anche simbolica. E funziona.
C’è chi legge questa operazione come una mossa elettorale in vista del 2027. Con la regata più prestigiosa del mondo sul lungomare partenopeo, Meloni si gioca la carta del Mezzogiorno in previsione delle elezioni?
Io non la vedo come una mossa politica in senso stretto. È chiaro che l’evento può portare vantaggi al centrodestra, ma potrebbe portarne anche al centrosinistra, che in Campania ha ancora un forte radicamento, basti pensare al sindaco Manfredi.
La verità è che, più che una lettura politica, questa è una collaborazione istituzionale. Non mi soffermerei su letture dietrologiche: ogni volta che si fa qualcosa di importante in Italia, si tende a pensare che ci sia sempre un secondo fine. Invece qui bisogna lavorare concretamente per realizzare qualcosa di grande per Napoli e per l’Italia. Tutti possono trarne vantaggio, non solo una parte politica.
Lei ha parlato più volte dell’importanza di un tavolo istituzionale. Cosa dovrebbe accadere concretamente?
È fondamentale che il commissario apra un tavolo con tutte le realtà produttive e associative della città. Bisogna ascoltare tutti, perché ognuno può contribuire alla riuscita di un evento di questa portata. Napoli ha bisogno di una svolta, e questa è l’occasione per farlo.
Un evento come l’America’s Cup porta Napoli e l’Italia sotto i riflettori mondiali. Cosa serve per far sì che Napoli sia davvero percepita come una città internazionale e non solo folcloristica?
Dobbiamo cogliere questa opportunità per diventare davvero una città internazionale anche sul fronte degli eventi. Va bene valorizzare la “napoletanità”, ma attenzione: non possiamo limitarci ai soliti cliché , pizza, mandolino e folklore. Napoli ha una storia, una cultura e un potenziale ben più ampio, e questo evento deve essere l’occasione per superare gli stereotipi e presentare la città sotto una luce nuova.