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Economia
Armatori di Confitarma e il governo: la verità sulla diatriba

Alla fine, l'ammissione: gli armatori di Confitarma vogliono la libertà di continuare ad assumere - come fanno attualmente - marinai extracomunitari a bordo delle loro navi che coprono tratte traghetto nazionali con una "toccata" internazionale: esempio tipico, la rotta Civitavecchia-Sardegna-Barcellona. E se la riforma del settore che il governo ha varato e il Parlamento sta discutendo toccasse questo "status quo"? Sarebbe, secondo loro, un boomerang per l'Italia. Perché sostengono che le compagnie straniere - conservando invece le stesse abitudini - acquisterebbero un vantaggio competitivo, il che provocherebbe, a cascata, inevitabili tagli all'attività italiana, che la "Confindustria degli armatori" quantitfica in 1500 posti di lavoro italiani perduti. E lo stesso gruppo Grimaldi, che fa capo al presidente di Confitarma Manuel Grimaldi, cambierà bandiera per non ricadere sotto le nuove norme italiane. Una minaccia? Nossignore: a sentir loro, una previsione ineludibile di un fenomeno altrettanto inevitabile.

Resta il fatto che il messaggio spedito al governo da Grimaldi e quindi da Confitarma è stato bello tosto, alla fine di un'assemblea annuale di Confitarma piuttosto tesa. Tanto che il ministro dei Trasporti Graziano Del Rio non ha preso impegni ma non ha potuto esimersi da una dichiarazione "difensiva": "Le vostre critiche sono molto puntuali, cercheremo di trovare una soluzione, insieme al Parlamento, che, speriamo, sia nell'ottica di fare del bene alle imprese e di non creare complicazioni".

Perché Del Rio ha definito "puntuali" le critiche? Perché Grimaldi non inventa, sul punto. Sostiene che le compagnie straniere, svincolate dalle nuove possibili norme italiane, sarebbero più competitive sul piano del costo del lavoro perché continuerebbero a usare extracomunitari e potrebbero prendere spazio anche sui nostri mari. In realtà, però, c'è un'altra prospettiva che Confitarma non vuole - rispetto allo status quo - ed è profilata nella bozza di riforma: la prospettiva, cioè, di non intascare più i pingui contributi fiscali e previdenziali proporzionati al numero di lavoratori assunti a bordo (in pratica, la copertura totale del costo del lavoro e della cosiddetta tonnage tax) che gli armatori incassano oggi dallo Stato. La riforma dice chiaro e tondo che se continueranno a imbarcare anche personale extracomunitario, a volte in larga prevalenza, pure nelle tratte che sono soprattutto di collegamento tra porti italiani (magari con una "toccata" internazionale) perderanno il diritto agli incentivi.
Questa modifica alla normativa attuale (che esiste dal '98) introdotta dal governo Renzi ma non ancora approvata dal Parlamento punta a sanare appunto questo equivoco: che cioè gli armatori intaschino anche contributi finalizzati a sostenere l'occupazione italiana pur assumendo personale extracomunitario. E c'è di più: secondo l'intento di chi ha sceritto la bozza di riforma governativa, gli armatori intascherebbero sul personale extracomunitario una specie di extrabonus, perché l'incentivo è parametrato al numero di teste imbarcate, e non fa differenza tra comunitari ed extracomunitari, ma questi ultimi costano la metà, se non un terzo, dei comunitari. Evidente la convenienza: non solo si ottiene il rimborso del costo del lavoro, ma si matura un guadagno sul costo effettivamente sostenuto…
Si vedrà: la querelle continua.

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