Rinnovabili, l'Italia accelera. Arrigoni (GSE): "Gli obiettivi al 2030 non sono così lontani. Nucleare? Alleato strategico, serve pragmatismo" " - Affaritaliani.it

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Rinnovabili, l'Italia accelera. Arrigoni (GSE): "Gli obiettivi al 2030 non sono così lontani. Nucleare? Alleato strategico, serve pragmatismo" "

Dalle rinnovabili al nucleare passando per il biometano: a che punto è l'Italia a livello energetico? Affari ne ha parlato con Paolo Arrigoni, presidente del GSE

di Vincenzo Caccioppoli

Intervista a Paolo Arrigoni, presidente del GSE

Paolo Arrigoni, presidente del GSE (Gestore dei servizi energetici) dal marzo 2023, nato a Lecco nel 1964, ha la dote non comune di parlare di sostenibilità con cognizione di causa e con una chiarezza tale da far sembrare semplici concetti che, in realtà, non lo sono affatto. Due volte senatore nelle file della Lega, il suo approdo alla guida del Gestore dei Servizi Energetici è sembrato il naturale coronamento di un percorso imprenditoriale e politico dedicato all’ambiente e alla transizione energetica. Una sostenibilità “pragmatica e non ideologica”, come ama definirla, lontana da derive ideologiche che, secondo lui, hanno preso piede con troppa leggerezza. È il primo a dare il buon esempio, attraverso il Roadshow del GSE “Diamo energia al cambiamento”.

Un viaggio divulgativo, a bordo di un’auto alimentata a biometano, attraverso tutte le regioni italiane e che coinvolge scuole, cittadini, imprese e Pubbliche Amministrazioni. L’iniziativa prevede tre format (“Il GSE incontra le scuole”, “le imprese” e “le PA”) e ha già raggiunto 16 territori, con migliaia di studenti e centinaia di amministratori coinvolti. L’ultima tappa si è tenuta a Catanzaro, lo scorso 22 maggio. Gli incontri promuovono l’efficienza energetica e l’autoproduzione, anche attraverso premi a Comuni virtuosi e sportelli informativi per i cittadini.

Arrigoni, qual è la situazione attuale delle rinnovabili in Italia?

Se ci riferiamo alle fonti elettriche rinnovabili, registriamo una crescita importante della capacità installata. Basti pensare che nel 2021 i nuovi impianti erano pari a circa 1 GW, saliti a 3 nel 2022, 5,7 nel 2023 e 7,5 nel 2024. In totale, la potenza installata ha raggiunto quasi 75 GW, di cui circa il 50% da fotovoltaico (37 GW). A marzo 2025 risultano in esercizio circa 1,9 milioni di impianti. Mancano 57 GW per centrare gli obiettivi al 2030, ma le misure in campo potrebbero portare a oltre 85 GW: un dato che ci fa essere fiduciosi.

Dopo anni di crescita, si è però registrata una frenata. A cosa è dovuta?

È vero. Nel 2024 abbiamo rilevato un calo del 25% nel numero di nuovi impianti fotovoltaici: da oltre 1.000 a poco più di 700 al giorno. La causa principale è il venir meno dell’effetto trainante del Superbonus. Tuttavia, la capacità installata è cresciuta del 28%, grazie all’entrata in esercizio di molti impianti sopra il megawatt. Meno impianti residenziali, più impianti commerciali. Il trend rimane quindi positivo. E sebbene i primi tre mesi del 2025 segnino una leggera flessione, i dati preliminari del secondo trimestre indicano una ripresa sostenuta.

L’eolico, però, sembra in maggiore difficoltà rispetto al fotovoltaico. Come mai?

La ventosità non è uniforme in Italia, e questo limita le aree adatte all’eolico. Tuttavia, attendiamo con fiducia la prima procedura competitiva per il FER-X transitorio – che dovrebbe aprirsi a luglio – destinata alle tecnologie mature, tra cui l’eolico onshore. Inoltre, il decreto bollette ha introdotto misure di semplificazione per il repowering, ovvero il potenziamento degli impianti esistenti. Questo consente di aumentare la potenza installata riducendo il numero di aerogeneratori. Ci aspettiamo quindi uno slancio anche per l’eolico, con l’obiettivo di raggiungere i 28 GW al 2030.

Le Comunità Energetiche Rinnovabili potrebbero rappresentare una svolta. A che punto siamo?

Le CER rappresentano un nuovo paradigma: si passa dall’autoconsumo fisico e individuale all’autoconsumo diffuso, virtuale e condiviso. L’impianto di produzione può essere fisicamente separato dai consumatori, ma l’energia è condivisa nella stessa fascia oraria. È un meccanismo complesso, ma stiamo registrando un forte interesse. In poco più di un anno abbiamo ricevuto oltre 1.300 richieste di qualifica delle configurazioni e oltre 5.600 domande di contributo PNRR; più del 60% ha già ottenuto l’ok dai nostri uffici, le restanti sono in via di approvazione. Le CER riducono l’uso di fonti fossili e creano valore ambientale, sociale ed economico.

La diffusione è uniforme sul territorio?

La maggior parte delle richieste sicuramente ci arriva dal Nord, dove c’è maggiore sensibilità, ma anche il Sud si sta attivando. In Sicilia, per esempio, registriamo numerose iniziative molto interessanti. Siamo fiduciosi che si possa avere presto lo stesso sviluppo anche ad altre regioni meridionali.

E l’agrivoltaico? Qual è la situazione attuale?

L’interesse è alto, anche da parte delle associazioni di categoria. Abbiamo concluso positivamente la prima procedura e la seconda è in via di chiusura, con risultati altrettanto buoni. C’è attenzione anche per l’agrisolare destinato all’autoconsumo nelle aziende agricole e agroalimentari: abbiamo ricevuto 32.000 domande, di cui 23.000 già finanziate. Il settore agricolo è protagonista della nuova energia, così come lo è per il biometano.

A proposito di biometano, come si colloca l’Italia?

Molto bene. L’Italia può essere considerata un pioniere nell’energia circolare. Il piano è di raggiungere 5 miliardi di metri cubi di produzione entro il 2030. Grazie al PNRR, che ha stanziato 1,7 miliardi per il settore, e alla precedente misura di sostegno del DM 2018 abbiamo qualificato circa 730 impianti in fase di realizzazione, che hanno una capacità potenziale produttiva di circa 3 miliardi di m³ a regime. Questo significa ridurre le importazioni di gas metano, che oggi coprono il 96% del nostro fabbisogno. Se raggiungessimo i 5 miliardi previsti, potremmo tagliare le importazioni dell’8%. Un risultato rilevante, che trasforma il rifiuto in risorsa.

Il Governo guarda anche al nucleare. Lei cosa ne pensa?

Il nucleare di nuova generazione è un alleato strategico delle rinnovabili. Non essendo programmabili, le fonti rinnovabili hanno bisogno di un carico di base, oggi garantito dai turbogas. Ma se vogliamo affrontare il cambiamento climatico riducendo i fossili e anche la dipendenza energetica, il nucleare può svolgere un ruolo complementare. È una tecnologia che oggi si presenta come sicura e pulita. Paesi come Belgio e Germania stanno rivedendo le loro posizioni, altri investono per la prima volta. Serve una visione pragmatica, non ideologica, per non restare prigionieri delle fluttuazioni geopolitiche delle materie prime.