Banca d'Italia, l'assegno di 5,7 mld di Visco al Tesoro. Signorini verso l'ok - Affaritaliani.it

Economia

Banca d'Italia, l'assegno di 5,7 mld di Visco al Tesoro. Signorini verso l'ok

Forte balzo dell'utile della Banca d'Italia nel 2018: 6,24 miliardi in crescita rispetto ai 3,9 del 2017. Allo Stato vanno 5,71 miliardi (2,3 nel 2017)

di Andrea Deugeni
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Certo, non saranno gli 88 miliardi di euro di valore delle riserve auree (tre in più rispetto allo scorso anno e di cui ieri Mario Draghi ha spiegato i motivi dell'indisponibilità) su cui il governo M5S-Lega voleva mettere le mani per risolvere la grana clausole di salvaguardia all'orizzonte della prossima legge di Bilancio, ma l'assegnone da 5,71 miliardi di euro di profitti (post-cedola) che la Banca d'Italia girerà al Tesoro quest'anno fa sicuramente comodo alle casse dello Stato: l'ammontare rappresenta più o meno il valore della correzione di bilancio per deficit eccessivo generato dall'andamento della congiuntura economica rispetto ai target concordati con Bruxelles a dicembre dello scorso anno. Utili che, si badi bene, sono molto superiori rispetto al livello medio di quelli generati prima del 2015 grazie al quantitative easing della Bce (di cui Banca d'Italia fa parte) che ha fatto gonfiare il bilancio di Via Nazionale.

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Nella relazione all'assemblea di Banca d'Italia, il governatore Ignazio Visco ha segnalato che la banca centrale ha realizzato lo scorso anno un utile netto di 6,24 miliardi e, di conseguenza allo Stato, dopo il dividendo ai partecipanti del capitale dell'istituto di 340 milioni, vanno 5,71 miliardi, "ammontare superiore di 2,3 miliardi rispetto a quello dello scorso anno". 

"Si tratta - ha osservato Visco - di un risultato considerevolmente superiore a quello dello scorso anno, pari a 3,9 miliardi, che pure rappresentava il livello più elevato mai raggiunto dall'istituto. Hanno contribuito al miglioramento del risultato l'ulteriore aumento delle consistenze dei titoli detenuti per finalità di politica monetaria (il quantitative easing della Bce, le cui operazioni per la relativa quota di Btp erano di competenza di Via Nazionale, ndr) e una minore esigenza di accantonamento ai fondi patrimoniali a fronte dei rischi di bilancio".

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Visco ha ricordato che, dopo quattro anni di acquisti di titoli per il Qe della Bce, "il bilancio della Banca d'Italia e quello dell'Eurosistema sono raddoppiati, i titoli riconducibili a finalità di politica monetaria sono cresciuti di circa dieci volte e l'utile lordo, prima delle imposte e degli accantonamenti patrimoniali necessari per fronteggiare i rischi assunti, è cresciuto del 50%, portandosi a 8,9 miliardi”.

Nel corso dell'assemblea, il governatore ha poi ricordato che la componente dell'utile distribuita allo Stato è esente da imposte ed ha poi aggiunto: "L'ammontare dell'utile è molto elevato e la sua elevatezza deriva non solo dalla buona gestione del portafoglio della banca, ma dalla misura straordinaria dell'acquisto di titoli soprattutto pubblici".

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Il nuovo direttore generale della Banca d'Italia Fabio Panetta

"Abbiamo assunto su di noi il rischio dello Stato e la componente più rilevante - ha concluso Visco - l'abbiamo restituita al Tesoro". Parole, che lette in un contesto in cui Palazzo Koch sta per finire nuovamente nel mirino della politica per le crisi bancarie con l'istituzione della commissione parlamentare a presidenza Paragone, mirano anche a rimarcare il ruolo e il contributo fornito da parte della banca centrale al funzionamento del sistema. 

Intanto, dopo la nomina da parte del Consiglio Superiore della Banca d'Italia del nuovo direttore generale Fabio Panetta e dei suoi due vice, che vanno ad integrare il Direttorio, Daniele Franco e Alessandra Perrazzelli, ora si attende il decreto del presidente della Repubblica.

Il provvedimento deve formalizzare gli ingressi all'interno dell'organo di vertice di Via Nazionale, decreto che, secondo quanto si vocifera in Banca d'Italia, conterrà anche l'ok a Luigi Federico Signorini, banchiere riconfermato da Visco&C quasi due mesi fa, ma sui cui il duo Conte-Tria (a cui formalmente spetta solo esprimere un parere non vincolante per poi mandare la nomina alla firma di Mattarella) non si era ancora pronunciato, bloccando la procedura e di fatto agendo in pressing sul successore di Draghi per quel "ricambio in Banca d'Italia (Direttorio, ndr)" chiesto da Luigi Di Maio e Matteo Salvini.