Rabbia, dolore e impotenza. Gli imprenditori sono di fronte a un’emergenza che sta mettendo in ginocchio l’apparato produttivo del Paese. La disperazione di non poter pagare fornitori, dipendenti, una cartella esattoriale o la mancanza di quella tranquillità mentale necessaria per sopravvivere oggi. Sono cause che, in situazioni della “nuova normalità” fatta di poca sostanza, possono C’è condurre finanche al suicidio. E con le conseguenze date dal lockdown, il Covid sta accentuando le condizioni già molto precarie in cui vive il sistema impresa, portandolo con mesi di chiusura ad aggravare ancora di più i fragili equilibri esistenti. Chi ha debiti non sa come estinguerli e se riuscirà a farlo un domani.
“Con le sue conseguenze date dal lockdown, il Covid sta sicuramente accentuando le condizioni già molto precarie in cui vive il sistema impresa, portandolo con mesi di chiusura ad aggravare ancora di più i fragili equilibri esistenti. Chi ha debiti non sa come estinguerli e se riuscirà un domani a farlo”. Colpa della crisi, ma anche colpa dello Stato e, soprattutto, dei tempi lunghi della burocrazia. Le lungaggini soffocano anche i più forti. Giuseppe Arleo (nella foto, a destra), imprenditore, nonché coordinatore dell’Osservatorio per la ricostruzione economica dopo il Covid-19 del think tank Competere.eu. e membro di Nuclei di Valutazione dei fondi europei, dice che quanto è accaduto a Napoli un giorno fa con il suicidio di un imprenditore è un segnale al quale le istituzioni non sono riuscite a dare una risposta. “Purtroppo ci si scontra con le banche, con lo Stato ma anche con le lungaggini burocratiche. Così è per un finanziamento, così è nell’accesso ai fondi pubblici, a cominciare già dalla semplice interpretazione dei bandi di finanziamento, non sempre chiari e soggetti spesso a modifiche fino a poco prima dell’invio delle domande. Sicuramente non va meglio durante la valutazione delle richieste, a volte veramente con tempistiche anche di anni o comunque non prima di molti mesi, per poi continuare le lungaggini anche nella fase della erogazione ponendo l’imprenditore anche in difficoltà nei rapporti commerciali con i propri fornitori. Il Covid -aggiunge- con le sue conseguenze date dal lockdown ha sicuramente accentuato le condizioni già molto precarie in cui viveva il sistema impresa, portandolo con mesi di chiusura ad aggravare ancora di più i fragili equilibri esistenti. Costi vivi come canoni di locazione, utenze, rimanenze di merci oltre agli impegni già assunto con pagamenti a scadenza, difficilmente onorati visto il periodo di chiusura, hanno portato molti imprenditori a vedere la ripresa dell’attività veramente difficile e per alcuni casi compromessa specie per quanto riguarda la situazione di segnalazioni bancarie per mancati pagamenti. A tutto ciò, purtroppo, non hanno giovato alcune decisioni governative delle quali ancora non si vedono gli effetti. Si pensi al decreto liquidità che non da liquidità in maniera veloce oltre che aumentare il tasso di indebitamento delle imprese o si pensi ai contributi a fondo perduto, finora molto decantati ma ad oggi ancora nemmeno ufficiali con un decreto, a cui non dimentichiamo, occorre dare attuazione con la complessa macchina burocratica italiana. Il rischio è quello di aggiungere confusione alle decisioni da prendere”.
“L’Italia occupa la seconda posizione come potenza industriale manifatturiera in Europa, tuttavia possiamo affermare, senza ombra di smentita che, detiene il primato assoluto per vocazione anti imprenditoriale”, afferma Fabio De Felice (a sinistra nella foto), fondatore di Protom, azienda napoletana operante nel campo dei servizi innovativi. “A cominciare dalla politica, che anche in situazioni drammatiche come queste, non smette di continuare con passerelle e velleitari annunci invece di alleviare i drammi quotidiani con risposte concrete ed efficaci. Siamo in una situazione di grande emergenza e, pertanto, non si può pensare di trattarla con gli stessi schemi o con le stesse logiche di una situazione ordinaria. Situazioni straordinarie devono implicare procedure straordinarie. Se è vero che chiunque è a conoscenza della ingessatura della macchina organizzativa, i politici dovrebbero essere i primi a bypassarla in un momento unico e straordinario come questo. Invece c’è un accanimento nel voler proseguire sulla strada degli annunci, nella certezza che ci si possa cibare di questo. Eppure -commenta De Felice- non c’è stana mai migliore occasione per poter riscrivere le regole di funzionamento della macchina pubblica e poter ricostruire quei protocolli e gli stessi processi che stanno dimostrando la loro inefficacia. Solo invece cambiando le cose si potranno evitare le tragedie di cui stiamo iniziando ad avere le prime avvisaglie. Come è successo ad un imprenditore di Napoli un giorno fa. Proprio per questa fase che ci accingiamo ad affrontare servono tutte le energie ed il supporto necessario da parte delle istituzioni ai vari livelli per poi convivere con questa nuova normalità. Gli imprenditori non chiedono nulla se non la possibilità di ottenere fiducia per continuare ad operare. Senza chiacchiere, proclami, passerelle o compromessi. La depressione è vicina, ma a questa fase nessuno ci vuole arrivare”.
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