Saldi da mercati emergenti. Dietro la tempesta ci sono facili guadagni
La settimana appena conclusa non sarà dimenticata tanto presto dagli investitori attenti ai mercati emergenti. Per cercare di contrastare le pressioni da tempo montanti sulle proprie valute, prima la Turchia (la lira turca ha perso il 5,2% in gennaio contro dollaro), poi il Sud Africa (il rand chiude il mese a -6,4% contro biglietto verde) e infine l’Argentina (col peso crollato del 19% rispetto alla valuta americana) hanno visto le rispettive banche centrali alzare i tassi d’interesse, balzati dal 10% nel caso della Turchia al 26% in Argentina.
Immediata la reazione di piccoli e grandi investitori che hanno ulteriormente ridotto la propria esposizione, ma molti ora si chiedono cosa potrà succedere nel proseguo di un anno che non si preannuncia facile: gli esperti del Credit Suisse, ad esempio, segnalano nel “Investment Monthly” di febbraio che se da un lato “il miglioramento della fiducia commerciale e un mix di politiche favorevoli” (tra cui potrebbe esservi già a febbraio un’ulteriore limatura dei tassi sull’euro da parte della Bce, ndr), “lasciano prospettare una migliore crescita nelle economie avanzate” e che di questo potrebbero “trarne vantaggio alcuni mercati emergenti”, “la pressione a mantenere una politica rigida ne limiterà molti altri”.
Insomma: la discriminante tra performance positive e negative quest’anno più che in altre occasioni sarà un’attenta selezione dei paesi e dei settori su cui puntare o, al contrario, da evitare. Quali? Sono ancora gli uomini del Credit Suisse a ricordarlo: come conseguenza di politiche di inasprimento creditizio la crescita cinese dovrebbe attestarsi “nel tratto più basso delle aspettative, nonostante le migliori prospettive per le esportazioni verso le economie avanzate”.
A sua volta la modesta crescita cinese limiterà i mercati emergenti esportatori di materie prime, come ad esempio la Russia, oltre che alcune economie avanzate, come l’Australia. In più il rallentamento registrato dalla crescita della liquidità a causa del “tapering” (graduale riduzione degli acquisti di bond sul mercato, ndr) della Federal Reserve “continuerà a creare una certa pressione sulle valute e a sospingere l’inflazione sui mercati emergenti con consistenti deficit esterni “, quali Turchia, Sudafrica e Indonesia.
La politica domestica “dovrà quindi inasprirsi ulteriormente, anche dov’è già stata inasprita in modo considerevole, come in Brasile, andando ad aggiungersi alle restrittive condizioni di finanziamento esterno che pongono un freno alla crescita”. Le prospettive, al contrario, “sono migliori per i paesi altamente esposti a una crescita più solida nelle economie avanzate”, come quelli dell’Europa centro-orientale, il Messico, Taiwan, o la Corea.