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Economia

 

 

Seminario Europa

di Filomena Del Vecchio

 

Tre giorni di confronto internazionale sulla certificazione delle competenze a Genova, dall’11 al 13 settembre presso lo Sheraton Hotel, ovvero la nuova edizione, la 25esima, del Seminario Europa, organizzata dal CIOFS-FP,  il Centro Italiano Opere Femminili Salesiane – Formazione Professionale, con ospiti provenienti da Francia, Svizzera, Irlanda e Olanda (programma su: http://www.ciofs-fp.org/seminario-europa/programma/).

Un  aspetto della formazione professionale, capace delle migliori ricadute per l’accesso al mondo del lavoro, che può sembrare “tecnico” e lontano, ma ha invece un forte impatto pratico per chi cerca impiego. Ecco quindi la grande attualità del tema, che proprio di recente – a una quindicina d’anni dalle direttive europee, ampiamente applicate da molte nazioni dell’Unione – è stato almeno parzialmente affrontato in due decreti leggi, uno del governo Monti (16/1/2013 n. 13), e uno del governo Letta (28/6/2013 n. 76). Ci facciamo aiutare a inquadrare i termini generali della  questione da Giulio M. Salerno, docente di Istituzioni di Diritto Pubblico all’Università di Macerata e uno dei relatori al Seminario del CIOFS-FP.

Che cosa significa concretamente riconoscimento e certificazione delle competenze?
"In estrema sintesi, la certificazione delle competenze è un meccanismo che consente a ciascuno di disporre di una certificazione ufficiale di tutti i risultati conseguiti in qualunque percorso di apprendimento: dai percorsi di istruzione che si seguono normalmente, nella scuola o nell’istruzione e formazione professionale, ai percorsi formativi nell’ambito delle imprese, ad esempio quelli di qualificazione professionale o di specializzazione, sino a comprendere i cosiddetti apprendimenti 'informali', cioè quelle abilità che ognuno può autonomamente conseguire nei modi più vari, anche nel tempo libero".

Competenze nel tempo libero?
 "Le opportunità di apprendimento cui possiamo ricorrere sono tante, e da ciascuna di esse possiamo trarre una certa competenza o una data abilità. Con la 'validazione e certificazione delle competenze', le abilità comunque acquisite da ciascun individuo possono essere ufficialmente riconosciute mediante un procedimento di valutazione equa, imparziale ed oggettiva. Insomma, con questa difficile si indica semplicemente lo strumento che, a nostra richiesta, consentirà di avere un riconoscimento pubblico e ufficiale di tutto ciò che sappiamo e di tutto ciò che e sappiamo fare".

Un tema “tecnico” con un fine molto pratico, quindi…
"Il fine infatti è molto pratico: quello di disporre di una dichiarazione ufficiale riconosciuta su tutto il territorio nazionale, e non solo, che spieghi chiaramente quanto abbiamo appreso nei nostri percorsi di apprendimento e quali sono le abilità che abbiamo raggiunto: in sostanza, una sorta di 'patentino' che spiega quale il 'patrimonio culturale e professionale' abbiamo acquisito nel corso della nostra vita.  In questo modo si accresce la consapevolezza di ciascun individuo sulla proprie potenzialità formative e professionali e si introduce maggiore dinamicità e trasparenza nel mercato del lavoro".

Che cosa faranno in pratica gli enti della formazione?
"Gli enti dell’istruzione e formazione professionale potranno partecipare al sistema della certificazione delle competenze in qualità di 'enti titolati': in breve, potranno accreditarsi come i soggetti autorizzati dalle amministrazioni pubbliche ad attuare la validazione e la certificazione delle competenze. Si tratta di processi di valutazione che si muovono nella logica delle competenze, delle conoscenze, delle abilità, dei percorsi di apprendimento per risultato.  A queste modalità di azione gli enti della formazione professionale sono già in larga misura abituati, anzi, hanno un’esperienza ormai consolidata, presumibilmente superiore a quella presente in larga parte delle istituzioni scolastiche".

E istituzioni? Quali questioni hanno davanti?
"Un primo problema è rappresentato dalla complessità dell’attuazione di tale meccanismo: ovvero, la pluralità dei soggetti che operano nell’istruzione e nella formazione, la molteplicità dei livelli istituzionali coinvolti –  Stato, Regioni, Province autonome – e la peculiare frammentazione delle competenze funzionali e istituzionali accrescono la complessità del progetto della certificazione delle competenze. Soprattutto occorre dare prima ed effettiva concretizzazione al cosiddetto 'Repertorio nazionale dei titoli di istruzione, di formazione e delle qualificazioni professionali', ossia a quel documento che racchiude in modo unitario e sistematico – e dunque classifica e distingue in termini di competenze – tutte le diverse certificazioni che si possono acquisire in Italia in materia di istruzione e formazione".

Quindi l’Europa?
"Sì, questo è importante anche dal punto di vista internazionale: infatti, dato che il Repertorio nazionale deve collegarsi al Quadro di riferimento europeo, la certificazione ottenuta al termine del procedimento di validazione delle competenze potrà essere utilmente spendibile anche negli altri Paesi dell’Unione europea". 

Eravamo alle questioni legate alle istituzioni…
"Un’ulteriore questione è quella del monitoraggio del sistema di certificazione: poiché vedrà protagonisti molti soggetti, dalle pubbliche amministrazioni competenti ai soggetti titolati, cioè autorizzati ad effettuare in concreto la valutazione, è necessario approntare opportuni meccanismi che garantiscano la qualità e la correttezza dei procedimenti. Altrimenti verrebbe meno la fiducia pubblica in questo strumento".

Nel concreto che cosa è stato fatto dalle istituzioni?
"Ci sono già alcune Regioni che hanno attuato sistemi regionali di certificazione delle competenze che, seppure con qualche problema, dimostrano l’utilità di questo meccanismo, come ad esempio la Lombardia, l’Emilia-Romagna, il Piemonte, la Toscana, l’Umbria e la Valle d’Aosta. La vera sfida è far convergere l’azione collettiva di tutte le istituzioni  – statali, regionali e locali – in modo da ottenere quella che la legge chiama “dorsale informativa unica”, quel sistema che renderà inter-operative le banche dati di tutte le istituzioni che operano nell’istruzione e formazione. Così il cosiddetto “libretto formativo del cittadino” – che pur previsto dalla leggi stenta a decollare per tante difficoltà e opposizioni – potrà finalmente trovare attuazione".

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