Non c’è stato solo l’effetto spread a generare la grande euforia odierna in Borsa sui titoli bancari. Certo, è stato preponderante, vista la consueta esposizione degli istituti nazionali ai Btp, esposizione-zavorra che la formazione di un governo Draghi, se dovesse andare in porto, può sterilizzare, spingendo il differenziale con i Bund - secondo gli analisti - fino a sotto i 100 punti base. Addirittura, secondo alcuni, anche sotto i minimi del 2014-15. Per gli addetti ai lavori che seguono il settore del credito, c'è un altro effetto di cui bisogna tenere conto: Mario Draghi a Palazzo Chigi vuol dire anche spinta al consolidamento bancario nazionale.
Non solo per la madre di tutte le partite, ovvero UniCredit-Montepaschi, ma anche BancoBpm-Bper e le ipotesi di aggregazione per gli altri istituti medi come Credem o Popolare di Sondrio, banche troppo piccole per lo stand-alone e in cerca di un promesso sposo. Quindi, è stato anche il ragionamento degli investitori oggi a Piazza Affari, con l'ex Bce in cabina di regia al governo meglio prendere posizione sul mercato azionario.
Se un esecutivo Draghi potrebbe facilitare il dialogo del Tesoro con l’investment banker Andrea Orcel che da aprile prenderà in mano il timone di UniCredit, dialogo che attraverso un aumento della dote (già in crescita da mesi) finanziaria potrebbe agevolmente favorire il raggiungimento della condicio sine qua per i soci di Piazza Gae Aulenti di un’operazione Mps a impatto zero sul capitale, molti ricordano anche che Draghi in Banca d’Italia, dopo il lungo regno di Antonio Fazio, ha gestito una fase importante del risiko bancario tricolore. Dopo che a fine dicembre del 2005, l’ex direttore generale del Tesoro, lasciata Goldman Sachs, è arrivato in Via Nazionale (vi resterà fino al al 31 ottobre 2011) l’ex foresta pietrificata del credito si è sgretolata.
Il sistema tricolore ha visto nell’ordine: a febbraio 2006 il passaggio di Bnl ai francesi di Bnp-Paribas e ad agosto dello stesso anno la nascita del campione nazionale Intesa-Sanpaolo, attraverso la fusione fra la milanese Banca Intesa e il Sanpaolo di Torino. Subito dopo, nel primo semestre del 2007, al Nord sono convolate a nozze la Banca Popolare di Lodi e il Banco Popolare di Verona e Novara (che hanno dato vita al Banco Popolare, asse portante del nuovo BancoBpm), poi si è registrata la fusione per incorporazione di Banca Lombarda e Piemontese in Bpu Banca (operazione che ha creato l’embrione di quel’Ubi Banca di Victor Massiah finita ora in pasto a Intesa) e nel secondo semestre, sempre 2007, si è realizzato a sorpresa il matrimonio fra UniCredit e Capitalia. Merger in cui Draghi è riuscito a convincere un recalcitrante Alessandro Profumo, più propenso a rivolgere lo sguardo all’estero che in Italia per l’M&A del proprio gruppo.
Infine, a novembre sempre del 2007, per non rimanere indietro il Monte dei Paschi di Siena si è accordato con gli spagnoli del Santander per il disastroso acquisto della padovana Antonveneta, la cifra monstre di 9 miliardi di euro ha segnato l'inizio dei guai per Rocca Salimbeni.
Insomma, l’attuale assetto del sistema bancario italiano è ancora quello plasmato da Draghi. Quindi, ora che l'ex banchiere centrale sta per cambiare ruolo e con la Vigilanza a fargli da sponda a Francoforte, se SuperMario riuscirà a stabilirsi a Palazzo Chigi ci si aspettano altri capitoli importanti del risiko.
@andreadeugeni
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