Il costo della crisi? 3400 euro a famiglia

I consumi delle famiglie, "nel 2009 ancora capaci di contrastare gli effetti della Grande recessione mondiale, sperimentano oggi una flessione di dimensione mai registrata nei quasi 70 anni di vita della Repubblica italiana". E' quanto emerge dall'indagine Cer-Confcommercio 'L'Italia arretra'. Assistiamo "alla disintegrazione di quei fattori che in passato avevano contribuito a stabilizzare il ciclo della nostra economia". Gli investimenti in costruzioni, si legge nell'indagine, "i cui andamenti hanno sovente compensato il ripiegamento congiunturale delle altre componenti della domanda aggregata, registreranno a fine anno la sesta riduzione consecutiva; la produzione industriale, nonostante il comparto manifatturiero sia impegnato in uno sforzo di espansione sui mercati mondiali, e' scesa di oltre il 4% nel primo trimestre e non ha mostrato segni di ripresa nel bimestre aprile-maggio".
A causa della crisi, "ogni famiglia italiana ha registrato, in media, una riduzione del proprio potere d'acquisto di oltre 3.400 euro". La dimensione raggiunta dalla caduta dei redditi è tale che, "se pure si riuscisse a tornare alle dinamiche di crescita pre-crisi, bisognerebbe comunque aspettare fino al 2036 per recuperare il potere d'acquisto perduto. In termini reali, il reddito è in flessione ininterrotta dal 2008, con una contrazione cumulata dell'8.7% e una perdita complessiva di 86 miliardi di euro".
Insostenibile è il peso del Fisco. Nel 2013 il numero di giorni di lavoro necessari per pagare tasse, imposte e contributi "raggiungera' il suo massimo storico: 162 giorni (ne occorrevano 139 nel 1990 e 150 nel 2000); ne occorrono 130 nella media europea (-24% rispetto all'Italia)". Si tratta di "un inasprimento che aggredisce un monte redditi gia' declinante, contribuendo cosi' sia a comprimere la domanda aggregata, sia a scoraggiare l'offerta di lavoro". La complessita' del sistema di prelievo costituisce "un ulteriore fattore di penalizzazione". E a pagare sono soprattutto le Pmi, che "sostengono per adempimenti fiscali (amministrativi, rapporti con gli uffici, tenuta contabilita', versamenti) un onere annuo di 10 miliardi, quasi il 50% in piu' della media dei paesi Ue". La complessita' del sistema di prelievo "costituisce un ulteriore fattore di penalizzazione dell'economia italiana". Secondo le graduatorie stilate dalla Banca mondiale ed i calcoli effettuati dal Dipartimento della funzione pubblica, infatti, l'Italia si colloca al 131 posto (su 185) nella graduatoria sulla complessita' degli adempimenti fiscali. Ogni azienda italiana dedica l'equivalente di 269 ore di lavoro l'anno ad adempimenti fiscali, il doppio della Francia, il 60% in piu' della Spagna, il 30% in piu' della Germania, 85 ore in piu' della media dei paesi Ue ed Efta.