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Economia
Confindustria, Bonomi parla da presidente e detta l'agenda al premier Conte

Far credere che "quello che va bene per la Confindustria, va bene per l’Italia", è sempre stato l'obiettivo dei big in Viale dell'Astronomia. E il taglio della relazione di Carlo Bonomi, presidente di Assolombarda, s'inserisce nella migliore tradizione dei presidenti dell’associazione dell’Aquilotto (carica a cui ambisce), di ampio respiro, in cui quando un capo della Confederazione saliva sul palco dei grandi appuntamenti (come quello odierno alla Scala di Milano) che scandiscono la vita associativa degli imprenditori italiani, voleva dettare l’agenda alla politica per raggiungere il risultato di migliorare la situazione di tutto il mondo produttivo tricolore. Mondo produttivo che vuol dire non solo impresa, ma anche lavoro. 

carlo bonomi

Carlo Bonomi (Assolombarda)


 

Rivolgendosi direttamente al presidente del Consiglio Giuseppe Conte seduto in platea, l’analisi di Bonomi, che ha scaldato gli imprenditori milanesi riuniti nella capitale del business per l’assemblea generale dell’associazione meneghina, è partita da una doppia disamina della congiuntura economica internazionale e della situazione politica comunitaria che sulla carta, con il passaggio di consegne a Bruxelles fra Ursula von der Leyen e Jean Claude Juncker, parte favorevole all’Italia.

"Un’occasione" da non gettare alle ortiche perseverando in quelli che Bonomi, riferendosi ai plurimi attacchi all’Ue degli ultimi 14 mesi di Matteo Salvini e di Luigi Di Maio e all’isolamento politico italiano che ne è maturato, ha chiamato senza giri di parole  gli “errori del passato”. Attacchi che hanno portato contabilmente in dote aggravi della spesa per interessi e, di conseguenza, condizionamenti per la vita delle imprese. 

Carlo Bonomi
 

Bonomi, che ha ricordato i numerosi appelli fatti "a tre esecutivi diversi" in soli 28 mesi sempre dal palco delle assemblee di Assolombarda, è stato diretto: partendo dall'errore madornale di "ristatalizzare Alitalia", ha imputato poi al primo governo Conte che “le promesse di cancellare la povertà si sono trasformate nel far precipitare nuovamente il Paese nella stagnazione”.

Ha imputato sempre a M5S e Lega l’allontanamento dal blocco storico di alleanze internazionali della Nato per avvicinarsi a quello instabile di Cina e Russia, la crescita del deficit e del debito che non si sono trasformate in crescita economica attraverso il meccanismo del deficit spending, il fallimento di misure come il Reddito di cittadinanza (al livello di politiche attive del lavoro) e di Quota 100 (per l’iniquità generazionale e l’aggravio del deficit previdenziale generati) e l’inattività dell’esecutivo sul grande problema della messa in sicurezza del Paese dal rischio sismico e idrogeologico.

Di qui, la richiesta a Conte, ora nella veste di capo del governo di una nuova maggioranza a cui Bonomi si è rivolto gentilmente più volte dicendo: “Presidente Conte, ci ripensi”. Riscrivere la legge di bilancio così come va configurandosi dopo il varo della Nota di aggiornamento al Def. 

Come riscriverla? Prendendo le risorse dagli esperimenti di Quota 100, Reddito di cittadinanza e Bonus Renzi aumentare la dotazione finanziaria da destinare alla sforbiciata del cuneo fiscale nel 2020: 13-14 miliardi, e non solo 2,5. Ripristinare poi integralmente, rendendolo strutturale, Industria 4.0 per consentire alla dinamica degli investimenti di invertire la pericolosa china negativa. Fattore determinante nel trascinare nuovamente l’Italia verso la recessione.

Per il numero uno di Assolombarda bisogna anche "lasciar perdere l’idea di tassare il contante nella lotta all’evasione fiscale" per reperire 7 miliardi di coperture, senza al contempo sfiorare il Moloch della spesa pubblica. E poi stop agli aumenti retributivi uguali per tutti i lavoratori pubblici, mentre lo Stato non fa nulla per risolvere il problema della produttività stagnante (e della competitività, quindi) nel settore privato.

In definitiva, l’impianto della manovra va cambiato per “riorientare un Paese che negli ultimi 20 anni è cresciuto dello 0,2% in media l’anno e che ha occupati di 20-30 punti percentuali in meno dei Paesi del Nord Europa”.  

La lista di Bonomi poi, scandita dagli applausi, si allunga con le richieste portate in dote da quello che il presidente di Assolombarda ha lanciato poche settimane fa. Ovvero la creazione di una "Filiera-Futuro": incentrata su lavoro, giovani, donne, tecnologia e sostenibilità. Ambiti in cui, dopo un patto con la politica che deve provvedere a vari livelli con sgravi fiscali, ad esempio, sui costi di tutoring e sugli investimenti per il trattamento del ciclo di rifiuti a partire da quelli industriali, le aziende faranno la propria parte.

Ancora. Bonomi non ha dimenticato l’emergenza del momento: la crisi dell’automotive. Così ha chiesto a Conte che il tavolo ad hoc, che sta per partire al Ministero dello Sviluppo economico, sia spostato da Via Veneto nella sede di Palazzo Chigi, per affrontarlo con un approccio da politica industriale perché "la crisi dell’automotive rischia di diventare la vera crisi industriale dell’Italia”. E i numeri snocciolati su settore e indotto gli danno ragione.

Infine, e questo è stato il passaggio che ha più scaldato i cuori degli associati, un appello “ai ceti dirigenti", energia del Paese (perchè "non si guida un Paese da un balcone o da una spiaggia", un chiaro riferimento a Di Maio e a Salvini), per riscoprire, dicendolo con le parole di Aldo Moro, “una nuova stagione dei doveri” e "costruire nuove fondamenta civili ed economiche di un’Italia nuova e più giusta, dal basso, noi tutti insieme”.

Un esempio è quello del “modello Milano”, fatto di cooperazione fra tutti gli attori del territorio (“istituzioni, governi locali, impresa, lavoro, terzo settore, università, centri di ricerca, soggetti della cultura e della società civile”) che ha portato ai successi dell’Expo 2015 fino al lancio del progetto dello Human Technopole e all’aggiudicazione al territorio delle Olimpiadi invernali del 2026.

Un modello che può e deve diventare nazionale. Insomma, un discorso da chi ambisce ad essere il prossimo presidente della Confindustria

twitter11@andreadeugeni

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