Fatta la Confindustria, ora bisogna fare gli industriali. Squinzi come D'Azeglio
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
"Fatta l'Italia ora bisogna fare gli italiani". La frase di Massimo D'Azeglio, celebre politico italiano e scrittore risorgimentale, potrebbe ben applicarsi a una delle mission che Giorgio Squinzi dovrà portare a compimento nel suo secondo biennio alla guida della Confindustria. La citazione potrebbe esser riscritta così: "(Ri)fatta la Confindustria, ora bisogna fare gli industriali". Già, perché dopo averla annunciata per la prima volta nel discorso dell'assemblea dell'associazione degli imprenditori due anni fa e approvata a tempo di record la scorsa settimana nell'ultima assise straordinaria, la riforma dimagrante della confederazione di Viale dell'Astronomia ora deve passare dalla carta ai fatti.

Spieghiamoci. Il punto più delicato della nuova governance per concretizzare la spending review targata Squinzi-Pesenti è quello che prevede il dimezzamento in un triennio del numero delle associazioni territoriali aderenti al sistema Confindustria: nel 2018, degli attuali 258 presidi provinciali e regionali, ne dovranno rimanere circa 130. Il tutto al termine di un complesso processo di fusioni, patti federativi e altre formule organizzative.
E qui iniziano i dolori. In primis, gli imprenditori iscritti che partecipano alla vita associativa con le più svariate cariche dovranno dire addio alle loro velleità di carriera confindustriale e far ricorso a tutto il proprio pragmatismo per onorare la ragion di stato confindustriale. In seconda battuta, le varie associazioni provinciali, specialmente quelle più produttive e con un certo blasone, dovranno invece mettere da parte i propri orgogli campanilistici e rinunciare a un po' del prioprio tradizionale potere: per esempio, Assolombarda dovrà andare in sposa alla cugina Confindustria Monza e Brianza, le riottose Confindustrie Verona, Vicenza e Treviso dovranno invece trovare una quadra che per il momento pare ricomporsi solamente all'interno della più grande associazione regionale perché entra in gioco la causa nordestina, Firenze dimenticare l'antico antagonismo con Pisa e l'Unione Industriale Napoli filare d'amore e d'accordo con le Confindustrie Caserta e Benevento, associazioni le cui relazioni sono state definite dagli addetti ai lavori come problematiche.

A giudicare dai messaggi che arrivano da Viale dell'Astronomia lo snellimento territoriale non dovrebbe rovinare più di tanto i sonni estivi di Giorgio Squinzi. Chi segue da vicino le vicende della Confidustria spiega che la razionalizzazione è partita con una vitalità superiore ad ogni più ottimistica previsione, coinvolgendo ad oggi circa il 70% delle associazioni.
Bene! Almeno la spending review di Viale dell'Astronomia parrebbe essere più celere di quella di Palazzo Chigi a firma Cottarelli, ma una volta create le mini-federazioni chi sarà a guidarle? Nello specifico: chi farà il presidente e il direttore generale delle nuove associazioni, figure centrali nella vita confindustriale territoriale e nazionale? Siamo sicuri che Assolombarda, la più potente delle associazioni di Viale dell'Astronomia, potentissima nel far valere ogni quattro anni la propria influenza nella nomina del numero uno della Confindustria, sia d'accordo nel fare un passo indietro e senza batter ciglio per lasciare la presidenza della mini-confederazione ai cugini brianzoli? Riusciranno a mettersi d'accordo? E se sì, come lo faranno?
Nel prossimo biennio, oltre a fare da pungolo a Matteo Renzi, Squinzi dovrà far ricorso a tutta la propria pazienza per andare su e giù per lo Stivale e smussare le innumerevoli spigolosità che rischiano di rallentare l'entrata a regime della nuova governance della Confindustria.