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Economia
Coronabond, fake news. In gioco la cessione di sovranità

Chiamare "coronabond" gli eurobond per drammatizzarne l’urgenza e coltivare l’illusione che siano ottenibili a breve è appunto un’illusione. Anzi una favola, parente di fake news, che inveleniscono il dibattito politico, agitano il fantasma dell’Europa matrigna, ad uso e consumo di sovranisti e populisti di ogni Paese e non fanno bene alle relazioni fra Paesi amici ed economicamente interdipendenti

Secondo narrazione corrente, gli eurobond sarebbero la soluzione per superare l’emergenza sanitaria e rilanciare l’economia dei Paesi membri, ma non è possibile adottarli per l’opposizione della Germania e dell’Olanda a mutualizzare il debito degli Stati. 

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Le posizioni dei due Paesi differiscono nella disponibilità a inventare soluzioni alternative più o meno coraggiose. Più aperta la Germania che sembra ormai pronta ad approvare la proposta francese di “ricovery bond”, cioè in sintesi un “bazooka” di aiuti con garanzie comuni, ma temporaneo. Più intransigente l’Olanda, decisa a difendere il modello di paradiso fiscale mascherato che accoglie multinazionali da tutto il mondo. 

Politici, tecnici, esperti, “sherpa” stanno lavorando a un compromesso  in vista del prossimo vertice dei capi di stato e di governo. Si parla, come è noto, della dimensione il più larga possibile degli altri strumenti finanziari già messi in campo (BCE, BEI, cassa integrazione europea, fondi comuni) e del MES, la misura più controversa, soprattutto in Italia, dove il dibattito politico, con cadute di stile e poco onorevoli strumentalità, sembra concentrato sulla responsabilità storica dei governi che l’hanno approvata, (vedi polemiche Monti/Salvini, Tremonti/Il Foglio etc) anzichè sulla valutazione oggettiva dell’utilità o meno di farvi ricorso, nella versione concordata nell’Eurogruppo, ossia il “Mes leggero”, per spese sanitarie e senza vincoli di controllo a breve termine. 

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Si spera che un compromesso sia alla fine raggiunto. E’ convinzione comune (anche a Berlino) che il fallimento del vertice sarebbe castrofico per tutte le economie della zona euro e esiziale per l’Europa stessa. Del resto, gli appelli alla solidarietà levatisi dalla stessa opinione pubblica tedesca (inusuale l’autoaccusa di vigliaccheria ed egoismo di Der Spiegel) avrebbero spinto Angela Merkel a più miti consigli. Tanto più che le opinioni pubbliche europee non hanno risparmiato ai tedeschi il dovere della memoria, allorchè i debiti della Germania distrutta dalla guerra e sconfitta furono in larga parte condonati. 

Refrattaria agli eurobond (“finchè sono in vita”, disse una decina di anni fa e i tedeschi le augurarono lunga vita), sarebbe ora più disponibile a forme di condivisione del debito, peraltro sollecitata anche da autorevoli economisti del suo Paese. Michael Hüther, ad esempio, ha detto al Financial Times che “i bond dovrebbero dare un forte segnale di compattezza europea”.  

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Proprio la Germania, nel momento in cui la crisi è esplosa, ha immediatamente messo in cantina il totem del pareggio di bilancio, buttando sul piatto delle famiglie e delle imprese tedesche 500 miliardi di euro. C’è insomma la sensazione che la Germania non passerà la linea rossa degli eurobond, ma potrebbe avvicinarsi a piccoli passi. Nonostante l’opposizione del suo partito, Angela Merkel ha infatti detto ai partner europei di essere disponibile a lavorare “per strumenti di mutualizzazione del debito”, pur ribadendo di essere contraria agli eurobond. 

Contraria, si badi, non in linea di principio o ideologica, bensì per ragioni politiche e tecniche che molti fingono di non vedere e di cui le opinioni pubbliche europee non sembrano consapevoli. E cioè che l’introduzione di eurobond, quand’anche si raggiungesse un accordo, necessita di tempi incompatibili con l’urgenza del momento ed è possibile soltanto a due condizioni: l’armonizzazione della fiscalità e il controllo dei bilanci dei singoli Stati. In pratica, il completamento del progetto europeo finora zoppo, la riduzione al minimo della discrezionalità fiscale dei singoli governi e l’impossibilità di aumentare il debito nazionale, pur con il vantaggio che il pregresso sarebbe più agevolmente sostenibile e che i nuovi titoli sarebbero garantiti dall’Europa, con uno straordinario vantaggio sulle altre grandi potenze del mondo. 

Il problema non sono quindi la contrapposizione fra cicale e formiche (le cui parti sono purtroppo assegnate), la polemica stucchevole fra solidarietà ed egoismi (che pure esistono), il contrasto fra Europa del Nord e del Sud (tanto più che Francia e Germania troveranno come sempre un punto d’incontro), ma i limiti di spesa e di discrezionalità del potere politico, tradotta in sostanziale cessione di sovranità, condizioni non facilmente accettabili. (E in questo Germania e Olanda sono in buona compagnia).

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