Coronavirus, Intesa-Ubi e Fiat-Peugeot, l'epidemia si abbatte sull'M&A
Il coronavirus sta in realtà penalizzando tutti i mercati finanziari. Così oltre ai rischi nascono anche opportunità, come suggeriscono i vertici di Generali
Philippe Donnet, Ceo del gruppo Generali, rassicura: l’impatto che il coronavirus avrà nel breve periodo “sarà limitato” e al più si tradurrà in “un ritardo sul fronte della raccolta Vita”, in “un impatto diretto significativo sul business di Europassistance, considerando il crollo dei viaggi e quello conseguente delle assicurazioni legate a questi ultimi” ma anche in “minori sinistralità sulla Rc Auto, dato che gli assicurati circolano molto meno sulle strade”.
Semmai, ha sottolineato Donnet, l’impatto del coronavirus si nota “sui mercati finanziari”, ma anche qui si tratterà “di un fattore di breve termine e non certo strutturale”. Una crisi genera inoltre anche nuove opportunità, aggunge Frederic de Courtois, general manager di Generali, ricordando come il gruppo abbia sempre detto di avere “3-4 miliardi di euro da allocare sull’M&A”.
Questo non cambia alla luce dei crolli dei mercati finanziari legati alla pandemia “anzi, ci potranno essere ulteriori opportunità da valutare, proprio in scia a questa situazione di tensione”, ma rimanendo “sempre disciplinati” e con “una posizione di solvibilità solida e un cuscinetto di liquidità molto forte”.
In effetti la pandemia da coronavirus ha già portato ad un calo vistoso sia degli indici di mercato (il Ftse Mib ha ceduto in settimana un altro 22%) sia della capitalizzazione dei singoli gruppi. Ciò significa che aziende italiane, quotate o meno, offrono il fianco a maggiori rischi di scalata, come crede Ennio Doris, fondatore e presidente di Banca Mediolanum?
Non proprio: visto che la pandemia sta avanzando anche in altri paesi europei come Francia, Germania e Spagna (ma neppure la Gran Bretagna o gli Usa sono immuni al rischio), anche i concorrenti esteri delle nostre aziende stanno subendo gli stessi contraccolpi. Prendete Lufthansa o Air France: nelle scorse settimane erano indicate come possibili pretendenti di Alitalia, ora potrebbero aver problemi in casa da risolvere prima che pensare ad acquisizioni.
Lufthansa è infatti caduta dai 15,4 euro per azione dello scorso 19 febbraio a 9,4 euro e la capitalizzazione da 6,2 a 4,5 miliardi, tanto che la compagnia starebbe già chiedendo aiuti finanziari a Berlino e il governo Merkel starebbe valutando l’ingresso nel capitale per evitare il rischio di un crack a fronte di uno scenario sempre più cupo per l’intero settore mondiale del trasporto aereo. Air France-Klm dal canto suo ha visto i titoli crollare da 9,73 a 4,80 euro e la capitalizzazione da 4,2 a poco più di 2 miliardi.
Per Alitalia dunque più che il rischio di una “svendita agli stranieri” vi è il serio rischio di una nuova nazionalizzazione (più o meno “a tempo”): nel decreto anti crisi che il governo varerà l'esecutivo potrebbe infatti inserire una misura che di fatto riporterebbe lo Stato in cabina della compagnia aerea. In particolare il governo starebbe infatti pensando alla creazione di una newco pubblica per prendere in affitto la parte aviation.
Ma anche altre operazioni di M&A in corso, dall’Ops proposta da Intesa Sanpaolo su Ubi Banca al matrimonio Fca-Psa, potrebbero subire contraccolpi se i mercati non si riprenderanno rapidamente. Quanto alla prima, è chiaro che offrire 17 azioni del valore di 1,5544 euro (26,4248 euro in tutto) ogni 10 azioni del valore di 2,469 euro (24,69 euro in tutto) significa offrire 3,022 miliardi di euro per una banca che ante Ops capitalizzava 3,9 miliardi di euro e che oggi capitalizza 2,8 miliardi. L’offerta è sempre a premio (del 7% rispetto alle quotazioni correnti), ma se i soci storici avevano ritenuto “inadeguata” un’offerta che il 18 febbraio valeva 4,86 miliardi è difficile che cambino idea ora che ne vale oltre 1,8 miliardi in meno.
In compenso potrebbero cambiare idea i fondi azionisti che, se non sono usciti rapidamente dal titolo in questi giorni di ribassi, ora dovranno scegliere se restare soci dell’istituto guidato da Carlo Messina sperando in successivi recuperi delle quotazioni o rigettare l’offerta, de facto subendo il crollo delle valutazioni di mercato da allora ad oggi. La fusione Psa-Fca, che richiederà ancora 12-15 mesi per essere completata, non corre ufficialmente rischi, in compenso la famiglia Peugeot (tramite Ffp, controllata della holding Etablissement Peugeou Freres), ha approfittato del calo dei mercati per alzare dal 12,23% al 13,6% la propria partecipazione nel gruppo Psa il 6 marzo scorso tramite un equity swap.
(Segue...)
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