Coronavirus, Intesa-Ubi e Fiat-Peugeot, l'epidemia si abbatte sull'M&A
Il coronavirus sta in realtà penalizzando tutti i mercati finanziari. Così oltre ai rischi nascono anche opportunità, come suggeriscono i vertici di Generali
I Peugeot avevano del resto diritto di incrementare di un 2,5% la propria partecipazione prima del completamento della fusione e se eserciteranno fino in fondo il loro diritto si ritroveranno, post-fusione, azionisti al 7,365%, circa la metà del 14,5% circa che dovrebbe essere in mano agli eredi Agnelli (che tramite Exor sono ora soci di Fca col 29%). Anche in questo caso il coronavirus ha fatto crollare le valutazioni.
Si è partiti, il 18 dicembre, da una fusione alla pari tra un gruppo che in quel momento capitalizzava da 21,16 miliardi di euro (Fca) e uno da 22,51 miliardi (Psa), per un totale di 43,7 miliardi e si è oggi scesi ad una capitalizzazione complessiva di circa 24 miliardi (13 per Fca, 10,9 per Psa), pari a poco più di un quarto di quella di Tesla (100,7 miliardi di dollari o 90,7 miliardi di euro) ma comunque superiore a quella di Ford (22,4 miliardi di dollari o 20,2 miliardi di euro) o della coreane Kia Motors (crollata a 8,7 miliardi di euro).
Certo, chi come Autogrill opera in un settore come la ristorazione fuori casa che al momento soffre più di chiunque le misure restrittive adottate per combattere la pandemia corre il rischio di essere mangiato in un boccone da concorrenti come Mc Donald’s. La catena americana di fast food capitalizza 132 miliardi di dollari (118 miliardi di euro), quella italiana ormai meno di un miliardo di euro (poco più di un miliardo di dollari).
Ma non è che prima fosse molto differente: il 18 febbraio Autogrill capitalizzava sì 2,12 miliardi di euro (2,35 miliardi di dollari), ma il colosso americano valeva a sua volta oltre 161 miliardi di dollari (circa 145 miliardi di euro). Come dire che oggi il gruppo a stelle e strisce potrebbe mangiarsi quasi 120 concorrenti come Autogrill, mentre prima ne poteva ingurgitare “solo” 72. Il rischio è dunque aumentato, ma partendo già da un rapporto di forza molto squilibrato.
Situazioni di cui potrebbe approfittare chi come Warren Buffett, ha liquidità da investire. Berkshire Hathaway ha accantonato oltre 128 miliardi di euro e non è riuscita a fare rilevanti investimenti in questi ultimi due anni perché le valutazioni erano ormai troppo elevate rispetto alle prospettive di crescita di utili e fatturato secondo Buffett. Ora che le valutazioni sono crollate, non è improbabile che il “mago di Omaha” (tramite General Re già socio al 9,047% di Cattolica Assicurazioni) si metta a selezionare potenziali prede: chissà che tra queste non ci siano uno o più gruppi italiani.
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