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Economia
Coronavirus, Maire Tecnimont: la digitalizzazione alla base della ripresa

L'intervista di Affaritaliani.it a Pierroberto Folgiero, AD di Maire Tecnimont e NextChem

Lo scenario tratteggiatosi a seguito dello scoppio della pandemia di Coronavirus, con i suoi effetti recessivi sull’economia mondiale, sta mutando le strutture e i processi del tessuto imprenditoriale del Paese, profilando nuove opportunità: quella, ad esempio, di guidare il mondo verso una direzione sostenibile dando impulso al già avviato processo di transizione energetica e utilizzando come leva della ripresa economica l'innovazione.

È con questo auspicio che Maire Tecnimont, società quotata alla Borsa di Milano a capo di un gruppo industriale che opera in ambito internazionale nella trasformazione delle risorse naturali (ingegneria impiantistica nel downstream oil & gas, con competenze tecnologiche ed esecutive), ha intrapreso la "fase 2" dell'emergenza, forte del processo di digitalizzazione dei processi industriali di cui è stata pioniera. E con la controllata NextChem opera nel campo della chimica verde e delle tecnologie a supporto della transizione energetica.

Affaritaliani.it ne ha discusso con l'Amministratore Delegato Pierroberto Folgiero. 

greta foto      L'intervista a Pierroberto Folgiero

Come sta affrontando, Maire Tecnimont, la fase della ripresa?

La ripartenza dell’Italia è un fattore importante per la normalizzazione della nostra attività e per la ripresa del lavoro dei nostri fornitori e partner italiani, rallentato a causa del lockdown. Tuttavia, essendo il 97% del nostro business all’estero, il riavvio completo delle nostre attività è legato all’inviluppo delle ripartenze dei diversi Paesi in cui operiamo.

Come si sta evolvendo il vostro assetto organizzativo in termini di struttura e processi?

Il lavoro agile, avviato in azienda già nel 2015, è stato attivato in maniera estensiva con lo scoppiare della pandemia. Smart working non significa, però, limitarsi a fare le videochiamate: il vero lavoro “smart” è la digitalizzazione dei processi industriali, che abbiamo avviato da tempo con lungimiranza. Un fenomeno che si articola in due sottocategorie: remotizzazione e virtualizzazione. La prima ha reso sostituibile la presenza fisica dei nostri lavoratori nei cantieri, seguendo da remoto attività anche critiche. La seconda prevede la creazione di task force “virtuali” deputate alla progettazione delle commesse prese in carico, che limitano il dispendio logistico. Le attività di progettazione sono dunque state trasferite su cloud e le task force sono state virtualizzate: una rivoluzione tecnologica nelle modalità di interazione con i clienti.

Che visibilità avete sulle proiezioni di fine anno, a fronte di un primo trimestre che ha mostrato qualche rallentamento a seguito del lockdown?

Abbiamo dato la guidance al mercato sottolineando che questo, per noi e per tutti, sarà un anno particolare. Prevediamo una contrazione dei volumi del 10% rispetto allo scorso anno. In un contesto che non ha simili nella storia, in cui la volatilità è alta e le previsioni sono discrezionali, le nostre proiezioni denotano un’assunzione di responsabilità manageriale ed imprenditoriale. Nel secondo semestre la situazione si dovrebbe normalizzare e tutte le economie, anche quelle più conservative, dovranno compiere lo sforzo di impegnarsi a mitigare le perdite del primo semestre. In momenti come questo c'è l'assoluto bisogno di affrontare gli ostacoli con coraggio. E superarli.

E invece gli effetti sul vostro mercato di riferimento, il downstream dell’oil & gas? In questa prima parte dell’anno avete già annunciato 4 aggiudicazioni, vuol dire che è un segmento che sta risentendo meno degli effetti della pandemia?

Sì, ma con alcuni caveat. Il primo è la nostra situazione contingente: le recenti aggiudicazioni che abbiamo ottenuto sono frutto di attività e iniziative coltivate durante il 2019. Un anno in cui abbiamo perseguito progetti di ingegneria nelle fasi preliminari. Disponendo di tecnologie e competenze distinte, alcuni clienti ci hanno chiesto di accompagnarli nella fase di fattibilità e di preparazione. Questo investimento in tempo ed allocazione di risorse ci ha consentito di seminare molte piante, dunque oggi, nonostante il Coronavirus, sono andate a compimento iniziative avviate nel 2019.

Il crollo del prezzo del petrolio, invece, è un fenomeno già riscontrato in passato. È vero che le oil company tagliano gli investimenti, perché devono convivere con minori entrate di cassa, ma è altrettanto vero che tagliano l’upstream, ovvero l’estrazione, non apportano invece tagli sulla trasformazione delle risorse. In situazione di crisi gli investimenti soffrono, ma la capacità di investimento dei clienti intelligenti si sposta sulla fase di trasformazione: devono, infatti, decidere tra una materia prima che, se venduta, rischia di essere “svenduta” e tra una materia "seconda" che, se trasformata, apporta un valore aggiunto al prezzo del prodotto finale. I fenomeni nel tempo si rincorrono e a lungo termine anche il prezzo del derivato sconta l’abbassamento del valore della materia prima: sono finestre che si aprono e chiudono e gli investitori, quando vedono la finestra aperta, si buttano. Sibur Group ci ha assegnato un progetto da 1,2 miliardi di euro perché ha visto questa finestra aperta.

A suo avviso, la pandemia sta rallentando il processo di transizione energetica?

Abbiamo riflettuto molto su questo argomento internamente. C’è un rischio elevato che il rallentamento si verifichi, ma bisogna evitarlo. In questo momento, si è sviluppato un filone di pensiero nell'opinione pubblica che rischia di sconfinare in qualunquismo, e che sposa il detto latino "primum vivere". Prima di tutto, la sopravvivenza. Vero, ma questa crisi va affrontata e combattuta con coraggio e sarebbe un errore imperdonabile lasciarsi scappare l'opportunità di mettere in atto la transizione energetica. Soprattutto adesso che abbiamo sperimentato sulla nostra pelle cosa significa vivere un pericolo sistemico che coinvolge tutto il mondo contemporaneamente. L'opinione pubblica è il primo pianeta che deve allinearsi ad altri due astri.

Quali sono?

La spesa pubblica e l'imprenditorialità. Nel primo caso, ci aspettiamo che in Italia e negli altri Paesi industriali ci sia un impulso all’economia. Ed è qui che si presenta l'occasione di inserire le infrastrutture verdi negli assi di intervento di stimolo. La chimica verde, ad esempio, dove noi italiani abbiamo molto know how e alcune condizioni strutturali uniche. Dovremmo diventare, come nel caso dell'economia circolare, la culla di queste nuove opportunità. Dovremmo essere i primi a fare energia in maniera diversa senza difendere lo status quo. Dovremmo essere più imprenditori degli altri nel cogliere l’opportunità della transizione energetica.

E qui interviene il terzo pianeta: l'imprenditorialità, appunto. Chi intravede un’opportunità deve investire, industrializzando l’innovazione e mettendosi in gioco. È ciò che noi come Maire Tecnimont stiamo facendo grazie alle competenze che possediamo e che abilitano processi necessari e ancora carenti al giorno d’oggi. Tramite NextChem negli ultimi anni stiamo supportando la transizione energetica e la chimica verde. Non come scienziati o esperti dei centri di ricerca, ma ponendoci nelle condizioni di poter dire: questa iniziativa si può mettere in pratica in questo modo, domani, su scala industriale e con buone possibilità di guadagno. Bisogna solo agire con il giusto tempismo.

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