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Economia
Coronavirus, memorandum per la Germania. Merkel non dimentichi la Storia

Di Massimo Nava

 

Di fronte all’ampiezza della crisi per l’epidemia del coronavirus, prudenze e riserve di parte tedesca per un’azione finanziaria convergente a livello europeo sembrano sempre più fuori luogo e fuori tempo. Angela Merkel rischia di passare alla Storia non per avere salvato l’Europa e dato finalmente al suo Paese un ruolo di guida e indirizzo, ma per avere difeso fino all’ultimo un castello di regole non più adeguato all’emergenza che ci sta travolgendo.

All’indomani della riunificazione, un grande cancelliere, Helmut Schmidt, disse: «Noi tedeschi abbiamo accresciuto la nostra capacità di ricostruzione negli ultimi decenni non da soli, non solo con le nostra forze. Questa capacità non sarebbe stata possibile senza gli aiuti delle potenze vincitrici occidentali, senza il nostro inserimento nella comunità europea e senza la fine della dittatura comunista. Abbiamo il dovere di mostrarci degni della solidarietà ricevuta con la nostra solidarietà nei confronti dei vicini. La classe politica non è sufficientemente consapevole di questa solidarietà (...) Non abbiamo bisogno solo di razionalità, ma anche di un cuore che sappia immedesimarsi nei nostri vicini e partner. »

Schmidt non è stato ancora ascoltato, così come finora non sono stati ascoltati l’ex cancelliere Schroeder e l’ex vice cancelliere Fischer, con  accorati appelli alla Cancelliera perchè si convinca ad approvare la mutualizzazione del debito europeo. Un segnale importante, forse foriero di cambiamenti, arriva dall’opinione pubblica, dai principali quotidiani e settimanali del Paese. Clamorosa, e inusuale, almeno nei toni, la presa di posizione di Der Spiegel.

« L’Europa sta affrontando una crisi esistenziale. Apparire come il guardiano della virtù finanziaria in una situazione del genere è gretto e meschino. Forse conviene ricordare per un momento chi ha finanziato la ricostruzione della Germania nel Dopoguerra. Il rifiuto tedesco degli eurobond è gretto, vigliacco, non solidale. Se gli europei non danno un segnale sarà una vera festa per i populisti, per i nemici dell’Europa e per gli hedge fund di Londra e di New York che, come nel caso della Grecia, punteranno sul fallimento di uno Stato europeo e questa volta vinceranno la scommessa. » (Fra parentesi, scommesse del genere le hanno fatte anche i comparti finanziari di banche tedesche e francesi).

Der Spiegel accenna a una Storia che vale la pena di riassumere.

Il 28 giugno 1919 fu firmato a Versailles il  trattato di pace con cui le potenze vincitrici (in testa Francia e Gran Bretagna) imposero alla Germania pesantissime riparazioni dei danni di guerra, 132 miliardi di marchi dell'epoca. Secondo varie interpretazioni storiche, furono gli oneri del conflitto perduto, oltre alla crisi mondiale del '29, a tracciare l'autostrada politica e sociale per l'ascesa di Hitler al potere. Il debito, dopo successive rinegoziazioni, venne ripagato solo in parte e fu considerato  estinto dal Fuehrer nel 1933. Alla conferenza di Londra del  27 febbraio 1953 fu  negoziato un secondo  debito riparatore a carico della Germania, per i danni provocati nel secondo conflitto mondiale. Anche in questo caso, gli  storici hanno analizzato controversie di varia natura. A Londra, ci si domandó se il debito dovesse ricadere sulle spalle della sola Germania federale o anche sulla ex DDR, la Germania comunista. I negoziati portarono a una dilazione dei pagamenti e a una parziale riduzione. In piena guerra fredda, per europei e americani la rinascita e la stabilita' della Germania federale furono un obiettivo vitale di fronte al blocco comunista e quindi preponderante sulla riscossione totale del debito.

Ricordare i debiti della Germania per i danni di due guerre da essa provocate non significa rifare l'esame delle coscienze rispetto alle colpe del passato, per le quali le riparazioni etiche non sono peraltro quantificabili. Dovrebbe essere però utile ricordare ai tedeschi che la forza del loro Paese non risiede soltanto sulla straordinaria efficacia dell’apparato produttivo e del modello federale, ma anche sull'aiuto finanziario che il Paese ha ricevuto in varie epoche per risorgere. Un sostegno indiretto arrivò successivamente anche nel corso del processo di riunificazione.

L’ex presidente francese Mitterrand pensó di "diluire" in Europa la potenza tedesca scambiando la riunificazione con la rinuncia al marco. Il cancelliere Kohl sacrifico' la moneta nazionale, ma intuí che l'euro avrebbe avuto come riferimento costante l'andamento dell'economia tedesca e avrebbe favorito l’eccezionale surplus commerciale del Made in Germany.

Al tempo della crisi del debito greco, Atene riaprì il contenzioso su danni di guerra subiti durante l'occupazione delle truppe naziste, ma non ottenne soddisfazione. Eppure si poteva comprendere la disperazione del Paese : ai torti del passato si stavano sommando terribili imposizioni economiche : non per avere combattuto e perso due guerre, ma per l’ingresso in Europa.

La crisi greca non ha insegnato nulla, nonostante una crisi di ben più eccezionale ampiezza.

La Storia e l’epidemia di questi mesi dovrebbero almeno sfatare luoghi comuni, come quello di un Paese che si è ricostruito solo con le proprie forze e che per questo non ritiene di doversi mostrare solidale con i partner più poveri, più in difficoltà, più indebitati. 

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