Crisi, la Confcommercio rivede al ribasso le stime sul Pil 2013. Oltre 4 milioni di poveri quest'anno

Confcommercio vede nero: l'associazione guidata da Carlo Sangalli è pessimista sull'andamento dell'economia per il 2013 e corregge al ribasso le precedenti previsioni di calo del Prodotto interno lordo per l'anno in corso, che passano dal -0,8% di cinque mesi fa al -1,7% attuale.
Aumenta anche la flessione dei consumi prevista, il -2,4% invece dello 0,9% Le stime sono contenute nel rapporto dell'Ufficio studi presentato oggi a Cernobbio in occasione dell'annuale Forum della Confcommercio. Il resto del quadro macroeconomico mostra un calo del 3,5% degli investimenti, +1,4% per le esportazioni e -1% per le importazioni. In contrazione dell'1,9% il reddito disponibile. Per il 2014 Confcommercio prevede un +1% del Pil, un +0,6% del reddito disponibile e un aumento dello 0,3% dei consumi.
Secondo i commercianti, dal 2006 al 2011 in Italia la crisi ha creato 615 nuovi poveri al giorno, per un totale di 1,120 milioni di persone. Il numero complessivo è così passato da 2,3 a 3,5 milioni, e secondo le ultime valutazioni potrebbe ulteriormente lievitare a 4 milioni nel 2013. Confcommercio ha messo a punto un nuovo indicatore, il Mic (Misery Index Confcommercio), relativo al disagio sociale. Secondo i dati presentati oggi, il Mic ha raggiunto il massimo alla fine del 2012; il tasso di disoccupazione è dell'11,7%, pari a 3 milioni di persone, cui si aggiungono 680mila scoraggiati e 200mila cassintegrati.
"Se i poveri assoluti per Confcommercio sono oltre 4 milioni, quelli che faticano ad arrivare alla fine del mese, per i quali il reddito non è più sufficiente, e sono quindi costretti a ridurre i consumi, sono ormai i due terzi della popolazione", ha tuonato il Codacons, associazione dei consumatori.
"Difficilmente si potrà tornare ai livelli del Pil precrisi prima del 2019 se non si interverrà finalmente per aumentare la capacità di spesa delle famiglie italiane e del ceto medio". Il prossimo Governo, conclude l'associazione, "sempre che ci sia, dovrebbe come primo provvedimento rinviare l'aumento dell'Iva di luglio che colpirebbe proporzionalmente ricchi e poveri, strangolando definitivamente quelle famiglie che non riescono più a risparmiare".
Il netto peggioramento delle previsioni economiche lascia "stimare una perdita netta di altre 90mila imprese del terziario di mercato nel complesso del biennio 2013-2014". Questo l'allarme del numero uno di Confcommercio, Carlo Sangalli, che nel suo intervento a Cernobbio ha correlato i dati economici e quelli sulla povertà, sottolineando come la crisi produttiva sia diventata crisi sociale: "E' come se l'orologio produttivo della nostra economia avesse riportato indietro le lancette di quasi tredici anni". Sul provvedimento annunciato ieri dal governo, che sbloccherà 40 miliardi in due anni per le imprese creditrici della Pa, Sangalli ha chiesto "tempestività, e il provvedimento del consiglio dei ministri di ieri non va in questa logica". Sulla situazione politica il giudizio è netto: "Il ritorno alle urne sarebbe drammatico".
Confcommercio sfata infine il "falso" mito degli italiani come popolo di fannulloni. Le analisi parlano chiaro: sia nel caso dei lavoratori dipendenti sia in quello di professionisti e autonomi, nel 2011 hanno lavorato in media 1.774 ore ciascuno. Vale a dire il 20% in più dei francesi e il 26% in più dei tedeschi. I lavoratori indipendenti, autonomi o professionisti, in Italia lavorano quasi il 50% in più del lavoratore dipendente: in cifre, 2.338 ore contro 1.604. E' come dire tre mesi in più, compresi sabati e domeniche. Ma è bene precisare che lo stesso fenomeno si verifica anche negli altri Paesi presi in considerazione dalla ricerca di Confcommercio.
In media, ogni lavoratore italiano produce una ricchezza mediamente pari a 36 euro per ogni ora lavorata. Rispetto a noi, i tedeschi producono il 25% in più e i francesi quasi il 40% in più. E mentre negli altri Paesi la produttività oraria è cresciuta nel tempo (tra il 2007 e il 2011, del 20% in Germania, in Francia anche di più, in Spagna dell'11% circa) in Italia questo fenomeno si pè verificato in modo molto marginale (solo il 4% rispetto al 2007). D'altra parte, solo pochi giorni fa era stato Mario Draghi a puntare il problema chiedendo una riforma dei contratti di lavoro.