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Economia
Delfin, i segnali alla politica e a Nagel. L'italianità non si tocca

Una tempesta in un bicchier d’acqua. Mentre si moltiplicano i segnali di nervosismo sia nella politica, soprattutto nell'opposizione per il potenziale controllo “fuori dai confini nazionali” di Mediobanca e Generali, sia in Piazzetta Cuccia dove la richiesta alla Vigilanza europea di Leonardo Del Vecchio di crescere al 20% (dal 9,8%) del capitale ha provocato incertezza sulla governance futura, da Delfin invece arrivano segnali di rassicurazione per i vari stakeholder. Addirittura, si registra anche stupore per alcune reazioni.

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In primis, della politica. Fonti finanziare sottolineano come l’italianità della catena societaria Mediobanca-Generali, intorno alla quale ruotano molteplici interessi finanziari nazionali, non ultimo il bilancio del Leone con 60 miliardi di Btp, non sia assolutamente in pericolo. Nè ora nè mai. 

Si fa notare come il progetto di Del Vecchio sia quello delineato a metà novembre, non è cambiata una virgola. Di dare cioè “stabilità a un pezzo strategico del nostro sistema economico", azionariato stabile che "aiuti le società a crescere e avere successo nel mondo”. Stabilità necessaria a maggior ragione in un momento come questo in cui in borsa la bufera Covid ha ridotto fortemente le capitalizzazioni di mercato di importanti pezzi del nostro sistema bancario-assicurativo. Asset che mai come adesso possono far gola ad appetiti stranieri.

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Se poi il passo successivo sarà quello della crescita dimensionale per Mediobanca e, soprattutto, per Generali, il modello è quello Essilor-Luxottica anche nella composizione dell’azionariato: la creazione cioè di un gruppo leader mondiale nel proprio settore che ha ricadute benefiche per tutto il Paese con azionista italiano di riferimento (in Essilux infatti Delfin è azionista di maggioranza relativa con il 32,8%). Si fa notare poi come a intervenire subito sull’operazione siano stati perlopiù politici dell’opposizione e non la maggioranza di governo. Forse proprio perché il problema dell’italianità non si pone. 

A parte qualche rilievo sul fatto che, come avvenuto anche in altri gruppi bancari, non ci sia stato, come segnale dei vertici per il momento generale di difficoltà, un abbassamento dei compensi post-Covid della prima linea, segnali di rassicurazione sono giunti anche per il management. Specialmente dopo che in Piazzetta Cuccia non è sfuggito come l’accelerazione del dossier in Banca d’Italia consegni una tempistica tale da consentire alla holding lussemburghese di presentare una propria lista in autunno, dopo il pronunciamento di Francoforte, per il rinnovo delle cariche sociali di Mediobanca.

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Delfin, infatti, non ha intenzione di presentare liste alternative per il prossimo mandato del board e gli stessi acquisti non sono in opposizione alla squadra capitanata da Alberto Nagel. A chi fa osservare che l’atteggiamento potrebbe essere tattico in chiave Bce, per non apparire cioè ostile visto il caso delicato di un azionista industriale non finanziario che si candida a diventare socio di riferimento di una banca d’affari strategica, le fonti escludono scenari di improvvisi dietrofront a questi livelli. Nessuna contraddizione dunque per i mesi a venire, una volta in possesso di un quinto del capitale della merchant. 

La scalata di Del Vecchio non viene definita come ostile. Anzi. I problemi, come fanno notare invece gli analisti di Morgan Stanley mentre la borsa specula sul riassetto futuro della galassia Mediobanca-Generali, potrebbero invece manifestarsi nel medio-lungo periodo. "Un aumento delle quote fino al 20% potenzialmente comporta un'influenza significativa sul consiglio di amministrazione e sarebbe una fonte fondamentale di incertezza rispetto alla strategia a medio termine della banca e alla continuità della gestione”, hanno scritto dalla banca d’affari a stelle e strisce.

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Che tradotto nel disegno di Del Vecchio sul mega asset finanziario tricolore potrebbe significare: quale sarebbe la posizione di Nagel, come socio forte (con il 13%) del Leone, su un eventuale aumento di capitale di Generali, operazione che servirebbe a dotare la compagnia di risorse per farle il grande salto dimensionale, aggregando un competitor e diventando un colosso mondiale sul mercato specifico delle polizze proprio sul modello Essilor-Luxottica?

Il riferimento è alla vulgata che in passato da Piazzetta Cuccia siano stati sempre restii ad aprire i cordoni della borsa e a spingere per operazioni del genere che avrebbero finito col distrarre liquidità utile ai piani interni di sviluppo.  Da ultimo, pare, anche il precedente timoniere della compagnia triestina Mario Greco. 

@andreadeugeni

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