Fiat, freno o patrimonio del Paese? Il dibattito su Affari
Gentile Signora,
In totale Lei denuncia l'egoismo. Ma l'egoismo è di tutti, non di una sola parte, quale che sia. E una volta che si è andati avanti per molti anni - poco importa se come Lei descrive o diversamente da come Lei descrive - bisogna giocare con le carte che si hanno. È questo che non si è capaci di fare, oggi. Ed è per questo che sono pessimista.
Gianni Pardo
LA MAIL DELLA NOSTRA LETTRICE
Egr. sig. Pardo, Le ragioni del pessimismo totale sono da Lei puntualmente indicate, ma giustifica alcune e condanna altre.
Gli atteggiamenti della Fiat sono in linea e gli stessi - con le debite proporzioni riferite al tempo ed allo spazio - di quelli da sempre adottati e tenuti dalla Dirigenza/Proprietà della medesima a costruire immane Ricchezza (per se, Rammento dalle cronache che una figliola della famiglia richiedeva conto di una decina di miliardi di euro mancanti alla sua "immane" fetta di eredità) e lavoro remunearto per gli altri milioni, rendendo l'Italia "Fiatdipendente"e quindi limitando uno sviluppo congruo e coerente. Costruivano TUTTI INSIEME AL Servizio del POTERE quel gigantesco
Le attività che cessano in Italia - guarda caso - non riguardano la Grande Impresa ed i Capitalisti, tranne quel qualcuno che la Sua invadente Magistratura riesce a provarne la reità dell'agggiotaggio, della bancarotta, eccetera, eccetera. SONO le migliaia di piccole/medie imprese (da pochi a 250 addetti), i cui milioni (o centinaia di migliaia) di Titolari sono intralciati in tutti i modi possibili, dalla tassazione, alla carenze strutturali, all'energia, alle miserande vie di comunicazion e dai gruppi delinquenziali (in ultimo). IVI COMPRENDENDO "LA RIDUZIONE" DEL SUD a serie inferiore dell'Italia, invece di svilupparne artgianato, turismo ed agricoltura ed ATTIVANDO le vie dello smaltimento dei rifiuti "addossando" le colpe a gruppi delinquenziali "comunque" da estirpare.
Infine quelle prebende da Lei denunciate sono in linea con quelle retribuzioni "legalizzate" di centinaia/milioni di migliaia di euro l'anno che proucono quelle immmorali pensioni DESTINATE A 2.500.000 di Privilegiati per la spesa di 125 miliardi di euro l'anno sul totale di 250 miliardi per 18 milioni!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Tanto almeno per la verità storico documentata.
Sempre La saluto, grati delle Sue osservazioni.
Annanto
LEGGI GLI INTERVENTI DI GIANNI PARDO CHE HANNO ACCESO IL DIBATTITO
L'immoralità dei cavalli della Fiat
Sergio Marchionne ha dichiarato: "Le condizioni industriali in Italia rimangono impossibili" e soprattutto: "Abbiamo le alternative necessarie per realizzare le Alfa ovunque nel mondo". Il Ministro del Lavoro Giovannini ha replicato: "Non sono d'accordo con lui. In Italia è possibile fare impresa". Qualcuno si chiederà chi ha ragione. Senza accorgersi di porsi la domanda sbagliata. --------------------------------------------- Le ragioni del pessimismo totale Un lettore mi accusa di avere una visione catastrofica della realtà italiana e di enumerare i nostri problemi senza indicare alcuna soluzione. L’imputazione è seria, tanto che questo articolo costituisce serve a contestarla. Una denuncia ha senso quando indica che cosa fare per contrastare ciò che si condanna. Diversamente è una geremiade. In molti casi tuttavia l’indicazione di ciò che bisognerebbe fare si ricava dall’errore che si descrive. Se si scrive che gli atteggiamenti ostili alla Fiat, in fabbrica e fuori, sono un errore, si intende che si rischia di indurre l’impresa a lasciare l’Italia, con grave danno dei livelli occupazionali. In un momento di crisi, un atteggiamento di fattiva collaborazione e un ridimensionamento delle proprie pretese farebbe invece rimanere le nostre maestranze concorrenziali. Le mie innumerevoli critiche all’invadenza della magistratura nella politica hanno un ovvio rimedio nel ripristino dell’art.68 della Costituzione, com’era prima del 1993. Insomma, gli esempi non mancano. Nel 1978 le anime belle pensarono di proteggere i poveri dai ricchi, imponendo ai proprietari di case di locarle a un prezzo di fantasia, predeterminato dallo Stato. Per giunta la legislazione e la giurisprudenza rendevano di fatto l’inquilino l’intangibile fruitore dell’immobile, a tempo indeterminato. Una forma di esproprio. Molti preferirono tenere le case sfitte, e lo Stato gli aumentò le tasse di un terzo, come avessero rinunciato per capriccio a un reddito mensile. La reazione del mercato fu che le case da locare sparirono. Chi aveva una casa in più la vendette e chi volle un tetto sulla testa dovette comprarselo. Infatti oggi gli italiani sono proprietari della casa in cui vivono all’80%. E chi non può permetterselo? Che rimanga a casa dei genitori. Che coabiti. Che vada al diavolo. E qui il rimedio è evidente: l’unico canone “equo” è quello determinato dal mercato. Non nego tuttavia che in qualche caso il mio pessimismo è così generale e profondo da non offrire speranze. Ciò si verifica quando si considera non un problema ma la sua origine. Nel caso della Fiat, ad esempio, l’errore di molti operai e della Fiom è la totale mancanza di senso della realtà. Essi credono che la Fiat non possa che esserci e non possa che pagare salari. È impossibile correggere un tale punto di vista, se non ci riesce l’evidenza delle molte imprese che hanno spostato la loro produzione dove il costo della manodopera è basso. Se non ci riesce l’evidenza delle molte imprese che cessano l’attività. Se non ci riescono la disoccupazione e la recessione. Rimane solo una sconfinata amarezza, una disperazione che arriva a sperare che l’intero popolo impari dal dolore quel buon senso che non ha voluto imparare con l’intelligenza. Non sembri incredibile che si parli di perdita del principio di realtà a proposito di un intero popolo. Questa perdita è dimostrata da mille sintomi. Prendiamo il nostro debito pubblico. Quando se ne parla, è di moda dare la colpa ai politici del passato, ma chi c’era può assicurare che il popolo era felice di quell’andazzo. La mentalità generale, come oggi, era infantile ed illogica: “Intanto viviamo bene, poi si vedrà”. Solo un popolo immaturo e dalla mentalità mitologica può credere che si possa vivere indefinitamente a credito. E infatti siamo al punto che non solo non possiamo rimborsare il debito, ma gemiamo e agonizziamo sotto il peso degli interessi, settanta od ottanta miliardi l’anno. Altro esempio. Dal momento che bisognava favorire l’occupazione, si pensò di creare dei posti di lavoro invitando quelli che già lavoravano a mettersi in pensione. Una professoressa che si era laureata a ventitré anni poteva mettersi in pensione dopo sedici anni e le venivano anche contati per la pensione gli anni d’università. La ragazzina era pensionata a trentanove anni per avere lavorato sedici anni, e poi poteva vivere altri quaranta o cinquant’anni a carico della collettività. “Follie del passato”, direbbe qualcuno. E invece sono attuali gli incentivi per le ristrutturazioni edilizie che saranno pagati con un calo del gettito fiscale nei prossimi dieci anni. Calo certamente compensato con un aumento della pressione fiscale sulla generalità dei contribuenti futuri. Né diversamente vanno le cose per gli incentivi agli impianti fotovoltaici: lo Stato è generoso a spese di chi paga la bolletta della luce, dunque di chi il fotovoltaico non l’ha installato, e soprattutto dei contribuenti futuri. Né si può dimenticare che l’insistenza sulle energie alternative è demenziale, come è dimostrato dal fatto che bisogna incentivarle, mentre ciò che è economicamente ragionevole non ha bisogno di incentivi. Ecco perché il pessimismo, riguardo all’Italia, è totale. Perché solo una catastrofe epocale può, nel corso dei decenni, cambiare la mentalità di un popolo e farlo divenire adulto. Non certo una predica o una dimostrazione alla lavagna. |