Economia
Eni, Enel, Leonardo, Poste e Terna: in autunno ricomincia il gran ballo delle nomine
Le cinque aziende vedranno il rinnovo dei vertici nella primavera del 2026: manca ancora molto tempo, ma qualcosa inizia a muoversi

Eni
Nomine, qualcosa inizia a muoversi
Eni, Enel, Poste, Leonardo, Terna: le cinque grandi aziende partecipate vedranno il rinnovo dei consigli di amministrazione nella primavera del 2026. Manca molto tempo, certo, ma gli incroci da fare sono tanti e variegati. Eni viene da quattro mandati consecutivi da amministratore delegato di Claudio Descalzi.
Il manager non si discute, è molto apprezzato dal governo e da Giorgia Meloni in primis, ma potrebbe aver voglia di un ruolo meno operativo dopo 12 anni vissuti sulle montagne russe (non dimentichiamo la crisi a seguito dell'invasione russa in Ucraina, la bolla inflazionistica post-Covid, il tema dei nuovi carburanti green). Per questo, potrebbe profilarsi per lui un ruolo di presidente pesante, con deleghe. Chi eventualmente al suo posto? Se per il successore di Paolo Scaroni si pescò internamente, promuovendo proprio Descalzi, ora si potrebbe guardare anche all'esterno. Si vedrà.
In Enel la situazione è molto chiara: Flavio Cattaneo ha abbattuto il debito e firmato il miglior bilancio di sempre. Dunque, a meno che non sia lui espressamente a chiederlo, non si muoverà da lì. Stesso discorso per Leonardo che, complici le tensioni internazionali, ha visto il titolo crescere di quasi quattro volte il suo valore. E dunque, perché muovere da lì Roberto Cingolani? Unica possibilità sarebbe se si pensasse a lui - che è stato anche ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica - per la guida di Eni. A quel punto facile pensare che la sua successione potrebbe toccare a Lorenzo Mariani, da poco tornato al timone di Mdba ma che sarebbe pronto a guidare Piazza Montegrappa dopo aver svolto per due anni il ruolo di condirettore generale.
In Terna Giuseppina Di Foggia ha fatto bene, ha portato risultati commendevoli e non c'è motivo per pensare a una sua sostituzione. Oltretutto, resta l'annoso tema delle quote rosa. Dopo l'addio ad Alessandra Ricci in Sace, la Di Foggia è l'unica executive al timone di una ex partecipata, ed è quasi fantascientifico pensare che possa essere allontanata.
Infine c'è Poste. Matteo Del Fante ha fatto dell'azienda un colosso finanziario, che detiene un quarto delle quote di Tim e ha una partecipazione in Mediobanca. Non più lo specialista delle spedizioni, ma un'azienda "olistica" che guarda con curiosità e interesse a diversi settori. E che nel frattempo ha triplicato la sua quotazione in Borsa durante la gestione di Del Fante.
Dunque, conferma scontata: a meno che si faccia sentire una voce forte da Trieste che potrebbe chiedere al manager fiorentino di andare a guidare Generali. A quel punto, al suo posto potrebbe arrivare Giuseppe Lasco, attuale direttore generale del gruppo Poste Italiane. Insomma, mancano sei mesi, ma si comincia già a parlare della seconda tornata di nomine del governo Meloni, quella della "maturità".