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Economia
Ex-Ilva, Mattioli: "La nazionalizzazione? Rischiamo di ripetere disastri"

Una cosa è evidente della vicenda dell'ex-Ilva che ha coinvolto il colosso mondiale dell'acciaio ArcelorMittal, investitore che ora da Taranto vuole fuggire a gambe levate. Lo è evidente almeno a Licia Mattioli, vicepresidente per l’Internazionalizzazione di Confindustria e presidente dell’Advisory Board investitori esteri di Viale dell'Astronomia, team di esperti che sul tema degli investimenti diretti esteri (Ide) ha appena pubblicato, assieme all'Istat, il volume “Grandi Imprese estere in Italia: Un valore strategico”. Una fotografia delle attività delle multinazionali nel nostro Paese che evidenzia anche i loro cahiers de doleances. Secondo l'imprenditrice piemontese "non è possibile cambiare le regole in corsa, perché le aziende hanno bisogno di un quadro certo per investimenti e fare sviluppo. Altrimenti l’attività d’impresa si blocca all’origine”.

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Mentre la maggioranza chiede compatta il rispetto del contratto sull'ex-Ilva, domani il presidente del Consiglio Giuseppe Conte potrebbe incontrare i vertici di ArcelorMittal per verificare se la loro posizione è cambiata e vedere se ci sono margini di trattativa. Chi ha ragione nella disputa fra il governo e i Mittal che vogliono recedere? 
“Il problema è che qui manca la certezza del diritto, perché quando si firma un accordo e si fa entrare un soggetto a determinate condizioni in un certo tipo di contratto, queste condizioni vanno mantenute. E’ un tema che nello specifico non riguarda soltanto il caso dell’ex-Iva. Lo abbiamo riscontrato con tutte le multinazionali, aziende che sostengono che il primo problema nell’investire in Italia è proprio la mancanza di certezza. E questo vale non solo per i singoli accordi, ma anche per il diritto civile, fiscale soprattutto, ma anche per il diritto penale. Questo è il vero tema”. 

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Licia Mattioli con il presidente di Fca John Elkann

Per recedere dal contratto d’affitto di ramo d'azienda, la strategia giuridica di ArcelorMittal si basa su due pilastri: il richiamo a una clausola che verrebbe fatta valere a causa della decadenza dell’immunità penale e la presenza del dolo che sarebbe causa di annullamento. Sono legittimi?
“Essendo un avvocato, prima che un imprenditore, le rispondo dicendo che non mi è possibile dare una risposta sensata senza aver visto prima le carte e aver letto tutto. Quello che però posso dire è che se si è firmato un contratto con certe regole che valgono non soltanto per lo scudo penale, ma anche per altri elementi che pare non siano stati rispettati, è chiaro ed evidente che ciò dà origine a un problema. Quali ne siano poi la cause, se dolose o colpose, non è possibile saperlo se non si ci si addentra a una fattispecie giuridica molto complessa. Quello che mi preme evidenziare è che non si possono cambiare le regole in corsa, perché le aziende hanno bisogno di un quadro certo per investimenti e fare sviluppo. Altrimenti l’attività d’impresa si blocca all’origine”.

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Licia Mattioli con il presidente di
Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli 

Come se ne esce ora?
“Purtroppo uno dei grandi problemi del’Italia è che prendiamo in carico le situazioni quando ormai sono incancrenite. Ciò vale per l’ex-Ilva, per Whirlpool e per tante situazioni di questo genere. Credo che su questo tema bisognerebbe fare delle riflessioni importanti”.

Non resta che nazionalizzare l'ex-Ilva? Come valuta l’ipotesi?
"E' sempre un tema spinoso. Prima bisognerebbe cercare delle risposte alternative con investitori privati, altrimenti rischiamo di ripetere disastri che sono stati l’epilogo di processi di nazionalizzazione”. 

twitter11@andreadeugeni

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