Ex-Ilva, tramonta l'ipotesi Baku Steel. A Taranto tornano in scena gli indiani di Jindal? Lo scenario - Affaritaliani.it

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Ultimo aggiornamento: 19:22

Ex-Ilva, tramonta l'ipotesi Baku Steel. A Taranto tornano in scena gli indiani di Jindal? Lo scenario

Sembra definitivamente tramontata l’ipotesi Baku Steel. Taranto è stremata, il governo le ha provate tutte. Quale futuro per l’acciaieria più grande d’Europa

di Paolo Molteni

Ex-Ilva, tornano in scena gli indiani di Jindal? 

Da una parte c’è una città stremata, Taranto. I suoi abitanti, per decenni abituati a vivere all’ombra dell’ex-Ilva, non vogliono più saperne di acciaio, cokerie, altiforni e via dicendo. Dall’altra c’è una necessità doppia: garantire che l’area della (un tempo) più grande acciaieria d’Europa non si trasformi in una bomba ambientale e permettere ai dipendenti della fabbrica di non restare a spasso dall’oggi al domani. Una vicenda drammatica che non riesce a trovare una soluzione. Dunque, che fare? La trattativa con Baku Steel, che sembrava ben avviata, si è arenata e pare che gli azeri si siano dati alla fuga dopo aver capito che avrebbero dovuto lottare contro i tarantini e avrebbero avuto spese monstre per sistemare gli impianti.

Secondo quanto può riferire Affaritalini, sembra che Jindal possa tornare sulla scena, come accaduto proprio un anno fa. Gli indiani però non vogliono bagni di sangue e quindi - com’è naturale - chiederebbero precise garanzie. Da una parte, di continuità da parte dello Stato, che dovrebbe comunque garantire un supporto di vario tipo. Tanto che c’è chi ipotizza perfino una dote come venne fatto all’epoca delle ex Banche Popolari. Dall’altra, gli indiani vogliono avere la certezza che la popolazione sia disposta ad accettarli. Ma è così? Sembra di no, anche perché gli altiforni a combustione sono difficilmente compatibili con le normative green europee, mentre i forni elettrici producono un acciaio che non è adatto per tutte le funzioni, su tutte quelle dell'automotive.

D’altro canto, anche l’idea di tornare alla statalizzazione dell’azienda, in una sorta di ritorno dell’Iri, è stata completamente negata da parte del ministro Giancarlo Giorgetti, che da quell’orecchio proprio non ci sente. Non gli si può dare torto, perché nessuno vuole sobbarcarsi i costi della transizione, anche se oggi - seppur a ciclo ridotto - la fabbrica ha delle coperture che impediscono la dispersione nell’aria degli inquinanti, oltre ai filtri che bloccano le emissioni nocive. Ma se anche questa volta non si dovesse trovare una soluzione, lo scenario più plausibile potrebbe essere quello di una lenta, inesorabile agonia, con lo Stato a sostenere in misura progressivamente calante questa fabbrica che tanto benessere ha portato a Taranto ormai oltre mezzo secolo fa. Ma che oggi gli abitanti non sono più disposti a tollerare. 

Anche lo spacchettamento sembra poco percorribile perché il sito di Genova beneficia sì di una migliore accoglienza, ma non è in condizioni molto migliori rispetto a quello pugliese. E dunque si torna lì, all’inizio: quale futuro per l’ex-Ilva? Resta un mistero ancora tutto da sciogliere.

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