Portafoglio/Il Portogallo non è la Grecia: come fare affari con Lisbona
No, decisamente non è la Grecia, semmai potrebbe sembrare più il Dubai. La seria crisi politica apertasi in settimana in Portogallo ha fatto tremare le borse e i mercati obbligazionario mondiali per poche ore e sembra a molti essere più una scossa d’assestamento nella lunga stagione della crisi del debito sovrano europeo che non il sintomo di un nuovo sciame sismico in arrivo. Incrociando le dita il peggio potrebbe dunque essere alle spalle?
Così sembrano pensarlo, tra gli altri, gli analisti del Credit Suisse, che in un report spiegano: le dimissioni del ministro degli Esteri di Lisbona “hanno aperto una seria crisi politica in Portogallo”, destinata probabilmente a sfociare in elezioni a settembre, ma “la situazione attuale non è la ripetizione della “Grecia 2012” secondo il nostro parere”. A differenza dell’anno passato, quando soffiavano forti i venti anti-euro (anche in Italia, ndr), se vi saranno elezioni, infatti, “difficilmente vi sarà un rilevante supporto per partiti contrari al salvataggio Eu/Fmi”, semmai per una sua rimodulazione.

L’esito più probabile appare dunque la formazione di un nuovo governo di “grande coalizione” che dovrebbe cambiare la politica economica di Lisbona “solo marginalmente”. Quasi una situazione “all’italiana”, che dunque non produrrebbe danni permanenti ai mercati ma solo uno spavento temporaneo, proprio come accaduto, per fortuna, con la crisi di Dubai World pochi anni or sono. Del resto, aggiungono gli esperti svizzeri, rispetto all’anno passato “il contesto è differente: la crescita globale (e in particolare il momentum della periferia europea, Portogallo incluso) sta rafforzandosi ed esiste l’Omt della Bce, cosa che non esisteva lo scorso anno durante la crisi della Grecia”.
Ancora: il Portogallo ha ancora un surplus delle partite di conto corrente della bilancia dei pagamenti, il che può consentire al paese di rifinanziarsi per qualche tempo senza far ricorso ad aiuti esterni anche se il deficit resta elevato (al momento è attorno al 6% del Pil). L’incertezza politica peraltro, aggiungono gli esperti, “rende più verosimile un secondo salvataggio” di circa 40-50 miliardi di euro (contro gli 80 miliardi ottenuti col primo programma di aiuti) e visto che finora il Portogallo si era attenuto ai propri impegni molto più di Atene un supporto di Ue e Fmi è ritenuto altamente probabile.