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Economia
Fca, Geely smentisce: "Non è nei nostri piani l'acquisto del gruppo"

Fca: Geely, non e' nei nostri piani l'acquisto del Gruppo

Geely Automobile, uno dei gruppi cinesi che avrebbero fatto un'offerta per l'acquisto di Fca, nega un eventuale interesse per il Gruppo: non e' nei nostri piani. Lo riporta Automotive News. Il direttore esecutivo Gui Shengyue ha detto nel corso di una conference call sui risultati del gruppo: "Al momento un interesse per Fiat Chrysler non e' nei nostri piani". 

Scatto a Piazza Affarui, ecco chi è Geely

Nuovo scatto di Fca in Piazza Affari (+4,24% a 11,07 euro), che supera quota 11 euro, tra scambi sempre brillanti per quasi 9 milioni di pezzi. Il titolo si muove sull'onda lunga delle indiscrezioni su un interesse cinese diffuse da Automotive News due giorni fa e da venerdi' scorso segna un balzo di oltre il 12%.

Ecco chi è Geely, il colosso cinese dell'auto che vuole comprare Fca. Fondata da Li Shufu nel 1986, Geely all'inizio della sua storia produceva frigoriferi. Ma la sua ascesa nel settore dell'automotive è stata fulminante. Nel 1997 viene avviata la produzione di auto, nel 2013 il gruppo acquista la Manganese Bronze, l'azienda che produceva le auto pubbliche nere di Londra. Ma è nel 2010 che l'ascesa di Geely si concretizza con l'acquisto di Volvo dalla Ford grazie a un assegno di 1,8 miliardi di dollari. Volvo ha rappresentato la frontiera di Geely: il gruppo, sull'orlo del fallimento, è ritornato in utile e nel 2016 ha prodotto 785 milioni di dollari di utili, vendendo oltre 530mila auto in tutto il mondo. E a maggio del 2017, Li Shufu ha acquistato il marchio britannico Lotus, famoso per la costruzione di macchine per la Formula 1.

Dietro l'offerta di Geely si celano interessi diversi. Quelli relativi al futuro di Fca, che passano per l'ultimo grande tassello che ancora manca alla carriera di Marchionne prima del suo addio nella primavera del 2019, cioè la partnership con un gigante del settore automotive, e quelli che si articolano sul piano economico ma anche su quello geopolitico, cioè l'equilibrio globale del mondo dell'auto che vede due giganti, Usa e Cina, pronti a sfidarsi ancora. In mezzo ci sono i livelli intermedi, quelli cioè delle auto da vendere e di tutte le innovazioni che si stanno facendo largo, auto elettrica in primis, e che stanno rivoluzionando, in modo repentino, un mondo e soprattutto un business che registra movimenti chiari, che spaziano dalle acquisizioni ai grandi agglomerati, a player sempre più agguerriti.

La partita delle prospettive di Fca passa per la necessità di allearsi con un giocatore forte. Marchionne ha ripulito l'azienda dai debiti e l'ha resa un boccone più che appetibile, ma non può permettersi battute d'arresto. Per aumentare il fatturato e soprattutto la rete di vendita nel mondo non può continuare ad andare avanti da solo. Quando però l'amministratore delegato di Fca ha bussato alle porte dei grandi player europei e non, la risposta è stata tutt'altro che conciliante. E così sia General Motors che Volkswagen hanno detto no. Gm a ceduto Opel a Psa e guarda al mercato interno americano oltre che alla Cina. I tedeschi, dal canto loro, hanno a che fare con il grande incubo che corrisponde al nome di dieselgate e solo a marzo, attraverso il numero uno Matthias Mueller, hanno ben spiegato che non sono interessati a discutere con Fca.

Troppo presto, ancora, per dire se Marchionne si farà sedurre dai cinesi. La stampa americana e alcuni analisti internazionali, infatti, leggono l'interesse di Geely come una possibilità, anche per Fca, di riaprire il dossier con Gm, per scardinare lo scetticismo della dura e pura Mary Barra, ceo del gruppo, che fino ad oggi non ha mai aperto alla prospettiva di una fusione tra i due gruppi. Fusione che Marchionne ha più volte auspicato, ma che nei numeri converrebbe molto di più a Fca che a Gm. Prima nel 2015 e più recentemente a inizio 2017, i tentativi, più o meno in chiaro, di convincere Gm sono caduti nel vuoto. Trump, dal canto suo, secondo quanto rivelato più volte dalla stampa americana, vedrebbe di buon occhio le nozze, ma in casa Gm, al momento, non c'è alcun elemento che lascia intravedere un possibile cambio di rotta.

Di più. A mettere in evidenza la difficoltà di Trump nel gestire l'assalto dei cinesi e, più in generale, le sfide che si pongono oggi per l'industria americana, inclusa quella automobilistica, è proprio il fatto che il comitato per l'economia e la creazione di lavoro, che dovrebbe collaborare con il presidente americano nella gestione delle grandi questioni economiche e industriali, perde pezzi. Le dimissioni proliferano e dopo l'addio, oggi, di un quarto manager, lo stesso sito Automotive news si chiede se non sia arrivato il momento anche per l'uscita della stessa Barra. Trump, dal canto suo, ha pochi strumenti a disposizione per governare le dinamiche che gravitano intorno al mondo dell'automotive. Il Cifius, il comitato per gli investimenti stranieri negli Stati Uniti, può vietare un'operazione simile a quella che i cinesi vogliono lanciare su Fca solo per motivi di sicurezza. L'uscita di Mary Barra dal gruppo di consulenza indebolirebbe, e non poco, la stessa forza contrattuale del presidente americano nei confronti di Pechino, spingendo Fca e il cuore industriale dell'America verso il Dragone.

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