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Economia
Generali, Del Vecchio: no M&A con Axa o Zurich. Così farò crescere il Leone

Nessuna fusione con la francese Axa, da cui provengono tra l’altro i due top manager di Generali Philippe Donnet e il suo braccio destro Frederic de Courtois né con l'elvetica Zurich dell’ex Mario Greco. Fonti vicine a Leonardo Del Vecchio fanno sapere che la ratio del rafforzamento della presa di Delfin su Mediobanca (dal 9,9% verso la soglia del 20%) che a sua volta ha in pancia il 13% circa di Generali, rafforzamento per cui è stata chiesta l’autorizzazione alla Vigilanza europea, non è quella di spingere la compagnia assicurativa italiana verso un matrimonio con le rivali europee (più grandi in termini di market-cap).

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Ma è quella riportare il Leone al ruolo di leader che aveva nel mercato assicurativo europeo alla fine degli anni ‘90, ruolo che poi ha perso. Un indebolimento che Del Vecchio imputa anche alla regia del socio Mediobanca. Quanto a Piazzetta Cuccia, Mr Luxottica giudica non ostile la sua mossa, anche perché non intende presentare una propria lista per il rinnovo del Cda della merchant nell'assemblea in calendario a ottobre né ha chiesto posti finora nel board anche in segno di rispetto del procedimento autorizzativo in corso con la Bce.

Il punto, quindi, ora è chiedersi qual era il ruolo di leadership di Generali che Mr Luxottica, anche terzo azionista della compagnia al 4,85% del capitale, ha in testa, perché se si vanno a vedere le capitalizzazioni di mercato dei leader europei del comparto assicurativo, facendo riferimento ai prezzi di 20 anni fa e non tenendo conto della distribuzione dei dividendi, le varie Allianz, Zurich e Axa valevano già più di due o tre volte di quanto valeva Generali.

NAGEL-DEL VECCHIO: PERCHE' NON SQUILLA IL TELEFONO/ Come mai non c'è stato alcun contatto fra il Ceo Alberto Nagel e Del Vecchio dopo la presentazione di novembre del piano industriale in occasione dell'operazione di rafforzamento nel capitale della merchant bank? Fonti vicine all'imprenditore spiegano che in questi mesi da Delfin sono partiti dei messaggi verso il vertice di Piazzetta Cuccia tramite intermediari e aggiungono che poi sono i manager di un'azienda che devono farsi sentire quando entra un socio rilevante che si candida ad essere il primo azionista di riferimento. E non il contrario. Così, in occasione della compilazione delle liste per i rinnovi di ottobre, sembra che ci si attenda una telefonata, da buone pratiche di corporate governance. Vittorio Grilli possibile nuovo direttore generale in una futura Mediobanca targata Del Vecchio? Rumors destituiti di fondamento...

A inizio giugno del 2000, per esempio, la capitalizzazione di mercato del Leone era di 40,3 miliardi di euro, quella della tedesca Allianz 147,2 miliardi, quella della francese Axa 107,5 miliardi e quella della svizzera Zurich più di 98 miliardi. Ora, dopo le crisi post-Torri Gemelle, dei mutui subprime del 2008, dell’eurodebito e dell’epidemia Covid, Generali vale 21,6 miliardi, Allianz 75,3 miliardi, Axa 44,86 miliardi e Zurich 46,84 miliardi. E’ vero che rispetto al gruppo transalpino, la performance della compagnia triestina è stata particolarmente negativa (Generali ha bruciato il 53,6% della market-cap e Axa il 41,75%), ma i distacchi nelle valutazioni dei mercati azionari erano già presenti 20 anni fa.

Quello che pare Del Vecchio abbia invece in mente quando parla dei fasti passati delle Generali sono piuttosto la presenza geografica e la raccolta dei premi complessiva del Leone, punti di eccellenza rispetto ai peer che, vuoi per strategie più lente, per le poche risorse finanziarie a disposizione anche per l’erogazione di allettanti dividendi agli azionisti (fra cui Mediobanca) che hanno pesato sulla cassa disponibile da mettere a servizio della crescita dimensionale, non si sono conservati come tali. Da essere considerata dagli addetti ai lavori come "la più bella compagnia di assicurazioni europea", Generali ha finito per cedere definitivamente lo scettro alle concorrenti d'Oltralpe. 

In più, c’è un fattore che fonti vicine a Mr Luxottica citano e spiegano essere ben presente nella testa dell'imprenditore di Agordo e cioè la presenza di alcuni azionisti in Piazzetta Cuccia che pongono in essere un conflitto di interesse sul business del Leone, competitor che per "motivi di scuderia" non vengono attaccati.

In primis, quell'Unipol di Carlo Cimbri che in Mediobanca ha una quota inferiore al 2% e che fila d'amore e d'accordo con il Ceo Alberto Nagel specialmente dopo l'operazione Fondiaria-Sai e che al Leone contende la leadership nell'Rc Auto e nel Danni con oltre 8 miliardi di raccolta premi (5,8 quelli della compagnia di Donnet). E poi i Doris di Mediolanum, altro socio rilevante della merchant con il 3,28% (più le quote possedute a titolo personale dal banchiere di Tombolo) che come Generali fa asset management. Business dai ricavi commissionali in tempi di tassi d'interesse a zero molto profittevole. 

Per Del Vecchio liberando gli artigli del Leone dai freni dei conflitti endemici, mettendo più fieno in cascina nelle casse della società, andando anche a bussare alla porta degli azionisti che invece di prendere inizino anche ad aprire il portafoglio iniettando risorse a monte della catena, si potrebbero gettare le basi per "aiutare la società a crescere e ad avere successo nel mondo". Proprio com'è stato annunciato dal patron di Delfin all'inizio dell'avventura in Mediobanca. Dunque, si rimarca, nessuna strategia oscura.

Gli step? Prima l'acquisizione di una compagnia di taglia media per fare massa critica ed essere in grado in futuro di sedersi al tavolo con un'Axa o una Zurich per trattare ad armi pari. Un M&A cioè fra soggetti di pari capitalizzazione per dare vita a un grande gruppo delle polizze in cui ovviamente i soci italiani e in particolare Del Vecchio dovranno sedere in posizione di maggioranza relativa. Secondo il copione del tanto citato modello Essilux (o anche Covivio). 

@andreadeugeni  

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    assicurazioni generalimediobancaleonardo del vecchiodelfin




    
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