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Economia
Giannino, maxi-pignoramento al Sole. "In Italia solo informazione accomodata"

Non sono fatto abbastanza bene per capire che l'informazione in Italia deve stare accuorta come si dice a Napoli, attenta e accomodata, perché se vuoi fare il free lance senza editore padrone, che ti copre anche in tribunale, allora poi non ti puoi lamentare se al cane sciolto di lingua troppo lunga arrivano mazzate”.

Si conclude così su Facebook l’amaro sfogo di Oscar Giannino, volto noto del giornalismo italiano, condannato il 4 marzo dal tribunale, per effetto di un procedimento civile, a dover pagare 144.342 euro, come ristoro, a numerosi dirigenti Rai per un editoriale del 7 febbraio 2008 in cui come direttore di Libero Mercato (testata separata da Libero ma che usciva in abbinata) pubblicava un organigramma della tv di Stato di 900 nomi di dirigenti tra società e controllate, nomi per la maggior parte già segnati in rosso o blu a seconda del padrinaggio politico. Un documento di provenienza interna di cui Giannino dà contezza senza però citare nel suo articolo “uno solo degli oltre 900 impilati”.

Oscar Giannino
 

Era un documento di provenienza interna dal settimo piano Rai di allora - si avvicinavano elezioni e i componenti del Cda si preparavano alla battaglia, ciascuno per la propria parte stilando elenchi", scrive poi il giornalista conduttore del programma mattutino di Radio 24 “24 Mattino-Morgana e Merlino”. Che prosegue: "Non un solo nome risultava sbagliato, di oltre 900 citati in testate, reti e società controllate: un documento tale non era certo collazionato da appassionati della Rai esterni all'azienda. Era una delle tante prove di come dall'interno della Rai ci si disputi il campo guardando ai partiti e alla politica. Solo che quella volta il documento c'era, e i nomi c’erano. Nessuno era mai riuscito ad averne uno tanto dettagliato, feci le telefonate del caso per accertarne fondatezza e lo pubblicammo su Libero integralmente. Io scrissi l’allegato”, senza citare “uno solo degli oltre 900 impilati in quei fogli che, squadernati, occupavano mezza scrivania”.

Giannino spiega che il suo problema di deontologia giornalistica “non era confermare o meno la presunta ascrizione, simpatia o sostegno di ciascuno di quei signori dirigenti funzionari e giornalisti a questo o quel partito. La valutazione di rendere rendere noto il documento - sottolinea - derivava dalla sua caratteristica di oggettiva ed esistente veste documentale, aveva una innegabile portata tale da configurare il diritto-dovere di cronaca e la collegata libertà di opinione”.

“La mia valutazione - prosegue nel post - fu questa: l'ampiezza e dettaglio di questo documento comprova i criteri usati per confrontarsi ai piani alti Rai e per interloquire con la politica, il punto non è che si tratti di un documento ‘ufficiale’, che ne so della segreteria del Cda o della direzione generale, il punto è che esso rappresenta un'attendibile prova di come in Rai ciascuno dei diversi partiti interni ed esterni valuta e decide. Nell'editoriale lo scrivo anche, che la questione non è la natura ‘ufficiale’ del documento”.

Ora Giannino, pignorato al Sole 24 Ore (Radio 24 è l'emittente del gruppo) per oltre 140 mila euro, non essendo dipendente ma collaboratore a contratto, non ha la tutela del quinto dei compensi come massimo pignorabile e, dopo aversi visto anche congelare in banca conto e ogni carta credito e bancomat, è stato costretto a ricorrere a un ingente prestito per pagare il ristoro e, precisa, “ottemperare alle sentenze”. 

Ma, dopo aver riconosciuto alcuni errori della sua carriera, sottolinea poi: “Ora, su questa sberla economica incredibile comminatami per aver scritto di fronte a un documento con 900 nomi che la Rai è lottizzata e che per questo va privatizzata, sia nella sua componente commerciale che in quella di servizio pubblico, che può essere benissimo messo a gara anch'esso con standard fortemente vigilati da una preposta autorità, io non solo l'errore proprio non lo vedo, ma lo rifarei con assoluta certezza cento e mille volte: perché ne sono convinto da una vita, e sfido chiunque a provarmi fattualmente che la Rai non è lottizzata e in mano ai partiti".

"Hanno trasformato - scrive ancora - il canone in tassa su detenzione dei device ricettivi per eludere la volontà espressa dal popolo nel referendum del 1995, hanno messo il canone-non-canone in bolletta elettrica, continuano a ogni stagione politica con infornate di nomine decise da segretari e tirapiedi dei segretari dei partiti, e il colpevole da condannare a metter mano al portafoglio sono io? Sono io che danneggio la credibilità professionale e personale dei dirigenti Rai?".

"Oggi a riscrivere quell'editoriale - conclude - cambierei certo una cosa: i colori politici rispetto ai partiti di allora. Allora dominavano i rossi della sinistra in lotta contro i blu del centrodestra. Oggi l'infornata grillo-leghista prevarrebbe, con molti residui storici dei due precedenti fronti della seconda repubblica. Ma userei lo stesso tono duro: non sui dirigenti Rai visto che non ne citavo neppure uno, ma sui partiti che attaccano la Rai dei partiti solo quando sono all'opposizione, e poi al governo fanno come tutti e peggio di tutti. Senza eccezioni”.

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