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Economia
Crisi Pmi, con lo sblocco dei licenziamenti a rischio oltre il 10% dei posti

Migliora la fiducia sul futuro della ripresa economica ma per l'occupazione lo scenario resta critico e, con lo sblocco dei licenziamenti, si rischia di vedere sfumare piu' del 10% dei posti di lavoro delle Pmi da inizio 2020. Va peggio, pero', nel lavoro autonomo, dove l'urto della crisi sembra aver inciso fino ad oggi in maniera piu' incisiva: il comparto potrebbe arrivare a perdere fino al 14% della base occupazionale per effetto della pandemia. E' quanto emerge dal Secondo Rapporto di monitoraggio sulla crisi da Covid-19 elaborato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro a partire dalle risposte di una base di oltre 3mila iscritti all'Ordine, che dall'inizio dell'emergenza stanno assistendo imprese per lo piu' di medie e piccole dimensioni e lavoratori nelle loro attivita', a partire dal supporto nell'accesso agli strumenti di sostegno al reddito. Il monitoraggio, condotto nella prima meta' del mese di dicembre, a distanza di due mesi dalla precedente rilevazione, evidenzia in particolare che: le imprese ritorneranno ai livelli di fatturato precrisi entro il 2022 (la pensa cosi il 69,2% contro il 53,2% degli intervistati ad ottobre); gli organici delle Pmi potrebbero ridursi mediamente dell'11,7% (anche se il 22,2% degli intervistati pensa che la riduzione sara' tra il 10% e il 14% mentre il 6,8% di loro individua un valore uguale o superiore al 25%).

Stando alle risposte dei Consulenti del Lavoro, il grosso delle perdite si registrera' nel settore degli alloggi e della ristorazione, che secondo la meta' degli intervistati (49,3%) subira' una riduzione degli organici aziendali superiore al 15% mentre per il 26,7% compresa tra il 10% e 15%, seguito, a distanza, dal commercio, con organici previsti in fortissima (piu' del 15%) e forte (tra 10% e 15%) riduzione rispettivamente dal 25,9% e 29,2% degli intervistati e infine i servizi ricreativi, culturali e sportivi, per cui le previsioni oscillano tra la fortissima (27,7%) e forte (25,4%) contrazione. Un capitolo a parte merita lo scenario di peggioramento delle previsioni sul lavoro autonomo. Un universo - composto da imprenditori, artigiani, commercianti, professionisti e partite Iva - che in questi mesi ha pagato un prezzo pesante per effetto della crisi, ma che rischia in prospettiva di vedere assottigliarsi ancora di piu' le proprie fila: rispetto ad inizio anno, i Consulenti del Lavoro stimano che la riduzione media delle attivita' in proprio prodotta dalla pandemia sara' del 14,6%, mentre ad ottobre il dato si collocava al 13,6%. Con il nuovo anno e l'orizzonte di un ritorno graduale alla normalita', grazie alle prospettive aperte dai vaccini, le aziende avranno come principale obiettivo il recupero e l'innalzamento dei livelli di produttivita', e la ricostruzione di un clima di lavoro sereno all'interno delle strutture. Cosi' la pensa piu' della meta' degli interpellati, che individua come prioritari i due obiettivi (li giudica a priorita' elevata e molto elevata rispettivamente il 62,4% e 55,6% dei rispondenti); ma anche la riorganizzazione interna dei processi lavorativi rivestira' un ruolo importante nell'orientare le strategie aziendali sulle risorse umane (51,9%).

"Accanto a questi problemi e alle previsioni strutturali, ci sono poi da considerare le difficolta' di gestione delle risorse umane causate dalla pandemia e dal ricorso agli strumenti di integrazione salariale", commenta il presidente della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, Rosario De Luca. "Le criticita' legate all'eccezionalita' della fase economica e sanitaria, derivanti dal clima di incertezza, dalla difficolta' di programmazione, dalla gestione del lavoro a distanza, dallo stress dei lavoratori, finiscono per affossare le organizzazioni e, assieme ad esse, il clima e la qualita' di lavoro", aggiunge. E, infatti, secondo il 46,8% dei colleghi il maggiore affanno e' quello legato alla gestione del personale, accanto agli adempimenti per la Cig, naturalmente, indicati da ben il 48,3% di loro, mentre il 7% dei dipendenti e' in attesa da oltre due mesi del pagamento della cassa. Con effetti sulla stessa produttivita' aziendale, indicata al terzo posto (42,7%) quale principale problema che le aziende stanno affrontando in questa fase nella gestione delle risorse umane.

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