Incentivi, macchinari e tempi moderni
di Francesco Bogliari
Non siamo più all’età della clava e della pietra, ma sicuramente siamo fermi all’età della macchina, del macchinario, della fabbrica e del capannone. I capitalisti hanno il cilindro e stringono tra i denti un grosso sigaro, mentre Cipputi è ancora al centro del mondo. Il cosiddetto “decreto del fare” (nome particolarmente banale, ma non è questo il tema) prevede incentivi alle aziende che faranno investimenti in macchinari. Macchinari, stop. La cosiddetta “nuova Sabatini” finanzierà l’hardware, la ferraglia. E le aziende di terziario avanzato e di servizi che non utilizzano macchinari, se non computer? O le stesse aziende industriali che non hanno bisogno solo di macchinari?
La cultura industriale di chi ha partorito il provvedimento – peraltro utile e necessario, ma insufficiente e ristretto – deve essersi fermata appunto ai tempi dell’Inghilterra di Dickens, o poco oltre. I macchinari sono necessari, ma senza “software” (non solo in senso tecnico, ma anche soprattutto nel senso di risorse umane) non funzionano. Perché il Legislatore non pensa di finanziare anche gli investimenti in servizi intellettuali (consulenza organizzativa, strategica, gestionale, di marketing, commerciale, legale ecc.), informatici e in competenze “immateriali”? Cioè nelle persone? Cioè in ”intelligenza”?
Non tutte le imprese hanno bisogno di macchine, tutte hanno bisogno di “cervello”. Il cervello è la fonte energetica dell’attività produttiva, e senza energia le macchine restano ferme. Qualcuno lo dica al Legislatore. E gli dica che i “Tempi Difficili” sono ancora difficili ma per motivi diversi rispetto a quelli narrati da Dickens. E che sono anche più “moderni” di quelli di Chaplin e del suo omino con la tuta.