La City di Londra scarica Renzi: "Non ha più il vento in poppa"
"A Renzi, come a Silvio Berlusconi, piace presentarsi come il salvatore dell'Italia. I suoi progressi sono maggiori di quelli del suo screditato predecessore. Ma ora deve evitare il populismo e affondare la sua stoccata per mostrare che fa sul serio". Il Financial Times, dopo aver ospitato oltre un anno fa la prima intervista del premier italiano a un giornale straniero, traccia un bilancio dell'attività governativa di Matteo Renzi. Un bilancio che sa di promozione con riserva.
Già, perché se da una parte riconosce dei meriti che hanno consentito al Paese di attivare i preziosi investimenti esteri americani e cinesi, dall'altra sottolinea anche che la ripresa economica, con le conseguenti ricadute sull'occupazione rimane debole ed è frutto soprattutto di condizioni contestuali irripetibili come il quantitative easing della Bce e il cambio euro-dollaro e il prezzo del petrolio schiacciati verso il basso.
"Complice un contesto favorevole", Renzi ha dichiarato "fatte" le riforme del sistema elettorale, del mercato del lavoro, della scuola, delle banche e del sistema giudiziario. "Gli investitori lo hanno notato", scrive il quotidiano finanziario della City. "In 12 mesi gli investimenti esteri in Italia sono quadruplicati, fino a un totale di 19,3 miliardi di dollari a giugno". Da Oriente e Occidente sono affluiti in Italia capitali stranieri, come quelli di BlackRock e della People’s Bank of China.
Poi la bacchettata motivata dai deboli numeri dell'economia italiana come dimostrano le stime di crescita di Bankitalia (+0,7% nel 2015 e +1,5% nel 2016) e lo "scarso effetto" del bonus di 80 euro e aggiunge: "Il vento che spingeva Renzi sta scemando", e "i tempi delle riforme continuano a slittare". Quella costituzionale del Senato, della pubblica amministrazione e quella fiscale sono ora "più vulnerabili al compromesso politico". In questa situazione in cui Il Pd inizia a perdere voti a vantaggio delle opposizioni, il Financial Times ricorda come il premier abbia promesso una decisa riduzione delle tasse nel prossimo triennio. Ma "Renzi non può pensare seriamente di andare a Bruxelles chiedendo di portare il deficit al 2,6% del Pil senza un esteso e impopolare taglio alla costosa macchina italiana della pubblica amministrazione", osserva l'autorevole quotodiano londinese.