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Economia
Lepre: Legge di Bilancio e Zes, ultimo treno per rilanciare il Mezzogiorno

Un rapporto del 1972 elaborato per il ministero del Bilancio dall’economista Pasquale Saraceno descriveva come il divario tra Nord e Sud dell’Italia si sarebbe colmato solo nel 2020. Sono trascorsi quasi cinquant’anni ma gli squilibri tra le due aree del Paese permangono lasciando quasi inalterato lo storico gap strutturale. Anzi, rendendolo ancora più pesante per gli effetti della pandemia sull’economia meridionale dove tutto è più fragile. A fronte di questo scenario e della irripetibile disponibilità di risorse stanziate dall’Unione europea, il Paese si aspetta adesso misure capaci di incidere sul tessuto produttivo ed economico delle aree più deboli, soprattutto per il fatto che, rispetto alla programmazione precedente, l’Europa stanzia 7 miliardi in più nel bilancio pluriennale 2021-2027. Così che si parli del Recovery Fund o dei fondi del Mes vanno immaginati interventi strategici a favore del Sud, sapendo che questo è forse l’ultimo treno che passa per la ripresa e la riduzione del divario tra i territori. Ne parliamo con Gianni Lepre, opinionista economico del Tg2 e presidente del Club delle Eccellenze di Confesercenti Campania e Molise a commento di alcune misure rigenerate nell’ultima Legge di Bilancio.

Professore, il Recovery Fund è realtà o chimera? “Bhè, ci abbiamo sperato fino alla fine, ma poi, condividendo in pieno le preoccupazioni del presidente degli industriali,  Carlo Bonomi, devo dire che è stato fatto un lavoro molto discutibile, assolutamente non condiviso con esperti ed associazioni di categoria, per cui non democratico nel senso pieno del termine. In pratica il piano, se così vogliamo definirlo, manca di una strategia, di una visione dinsieme del Paese Italia, segno inequivocabile di una imperdonabile mancanza di sensibilità istituzionale oltre che garanzia democratica del bene nazionale. Lamarezza più grande riguarda proprio lassenza di una visione strategica per il Sistema Paese; le elementari garanzie di promozione del Made In Italy; lassenza del Mezzogiorno, che sembra acuire una postmoderna questione meridionale che non fa bene a nessuno; mancano le risposte sul fisco, sulle attese in relazione ai possibili investimenti; manca in pratica la visione dinsieme che ogni governo dovrebbe avere in vista di una sostanziosa pioggia di miliardi che potrebbe, in un modo o nellaltro, mettere una pezza al periodo buio della pandemia che ha fatto molti più danni di quelli che la gente comune immagina”.

Zes e Legge di Bilancio agevolano nuove iniziative imprenditoriali? “Sicuramente si, ma con delle rimarcanti controindicazioni. Andiamo per ordine: La Zona economica speciale è sicuramente un attrattore d’impresa, ma limita, ed in alcuni casi azzera, la produttività di quelle micro imprese localizzate sui territori nei quali ricade la Zes. E’ in pratica un po la legge del mare, il pesce grande che mangia quello piccolo, e l’economia è pervasa di queste situazioni che continuano a garantire il business delle medie e grandi imprese a discapito dei piccoli destinati a sparire. Tutto questo, ovviamente, investimenti a prescindere. Per fortuna la Legge di Bilancio ha partorito anche l’ampliamento della misura nota come ‘Resto al Sud’, e la proroga del Credito d’Imposta che rendono un servizio egregio alle attività produttive di ogni ordine e grado”.

Quali ostacoli vanno ancora superati per la loro concreta attuazione? “Ostacoli? Diciamo che c’è lo sconfinato oceano tra il dire e il fare, non è una questione di ostacoli, è una condizione di sudditanza all’inadeguatezza istituzionale, oltre che alla mancanza totale di coraggio e di responsabilità nei confronti di un Paese che affoga nella querelle politica, invece di nuotare nel mare calmo delle riforme e della concretezza operativa. Gli ostacoli, intesi come discrepanze nella gestione amministrativa del Paese, sono superabili solo individuando dei capisaldi dai quali far partire l’azione politica ed istituzionale. Un pò come per gli ampliamenti di misure vitali per l’economia tricolore, per le quali si è intravista la spendibilità di tali decisioni a fini ‘poltronari’. Ho sempre pensato e continuo a farlo, che è tutta una questione di spendibilità politica delle decisioni e di come queste si interfacciano con la permanenza nelle stanze dei bottoni. Ovviamente, in questi termini, si azzera non solo il coraggio di osare, ma anche la cura del bene comune”.

Le Zes rischiano di uccidere le piccole imprese?  “Eh si, e non solo: facciamo un passo indietro e riprendiamo il discorso sulla zona economica speciale che, di per se, è una buona pensata, ma come tutte le genialate, non ha fatto i conti con la popolazione indigena, per dirla in maniera storica. Cosa significa? È semplice: esiste una popolazione autoctona o meglio nota nella terminologia economica come ‘indigena’ che esiste sul territorio da sempre con le realtà economiche multigenere; e poi ci sono le imprese pronte ad investire in queste zone nelle quali, tra vantaggi fiscali e predisposizioni ai vari settori merceologici si ha tanto l’impressione di trovarsi nel paese dei balocchi. Quindi, come è successo per i colossi del web che hanno in pratica laserizzato il commercio dei piccoli, grazie al covid e ai lockdown, così andrà anche per chi si trova nelle zes e magari ha dei piccoli negozi di vicinato, fagocitati dai grossi centri la cui convenienza è sempre stata e resta disarmante. Quindi, la Zes rischia pesantemente di penalizzare la piccola impresa, ma non perché lo dico io o gli analisti di settori, ma semplicemente perché la matematica non è un’opinione”.

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