Il mondo a 2 velocità e l'Italia in Let(t)argo
Il mondo è diviso. Una metà corre, l'altra rallenta. Sull'emisfero della crescita ci sono Giappone e Stati Uniti. I massicci interventi espansivi hanno dato dei risultati: il Pil nipponico si è impennato del 4,1%, ben oltre le attese. Obama, supportato dalla Fed, non ha ceduto all'austerità, rimandando la stretta in attesa di nuovo ossigeno. Il risultato? Secondo S&P l'outlook non è più negativo ma stabile. Come a dire: gli Usa stanno andando nella direzione giusta.
E l'Italia, la diligente Italia? Il Pil si è contratto del 2,4% rispetto a un anno fa. La produzione è calata per il ventesimo mese consecutivo. Senza crescita le imprese chiudono, il lavoro non si trova e tutte le acrobazie contabili degli ultimi governi rischiano di andare a farsi benedire. Per poter ripagare un debito (compreso quello pubblico) non basta spendere quanto si incassa. Serve guadagnare di più per rimborsare i creditori.
La crescita resta la grande scomparsa della politica e dell'economia italiane. La Cgil l'ha sparata grossa: per tornare ai livelli occupazionali pre-crisi serviranno 63 anni. Un'eternità. Il calcolo del sindacato è sbilenco perché dà per scontato che il Pil cresca ad infinitum dello 0,7% l'anno, cioè del tasso previsto per il 2014. E' come se si affermasse, con certezza, che una famiglia guadagnerà, al centesimo, lo stesso stipendio per i prossimi 7 decenni. Praticamente una scommessa. Se lo fosse davvero, sarebbe pagata dai bookmakers quanto il Pescara in Champions League. Per evitare che la Cgil sbanchi, serve che il governo Letta si dia una mossa. "Subito" è già stato detto troppe volte. Da tempo l'immobilità politica ha svuotato di significato la parola "emergenza". Letta e Alfano ricordino almeno quello di "responsabilità" o presto potrebbero ritrovarsi a fare i conti con un altro termine troppo spesso dimenticato: "dimissioni".