Nemmeno di fronte allo scenario post pandemico si sta cambiando registro, sia la politica che il sindacato continuano a inseguire velleità per salvare rendite di posizione. La baruffa in corso sul tema licenziamenti, un mese in più o in meno di divieto a licenziare (provvedimento giusto per i mesi più cruenti della pandemia), fa il paio con quella di alcune settimane fa sul coprifuoco, un’ora in più o un’ora in meno per cenare. Allora era Salvini, stavolta è la sinistra sindacale. In mezzo grazie al cielo c’è Mario Draghi.
A lato come sempre i tifosi dello stadio, come quelli del Fatto Quotidiano che tifano per Conte - bontà loro - e strizzano l’occhio a Di Battista - ancora bontà loro. Insomma siamo un paese senza coscienza critica, con una classe politica che si perde in battaglie sul nulla e sa solo commuoversi di fronte alle tragedie. Torniamo ai licenziamenti. Tutti sanno che la pandemia è stato il più grande acceleratore di innovazione che ci potessimo immaginare, in un anno si è fatto tanto quanto si sarebbe fatto in decenni senza pandemia. Anziché cogliere l’occasione per tentare quello scatto di produttività che ci separa dai paesi più avanzati, preferiamo continuare a sventolare la bandiera degli slogan contro i licenziamenti nonostante ci stiamo avviando a una normalizzazione delle attività economiche.
Intendiamoci, tutti siamo a favore delle regole e delle tutele per chi resta senza reddito, ma obbligare oltremisura le aziende a non licenziare (che, piaccia o no, è una componente del fare impresa) è stupido e controproducente. In un’economia di mercato è fisiologico che, nei vari cicli, alcune realtà prosperano e altre muoiono. Insistere col tenere legati i dipendenti ad aziende che non avranno possibilità di sopravvivere rimanda solo il problema e, anzi, lo acutizza.
È soprattutto in queste fasi, con forti scossoni sistemici, che deve essere garantito il riequilibrio della forza lavoro da società in declino a società che innovano e crescono. Ci si dovrebbe concentrare su come favorire questi spostamenti attraverso riqualificazione professionale, incentivi, ecc. Draghi ci sta provando a rinnovare l’approccio, ad esempio insistendo molto sulla produttività che ha accompagnato il nostro PNRR (assente nel piano Conte), ma al suo fianco ha chi invece grida lupo al lupo ogni giorno e, non a caso, è stato costretto anche lui a sprecare soldi su Alitalia (con il benestare dei sindacati).
Economia
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