Economia

Lidl, i mal di pancia dei lavoratori. Sciopero e le questioni sulla sicurezza

L'agitazione delle maestranze

di Andrea Deugeni
twitter11@andreadeugeni


Cosa sta succedendo in Lidl Italia, la succursale italiana del discount tedesco presente in tutta Europa (lo scorso anno è sbarcato anche negli Stati Uniti) e che fa capo al colosso Schwartz Group? C’è agitazione fra una parte dei 14 mila lavoratori non aderenti alla Fisascat Cisl e alla Uiltucs, associazioni di categoria dei sindacati rispettivamente guidati da Annamaria Furlan e da Carmelo Barbagallo, che il 5 marzo hanno deciso di firmare il contratto integrativo aziendale scaduto nel 2012 al termine di una lunga trattativa. Decisione che ha lasciato di stucco la Filcams Cgil - sigla che raggruppa il maggior numero di iscritti in Lidl Italia - che si era alzata dal tavolo, bollando la proposta aziendale come "peggiorativa". Un giudizio su cui è convenuto anche l’Usb.

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Alle richieste formali di Filcams e Usb (che hanno tenuto una serie di assemblee fra i lavoratori) di nuovi incontri per riaprire le trattative e affrontare alcune questioni insolute, l’azienda sta tacendo, posizione a cui i due sindacati hanno deciso di rispondere proclamando due giornate di sciopero. Una domani, sabato 26 maggio e una giovedì 7 giugno.

Oltre alle questioni specifiche legale all’integrativo (come la programmazione degli orari di lavoro, la prestazione domenicale e la relativa retribuzione, la flessibilità e i permessi), è l’atteggiamento dell’azienda che viene ritenuto inaccettabile, sordo alle richieste che giungono da una macchina organizzativa tirata oltre misura al limite degli sforzi, nonostante lo straordinario andamento del business post-crisi che ha potuto contare sul dirottamento dei consumatori verso i bassi prezzi delle catene discount (proprio come Lidl ed Eurospin) e che ora sta agganciando anche il treno della ripresa economica.

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Battendo la concorrente connazionale Aldi, leader europeo del mercato del discount che solo in Italia vale oltre 13 miliardi di euro, con un peso del 16% sulle vendite del largo consumo (dati Nielsen), Lidl ha infatti realizzato nel nostro Paese lo scorso anno circa 4 miliardi di fatturato. Risultato in crescita di due cifre, messo a segno grazie a una rete ben distribuita su tutto il territorio tricolore di oltre 600 punti vendita. Filiali tutte di proprietà, in ciascuna delle quali lavorano tra i 20 e i 25 addetti. Ed è nell’organizzazione che si sta alzando la giusta protesta anche in relazione alla delicata questione della sicurezza del lavoro. Argomento su cui l’Italia quest’anno sta registrando un triste aumento degli infortuni, anche per l’incremento dell’attività economica.

L’Usb, a cui come la Filcams è stato disconosciuto il ruolo di rappresentanza sindacale in quanto “non firmataria” dell’ultimo integrativo aziendale, ha denunciato per esempio che è stato pesantemente limitato il diritto di avere in ogni negozio un rappresentante dei lavoratori della sicurezza. Configurazione pericolosa per il rispetto della salute delle maestranze, perché soltanto in accordo coi sindacati “firmatari” è possibile “vedersi piovere dall'alto un rappresentante che avrebbe il compito di occuparsi di più negozi”. Punti vendita che possono appartenere anche ad aree vaste, come gli interi territori regionali, vanificando di fatto l'efficacia del ruolo e la garanzia degli standard di sicurezza.  Insomma, pare che la misura sia colma.