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Economia
Manifattura industria 4.0? Ecco come trasformare la sfida in atti concreti

Se Industria 4.0 è il futuro della manifattura italiana, per trasformare questa sfida da “potenza” in “atto”, occorre che da una parte la governance punti su una programmazione regionale e multiregionale coraggiosa e coerente con le logiche del territorio, veloce sia nelle scelte che nelle procedure di finanziamento, dall’altra gli imprenditori dimostrino di voler realmente investire nel proprio futuro dandosi una diversa organizzazione degli obiettivi.

Le risorse finanziarie ci sono, con il Piano del governo Industria 4.0 potrebbero partire già investimenti innovativi aggiuntivi cumulati per circa 4 miliardi di euro tra pubblico e privato. Lo afferma ad Affaritaliani.it Massimo Deandreis, direttore generale di Srm, il Centro Studi e Ricerche legato ad Intesa Sanpaolo, nonché presidente del Gruppo economisti d’impresa. “Grazie a questi investimenti, nell’arco dei quattro anni del Piano, da una parte si potrebbe recuperare il 15% di produttività, invertendo una tendenza che ancora oggi evidenzia un aumento con le distanze delle medie europee, dall’altra si consentirebbe una crescita sia del fatturato del 5,5%, pari a circa 6 miliardi di euro all’anno, sia del Pil di circa l’1%”. Il limite da superare è però legato al superamento delle dimensioni aziendali, oggi troppo piccole, che potrebbe essere avviato sia in proprio sia attraverso collaborazioni, come reti o distretti.

“Quasi un terzo delle imprese ha già avviato tre o più progetti utilizzando tecnologie digitali innovative e circa l’80% dei piani di investimento in Smart manufacturing è realizzato da imprese italiane. Ma si tratta in gran parte di grandi aziende, poche quelle piccole. Le cause sono sempre le stesse. La scarsa maturità digitale, la vetustà degli impianti, la mancanza di infrastrutture, oltre i limiti culturali degli imprenditori e quelli organizzativi. Altro limite per la piccola impresa è la difficoltà di ottenere credito, soprattutto al Sud”.

Soprattutto il Mezzogiorno, secondo l’esponente bancario di Intesa Sanpaolo, potrebbe agganciarsi al nuovo modello competitivo. Ma per farlo “dovrebbe sviluppare un nuovo paradigma competitivo puntando su un sistema industriale compatibile e di supporto a tutti gli altri settori dell’economia, come l’economia circolare. Partendo cioè dalla materia prima fino ai rifiuti della produzione che andrebbero reinvestiti in altri processi. Faccio un esempio. Un grande pastificio nazionale ed una cartiera hanno sviluppato un progetto per il recupero dei rifiuti del processo di produzione della pasta per realizzare una fibra di carta da utilizzare per il packaging, un procedimento che consentirà di ridurre il 22% di emissioni di Co2, minori costi aziendali ed ambientali”. Per Deandreis, la risalita dell’economia passa anche per la manifattura tradizionale e sulla riduzione del gap tra Nord e Sud del Paese.

“Il grande problema che pesa sull’economia italiana ed ancora di più su quella meridionale è la bassa produttività. E questo vale anche per il Mezzogiorno, nonostante sia forte il peso dell’industria alimentare e delle bevande (15,5% rispetto al 7,9% della media nazionale), dell’industria farmaceutica (7,5% contro il 5,2%), dell’automotive (22,5% rispetto all’8,6% dell’Italia) e dell’aerospazio (5% rispetto all’1,5%). Secondo il manager di Srm, solo l’innovazione nei processi potrebbe determinare una maggiore efficienza e produttività, generando più ricchezza. Un processo che, accompagnato dal rispetto dei tempi di esecuzione degli ordini e di consegna delle merci, potrebbe determinare solo per Industria 4.0 un aumento del fatturato nazionale pari a circa 45 miliardi di euro l’anno.

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