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Economia
Manovra,in cassa un tesoretto da 8,5 mld. E l'autunno di Tria si fa meno caldo

Ad un uomo di governo, che si tratti di un’azienda privata o dello stato, due cose non dovrebbero mai mancare: competenza e fortuna. Caratteristiche che Giuseppe Conte e Giovanni Tria sembrano possedere e che certamente potranno utilizzare per rendere meno “rovente” il prossimo autunno. Gli obiettivi restano sfidanti: trovare un punto d’equilibrio tra il varo della flat tax, la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro e l’ennesima sterilizzazione delle clausole di salvaguardia sull’Iva, cosa che potrebbe richiedere una manovra da oltre quaranta miliardi.

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Ma a parziale sollievo del premier italiano e del suo ministro dell’Economia vi è la constatazione che, per una volta, le previsioni formulate in sede di finanziaria 2018 non erano esageratamente ottimistiche, anzi vi sarebbero una serie di “tesoretti” che dovrebbero consentire a Conte e Tria di disporre di maggiori margini di manovra rispetto a quanto finora ipotizzato. 

Facciamo due conti: si prevedeva che il reddito di cittadinanza sarebbe stato richiesto da circa 1,8 milioni di famiglie e che 300 mila italiani avrebbero fatto ricorso all’opzione “Quota 100”. In realtà finora solo 670 mila famiglie hanno ottenuto il sussidio e solo 150 mila persone hanno optato per il prepensionamento.

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Così il reddito di cittadinanza finora è in linea con un costo di 3 miliardi per l’intero 2019 e anche ipotizzando ulteriori accoglimenti di domande non dovrebbe superare i 4,1 miliardi rispetto ai 5,6 miliardi stanziati a bilancio. Per 100 cento si potrebbe arrivare a fine anno a 185 mila prepensionati contro i 290 mila attesi con un risparmio tra gli 1,8 e gli 1,6 miliardi. In tutto sarebbero dunque almeno 3,1-3,3 miliardi di fondi che rimarrebbero inutilizzati e dunque spendibili per altri provvedimenti.

Sul fronte delle entrate, poi, l’introduzione dell’obbligo di fatturazione elettronica sembra aver accelerato i versamenti Iva: come ha confermato lo stesso Tria in un’intervista, “c’è un aumento del gettito Iva, che stiamo analizzando: credo che l’effetto della fatturazione elettronica sia stato molto più forte di quanto ci potessimo aspettare”. L’incremento sarebbe attorno ai 350 milioni di euro al mese, che proiettato a fine anno significherebbe un maggior gettito vicino ai 4 miliardi, ossia il doppio di quanto previsto (1,9 miliardi di extra gettito).

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Ultimo ma non meno importante: la sanatoria sulle liti pendenti, ossia la “pace fiscale”, sta ottenendo a sua volta risultati migliori delle attese tanto che si prevede che alla fine del piano di pagamento, spalmato su 20 rate trimestrali su 3 anni, l’incasso per il fisco potrebbe essere di 4 miliardi e non di 500 milioni come ipotizzato. Intanto alla scadenza della prima rata il risultato è già eccellente, con 463 milioni incassati contro i 78 milioni previsti. Ed in arrivo sono anche la “pace fiscale 2.0” e il “saldo e stralcio da estendere alle aziende in difficoltà certificata”, come anticipato dal sottosegretario all’Economia, Massimo Bitonci. Sanatorie per cui il Tesoro, rivela Bitonci, sta vagliando anche l'ipotesi di renderle strutturali.

Insomma, a fine anno Tria potrebbe avere tra minori spese e maggiori entrate almeno 8,5 miliardi di “tesoretti” vari da utilizzare per centrare gli obiettivi che verranno definiti dal governo. Sullo sfondo restano poi l’eventuale abolizione del “bonus Renzi” (che costa 10 miliardi di euro l’anno) e il capitolo “tax expenditures” (ossia le deduzioni e detrazioni fiscali a vario titolo) che valgono nel complesso 50 miliardi di euro l’anno, “un lavoro complesso, perché dietro ciascuna ci sono interessi” ha ricordato Tria. Infine resta il mare magno dei 300 miliardi di spesa pubblica “su cui si può intervenire”, se vi sarà la volontà politica di farlo. Contando anche sulla buona stella di Conte e Tria e sui “tesoretti” inaspettatamente emersi in questi mesi.

Luca Spoldi

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