Fondazione Mps, mission non più impossible per Antonella Mansi
Era salita alla ribalta nel 2012 perché il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi l'aveva voluta nella sua squadra di vicepresidenti. Una manager giovane (allora aveva solo 38 anni, uno meno di quando Matteo Renzi è diventato presidente del Consiglio), ma che aveva già alle spalle molti incarichi che avevo il suo tratto distintivo quello di essere una bella donna. Molto bella.
"Sarà per quello che è arrivata così in alto", aveva malignato subito qualcuno. E invece Antonella Mansi, attuale presidente della Fondazione Montepaschi di Siena, non è soltanto bella. E' anche brava. E lo ha dimostrato nel salvare il patrimonio dell'ente senese, una volta il bancomat della città del Palio, poi oppresso dai debiti, che ha chiuso i propri conti non soltanto con le banche creditrici, debiti accumulati nella spericolata operazione AntonVeneta durante la gestione Mussari-Mancini (il predecessore, quest'ultimo, della Mansi), ma anche con il passato.
Una sorta di anno zero, in cui da quando è stata chiamata alla guida della Fondazione Mps (nel settembre 2013), ha fatto filotto. In primis, ha chiesto ed ottenuto (mostrando i muscoli in assemblea) di bloccare un aumento di capitale che avrebbe costretto l'ente a diluirsi anzitempo e a bruciare altro valore del proprio patrimonio (il tutto, scontrandosi con Alessandro Profumo, il banchiere più famoso in Italia). Poi ha progressivamente venduto quote del capitale della banca più antica del mondo (da oltre il 30%, la fondazione è scesa al 15%). Una mossa che gli ha permesso di mettere 350 milioni in cassa da girare poi ai creditori.
Certo, si dirà, la Mansi ha contribuito ancora di più a rendere Mps contendibile (una volta era a oltre il 50%), ma almeno ha salvato la Fondazione che fra qualche anno potrà tornare ad erogare soldi al territorio. Sono lontani i tempi del groviglio armonioso senese. Assieme ad Alessandro Profumo e a Fabrizio Viola, la Mansi ha avuto un ruolo determinante nel scioglierlo.