Ue, Marcegaglia ad Affari: "Anticipare il piano Juncker. Pochi 300 miliardi"
di Andrea Deugeni
@andreadeugeni
"Il piano del futuro presidente della Commissione Ue Juncker? E' necessario che parta prima. Febbraio 2015 è un orizzonte temporale spostato troppo in là. L'economia europea ne ha bisogno". La presidente di Business Europe (la Confindustria europea) e dell'Eni Emma Marcegaglia, intervistata da Affaritaliani.it a margine del workshop Ambrosetti di Cernobbio, chiede a Bruxelles di "anticipare il piano di investimenti infrastrutturali da 300 miliardi per sostenere la domanda interna". Un'assoluta novità da parte degli imprenditori del Vecchio Continente, perché "la congiuntura dà segni di rallentamento" e l'intervento "rischia di arrivare tardi". La Marcegaglia alza anche il tiro e chiede di aumentarne la dotazione finanziaria. "I 300 miliardi sono pochi", dice.
L'INTERVISTA
Prima come imprenditrice, poi come presidente dei Giovani Industriali e poi come presidente della Confindustria. Ora come presidente dell'Eni e di Business Europe, la Confindustria europea: Emma Marcegaglia ha partecipato a molte edizioni del workshop Ambrosetti. Qual è il sentiment degli imprenditori e degli investitori internazionali sull'Italia quest'anno?
"C'è stata una domanda rivolta alla platea dei presenti su come vedessero l'Italia e l'Europa e la risposta è stata tutt'altro che positiva: 'Non bene', con una prospettiva economica ancora troppo bassa".
E quindi?
"Il sentiment è ancora di una situazione economica sostanzialmente in stagnazione dove non c'è sufficiente crescita e dove c'è troppa disoccupazione. Quindi, dalla platea è uscita una richiesta forte di riforme, ma anche che l'Europa faccia la propria parte".
In che modo?
"Bruxelles non deve essere solo austerità, ma deve anche essere in grado di promuovere un piano di investimenti forti che possano creare crescita e posti di lavoro".

La congiuntura europea dà segni di rallentamento. Nel secondo trimestre, anche la Germania ha registrato un decremento del Pil e la crescita dei prossimi mesi è minacciata dai problemi geopolitici ai confini del Vecchio Continente. All'orizzonte, l'Europa ha un piano triennale d'investimenti infrastrutturali promesso dal futuro presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker da 300 miliardi, ma che partirà soltanto a febbraio 2015. Non è troppo tardi? Per l'Italia, ad esempio, gli ultimi 100 giorni dell'anno per l'Italia sono molto importanti...
"Esatto ed è necessario che il piano Juncker parta prima. Considerazione che è emersa anche oggi in sala qui a Cernobbio. Oltretutto, dovrebbe avere una dotazione finanziaria maggiore, visto che i 300 miliardi sono spalmati in tre anni per un'area che ospita oltre 500 milioni di persone. I 300 miliardi sembrano un po' pochini".
Ma a Bruxelles, secondo lei, ne sono consapevoli?
"Credo di sì. Bisogna insistere con l'Europa. Anche se vi sono due punti di vista diversi: da una parte vi è l'idea che la soluzione possa venire soltanto da conti in ordine e da riforme strutturali e, dall'altra, invece vi è la convinzione che accanto a questi due fattori sia necessario sostenere anche la domanda interna attraverso gli investimenti. Più che non rendersene conto, direi che in Europa ci sono due ricette che si scontrano".
Quali?
"Quella della Germania e dei Paesi del Nord Europa e quella invece degli Stati del Sud. Credo comunque che il piano Juncker sia importante e si tratterà soltanto di farlo partire prima ed, eventualmente, di ampliarlo".
Grazie alla Bce stanno per arrivare circa 1.000 miliardi di euro di liquidità pompata dalle misure non convenzionali di politica monetaria. Ma la domanda di credito da parte delle imprese, c'é?
"Vista la crescita asfittica, la domanda di credito solo per nuovi investimenti probabilmente è un po' bassa. Quella, invece, a medio termine per ristrutturare alcuni finanziamenti, in realtà c'è ed è consistente".
Dopo le parole del presidente della Bce Mario Draghi, è spuntato il limite temporale dei 100 giorni per l'Italia per riuscire a fare alcune riforme importanti, spingere la crescita e contrattare con Bruxelles flessibilità sul Fiscal Compact. Il nostro Paese ce la farà?
"Ce la può e ce la deve fare. Il piano di riforme di Renzi è quello giusto. Bisogna implementarlo e farlo in fretta. C'è ancora spazio per tagliare la spesa pubblica, ma soprattutto tagliare le tasse. Perché con un fisco così che grava su imprese e cittadini è difficile crescere".
Non le sembrano un po' pochi, però, 100 giorni e cioè da qui alla fine dell'anno, con la manovra da inviare all'Ue entro metà ottobre?
"La Germaia era la malata d'Europa nel 2003 e ci ha messo 5-6 anni per risollevare la situazione. E' chiaro, quindi, che non abbiamo a disposizione tutto questo tempo. Ma è altrettanto chiaro che non si può pensare di risolvere il problema delle riforme non fatte in pochi mesi".
E quindi?
"L'importante è andare avanti con continuità. Annunciare le riforme, farle e implementarle, facendo seguire cioè immediatamente i decreti attuativi. E' uno dei grossi problemi dell'Italia: è assurdo che non ci siano ancora quelli delle riforme del governo Monti e del governo Letta. Serve un lavoro costante e continuo. Non sarà un problema, poi, se impiegheremo più di 100 giorni".
Quindi, condivide l'ottimismo del presidente delConsiglio Matteo Renzi?
"Certo. Poi, devo essere ottimista".