Mercati/ Slovenia, contatti con la troika. In Europa torna il rischio contagio
Crisi di governo, cura letale europea, rischio di default degli Stati Uniti, incertezza sulla solidità della ripresa cinese: di motivi per scendere oggi i mercati ne hanno diversi, ma uno che per il momento sembra ancora non perfettamente inquadrato dai radar degli investitori potrebbe fare ulteriori danni come il ritorno sulla scena del “rischio contagio” che sembrava essere un ricordo del passato dopo i “bailout” di Grecia, Irlanda, Portogallo e Cipro.
Prossimo paese ad aggiungersi alla lista dei “caduti” rischia infatti di essere la Slovenia, paese che da mesi rinvia la creazione di una “bad bank” formalmente varata lo scorso marzo con la nascita di Dubt (Società per la gestione dei crediti bancari) che però ancora non ha rilevato gli asset a rischio delle principali banche del paese (quasi tutte sotto controllo pubblico) anche per lo stop giunto dalla Commissione Ue in attesa che un auditor indipendente facesse chiarezza sulla reale consistenza dei “crediti problematici”.
Nella guerra di cifre vista in questi mesi, Lubiana è stata dipinta dalla stampa tedesca come bisognosa di almeno 7,54 miliardi di euro a fine giugno (rispetto ai 7 miliardi a fine 2012) solo per coprire le sofferenze nascoste nei bilanci delle 18 maggiori banche del paese, una cifra che corrisponde ad un 20% circa di un Pil da 38 miliardi di euro che, complice anche la “cura letale” adottata dalla Ue dietro pressione della Germania, non cresce da fine 2010.
Di questa cifra la Dubt dovrebbe farsi carico per circa metà ossia, si stima, almeno per 3,5 miliardi, ma Lubiana, che nel frattempo a inizio settembre ha chiuso due istituti minori, la Factor Banka e la Probanka, a causa dell’inadeguatezza del capitale delle due banche (il governatore della banca centrale slovena, Bostjan Jazbec, ha poi rassicurato i risparmiatori garantendo che l’utilizzo delle le garanzie statali, pari a 490 milioni di euro per Probanka e a 540 milioni per Factor, avrebbero messo al riparo tutti i depositanti da ogni spiacevole conseguenza), nega di aver bisogno di una simile iniezione di capitali e ha invece ammesso che potrebbero essere necessari aiuti per circa un terzo dell’ammontare: 1,2 miliardi di euro.
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