Mps si prende Mediobanca, parla Sapelli: "È la decadenza di Piazzetta Cuccia. Nascerà qualcosa che non si era mai visto prima" - Affaritaliani.it

Economia

Ultimo aggiornamento: 17:16

Mps si prende Mediobanca, parla Sapelli: "È la decadenza di Piazzetta Cuccia. Nascerà qualcosa che non si era mai visto prima"

Mps conquista il 62,3% di Mediobanca, ribaltando ogni previsione. Dal rilancio di Siena alla trasformazione del capitalismo italiano. L’analisi di Giulio Sapelli

di Rosa Nasti

Mps-Mediobanca, Sapelli: "Operazione innaturale: nascerà una banca dalle fisionomie ancora ignote"

Mps ha messo le mani su Mediobanca e con l'Offerta Pubblica di Scambio chiusa l’8 settembre le ha consegnato il 62,3% delle azioni. Un risultato inatteso che ha ribaltato qualsiasi pronostico, ma che sopratutto ha messo in evidenza da una parte il clamoroso rilancio di Siena sotto la guida di Lovaglio e, insieme, le incertezze di una Mediobanca meno solida di quanto sembrasse.

Ma secondo l’economista e storico Giulio Sapelli, interpellato da Affaritaliani, più che pensare all’assalto a Mps occorre guardare alla "decadenza" di Piazzetta Cuccia. "Mediobanca - che si condividesse o meno la sua linea - era la roccaforte della grande industria. Oggi però quella grande industria non esiste più: è stata sostituita da conglomerati di affari. In questa partita i protagonisti sono stati due: da un lato Delfin, la holding di Leonardo Del Vecchio, che mantiene un’impronta industriale; dall’altro il gruppo di Francesco Gaetano Caltagirone, che invece è un conglomerato misto che va dall’edilizia all’editoria passando per vari settori", chiarisce Sapelli.

E aggiunge: "Non so se ci sia stato un vero coordinamento tra i due, ma una cosa è certa: le loro culture imprenditoriali sono completamente diverse. Quella di Del Vecchio è una cultura internazionale, raffinata e frutto di decenni di lavoro. Anche Caltagirone ha una lunga esperienza, ma appartiene a un mondo degli affari del tutto diverso. Non è un uomo di finanza, insomma".

L'economista spiega poi come questa vicenda rifletta un cambiamento più ampio: "Il profilo e l’obiettivo dell’operazione, pur innaturali, rappresentano bene la trasformazione del capitalismo italiano. Oggi non è più né carne né pesce: non è riuscito ad aggregarsi attorno a grandi industrie, ormai scomparse dal mercato. Le famose 1.300 imprese di Mediobanca, pur finite progressivamente in un contenitore sempre più fragile, rappresentavano un glorioso conglomerato di piccole e medie imprese artigianali. Ma queste non hanno saputo fare il salto dimensionale, né hanno alle spalle un sistema bancario in grado di sostenerle. Così ci troviamo di fronte a una formazione nuova: una banca dalle fisionomie ancora ignote".

Guardando a Monte dei Paschi, Sapelli osserva: "Una banca con una storia tanto travagliata, invece di tornare a essere una banca di territorio - come io auspicavo - ha scelto di avventurarsi in un percorso incognito. È diventata un irco cervo, con due teste: da una parte la vecchia banca locale, dall’altra un istituto proiettato verso l’arena internazionale."

"Sarà interessante seguirne l’evoluzione, anche se, insieme alla curiosità, rimane il timore che le cose non vengano condotte come dovrebbero". E aggiunge: "Siamo davanti a un fenomeno nuovo. I latini lo avrebbero definito monstrum: non nel senso di mostruoso, ma come qualcosa che non si era mai visto prima. Un evento fenomenale, inatteso.".

Molti hanno interpretato l’attuale operazione come una clamorosa vittoria. Giulio Sapelli, però, invita a leggere i fatti in modo diverso: "Questa non è la vittoria di Mps in quanto tale, ma di un manager molto bravo e serio: il dottor Luigi Lovaglio. È, al contrario, la sconfitta nella polvere di quella nuova generazione di manager interessati solo a massimizzare i propri guadagni attraverso le stock option, invece che a difendere l’azienda che avrebbero dovuto guidare. È il caso di Nagel, no? È Nagel che cade nella polvere".

Un riferimento diretto anche alla mossa, fallita, di Alberto Nagel su Banca Generali: "Quel tentativo era solo un modo per restare nelle solite acque, ma non è andato in porto. Inoltre il nodo, secondo Sapelli, non riguarda solo la fusione, ma anche la compatibilità tra due realtà tanto distanti come Mediobanca e Monte dei Paschi.

LEGGI ANCHE:  "L’assalto di Mps a Mediobanca cambia gli equilibri di Generali. Il Monte? Un caso di scuola, ma Piazzetta Cuccia rischia di perdere la sua anima"

Qui l'economista mette in guardia: "Siamo di fronte a due sfide diverse. La prima è proprio quella della riassicurazione, cioè chi si assumerà gli enormi rischi collegati a questa operazione. La seconda è l’amalgama tra due istituti con Dna completamente differenti. Un tempo esistevano manager capaci di costruire un’integrazione vera; oggi invece ogni uomo ha un suo prezzo, e questo rende l’amalgama molto più fragile".

Infine, inevitabile il riferimento al ruolo delle istituzioni nell'operazione appena messa a segno da Mps, e qui Sapelli non ha dubbi: "Certo che c’è stato lo zampino del governo. Questa è un’operazione fortemente guidata dall’esecutivo. Una modalità che fa inorridire il mondo anglosassone, perché qui il governo è entrato a piedi giunti".